
Un abbonamento per scoprire che Serie Tv guardare
Con così tante piattaforme e poco tempo a disposizione, scegliere cosa vedere è diventato complicato. Noi vogliamo aiutarti ad andare a colpo sicuro.
Arriva Hall of Series Discover, il nostro nuovo servizio pensato per chi vuole scoprire le serie perfette i propri gusti, senza perdersi in infinite ricerche. Ogni settimana riceverai direttamente sulla tua email guide e storie che non troverai altrove:
- ✓ Consigli di visione personalizzati e curati dalla nostra redazione (e non un altro algoritmo)
- ✓ Articoli esclusivi su serie nascoste e poco conosciute in Italia
- ✓ Pagelle e guide settimanali sulle serie tv attualmente in onda
- ✓ Classifiche mensili sulle migliori serie tv e i migliori film del mese
- ✓ Zero pubblicità su tutto il sito
Credo esista un girone dell’inferno destinato a chi traduce i titoli dei film e delle serie tv facendogli perdere i tre quarti della loro incisività. Esempio numero 1? Ovviamente Se mi lasci ti cancello, un nome da commedia che così su due piedi verrebbe naturale associare a qualcosa di romantico come Se scappi ti sposo o di assurdo come Quel pazzo venerdì. E invece è The Eternal Sunshine of the Spotless Mind, uno dei film più struggenti che abbia mai visto, con un titolo originale ampiamente in grado di comunicare la profondità delle sensazioni umane che vi sono raccontate. Ecco, c’è una serie che di recente ha subito un trattamento simile: The Survivors, miniserie distribuita il mese scorso e conosciuta in Italia come Ombre nell’acqua, un titolo da thriller con Sabrina Ferilli Made in Canale 5.
Disponibile dal 6 giugno su Netflix (qui una lista di serie uscite nel 2025 da vedere nel catalogo), The Survivors – eh sì, è così che la chiamerò per tutto il resto dell’articolo, potete dimenticare il titolo italiano – è una miniserie australiana in 6 puntate che unisce il crime a quel pizzico di mistero che nel genere non fa mai male. Gli episodi scorrono veloci, con la struttura un po’ classica secondo cui puntata dopo puntata i sospetti si alternano e concentrano su personaggi differenti. È la serie dell’anno? No, ma è una serie che a suo modo funziona. Innanzitutto, perché non pretende di essere niente più di ciò che è. E poi, non meno importante, perché ha dalla sua un’atmosfera che riesce a farci entrare nella storia, rendendo quasi reali, vive, le vittime del racconto.
Welcome to Evelyn Bay, where the ocean kisses the shore.

Evelyn Bay, dove tutti si vogliono bene ma ognuno pensa solo ed esclusivamente per sé. Una cittadina sulla costa, di quelle in cui si conoscono tutti, ognuno ha i propri scheletri nell’armadio e l’oceano è sempre a portata di vista. Una cittadina apparentemente tranquilla, ma dal passato e dal presente a dir poco tormentati. La storia della città e dei suoi abitanti è segnata da una forte tempesta che ha fatto annegare due ragazzi, Finn e Toby. Da quella sera niente è stato più lo stesso per nessuno, soprattutto per le famiglie dei due morti e per quella di Gabbie, adolescente scomparsa e mai più ritrovata. O meglio, mai davvero cercata. Un’adolescente svanisce nel nulla e tutti sembrano dimenticarsene: questo la dice lunga sui personaggi di The Survivors.
I cittadini rimasti, i sopravvissuti, fanno quello che possono per andare avanti. C’è Kieran, vero protagonista della serie, che durante la tempesta ha perso il fratello e dopo poco è scappato da una città e da una madre che lo avrebbero divorato vivo. C’è Liv, andata via e poi tornata per aiutare sua madre in pezzi a ricomporsi. Ci sono i genitori di Finn e Toby, pieni di rancore nei confronti di Kieran per aver chiamato in soccorso i due ragazzi poi affogati. E c’è Bronte, che sembra essere l’unica nuova cittadina arrivata dopo la tragedia, ossessionata dall’idea di scoprire quale sia stata la reale sorte di Gabbie. Per lei non ci sono tragedie di serie A e di serie B, c’è solo una città che non è in grado di affrontare se stessa. Peccato però che le cose per lei non vadano come sperato.
The Survivors aggiunge al dramma del passato il dramma del presente.
Un dramma che vede protagonista proprio Bronte, trovata morta all’alba sulla spiaggia. Un’altra tragedia, un altro mistero a pochi giorni dal quindicesimo anniversario del primo, e a discapito dell’unica persona al di fuori della famiglia di Gabbie che aveva mai tentato di dare giustizia a una giovane vita della quale si è persa ogni traccia. Da questo momento in poi le domande diventano due: che fine ha fatto Gabbie? E chi ha ucciso Bronte? Ma se la prima resta per buona parte della comunità di Evelyn Bay ancora nel dimenticatoio, alla seconda cominciano a voler rispondere tutti.

Da questo punto di vista The Survivors è un drama crime abbastanza classico: da un lato c’è la polizia, che porta avanti le sue indagini seguendo mille piste sbagliate prima di arrivare a quella giusta. Dall’altro ci sono i personaggi, ognuno con i suoi segreti e tutti impegnati a nasconderli. Se il mondo fosse fatto di sole belle persone, questa serie non esisterebbe. Ben prima di fare giustizia, tutti sono impegnati a proteggere se stessi e i propri (pochi) cari per cui ne vale la pena, a discapito di tutto il resto e di tutti gli altri. A discapito della verità, della giustizia e anche della più basilare decenza umana. L’amicizia esiste solo finché non si scavalca il confine dell’interesse personale. E in un posto del genere, non fidarsi è l’unica strada che avrebbe davvero senso seguire.
Sospettiamo di chiunque e non ci convince nessuno.
E in questo The Survivors non ha nulla di particolarmente diverso da tutti gli altri drama in cui ci sono indagini da portare avanti e casi da risolvere. Ma c’è un ma. Perché questa serie un plus ce l’ha: riesce a spingere lo spettatore nel racconto. Riesce a farci chiedere: “Ma davvero? Cosa potrebbe mai spingermi a comportarmi così? Perché mai tutti sembrano vivere in pace con le proprie coscienze anche se non dovrebbero?”. E, in una città in cui sembrano contare solo i sopravvissuti, ci riesce ridando vita e dignità alle vittime.
Di Gabbie vediamo foto palesemente datate, scatti rubati in occasioni di estrema normalità con una birra in mano su una barca. Di Bronte vediamo i video su Instagram, post che parlano delle sue passioni, delle sue ricerche, del suo modo di vivere e intendere il mondo. Vediamo entrambe vivere in un passato che non può più tornare, e ci sembra quasi di vedere scene di vita vissuta, le foto e i video di due ragazze che se ne sono andate davvero.

In The Survivors c’è una contrapposizione netta tra la vita e la morte.
Il paradosso sta nel fatto che le scene di vita nel presente sembrano meno vive, meno reali e approfondite di quelle nel passato. Percepiamo Gabbie, quattordicenne con poche paure e tante speranze, molto più viva di Liv, rimasta ancorata a un giorno di quindici anni prima. Percepiamo Bronte, giovane appassionata, ben più viva di Kieran, sopravvissuto più in teoria che in pratica alla tempesta. I sopravvissuti sono perseguitati dal passato, sono rimasti ancorati a quella tempesta, a quel giorno, a quel ricordo. Ma sopravvivere non è vivere, per farlo è necessario fare pace con il passato, con se stessi e con gli altri. Sì, anche con chi è andato via e non tornerà. Ma per farlo bisogna essere pronti, e per esserlo c’è bisogno di tempo.
Rancore, nostalgia e impossibilità di tagliare il legame con il passato sono elementi che si sentono forti e chiari in questa serie Netflix. Esattamente come sentiamo il bisogno di chiedere scusa a Gabbie e Bronte, di dirle che ci dispiace che siano capitate proprio lì, nel posto sbagliato con le persone sbagliate. Troppo tardi, purtroppo, ma almeno abbiamo ancora la possibilità di non ripetere gli stessi errori. Di perdonare, di perdonarci. E di lasciar andare.