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E se la Ellie di The Last of Us fosse stata Kaitlyn Dever, come avrebbe voluto parte del fandom?

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Quando HBO ha annunciato il casting di Bella Ramsey come Ellie nella serie tv The Last of Us (qui la nostra recensione dell’ultimo episodio), molte reazioni del pubblico sono state entusiaste, ma una fetta rumorosa del fandom ha reagito negativamente, concentrandosi in particolare sulla sua estetica. Tra i nomi alternativi più spesso evocati, Kaitlyn Dever spiccava come la favorita di molti: un volto già noto, un curriculum rispettato, e – non da ultimo – una somiglianza più marcata con l’Ellie del videogioco. Ma se avesse ottenuto quel ruolo, che tipo di Ellie avremmo avuto?

Kaitlyn Dever è stata al centro del fan-casting per anni.

La sua somiglianza con Ellie sono evidenti: occhi intensi, tratti sottili ma espressivi, la giusta combinazione di durezza e innocenza. In un contesto in cui i fan tendono a idolatrare l’immagine del personaggio più che la sua essenza, Dever rappresentava la soluzione “perfetta” per una trasposizione fedele, soprattutto dal punto di vista visivo. Questa enfasi sull’aspetto fisico riflette un problema più ampio nell’adattamento di opere videoludiche: la resistenza a lasciar andare l’iconografia originale. I fan più indispettiti hanno reagito con critiche sproporzionate a Bella Ramsey, proprio perché non incarnava esattamente il volto che avevano in mente. In questo senso, la scelta di Kaitlyn Dever avrebbe probabilmente calmato le acque: la sua Ellie sarebbe stata riconoscibile a colpo d’occhio. Ma riconoscibile non significa automaticamente giusta.

Kaitlyn Dever ha dimostrato ampiamente di saper sostenere ruoli emotivamente complessi. In Unbelivable ha mostrato vulnerabilità e forza con misura impeccabile. In Booksmart, la sua comicità era brillante e tagliente, ma sempre carica di umanità. Sarebbe stata più che capace nel dare vita a Ellie. La sua versione del personaggio sarebbe probabilmente stata più lineare, più “leggibile” fin da subito: una ragazza giovane e traumatizzata che mantiene il suo sarcasmo come scudo, ma che lascia intravedere – più chiaramente di quanto faccia Bella Ramsey – l’emotività profonda che la caratterizza. Avrebbe offerto sicuramente una performance intensa e credibile, ma meno disturbante, meno sfaccettata nel suo disagio iniziale. Avremmo forse ottenuto interpretazione “più vicina” alla Ellie videoludica di Ashley Johnson, ma meno radicale (qui le 5 grosse differenze con il gioco).

La sua Ellie in The Last of Us sarebbe stata, probabilmente, meno ambigua, più affine all’archetipo della giovane sopravvissuta che lotta per non perdere la sua umanità.

La forza della scelta di Bella Ramsey sta proprio nella sua distanza dalle aspettative del pubblico. La sua Ellie non è facile da amare subito: è brusca, ruvida, sfuggente. È una presenza che stona, che rompe il quadro, che ti costringe a guardare due volte. Ed è esattamente ciò che Ellie deve essere. La serie HBO The Last of Us (disponibile su Now TV) ha scelto di esplorare la sua umanità in modo graduale, come un disvelamento che si compie solo a chi è disposto ad andare oltre la superficie.

Bella Ramsey, con la sua fisicità meno convenzionale (se si ritiene termine di paragone l’aspettativa estetica “imposta” dal gioco), il suo volto antico e moderno insieme, ha reso Ellie diversa da chiunque altro nel cast. Questo ha amplificato l’alienazione e l’isolamento del personaggio, rendendo più potenti i momenti in cui si apre, in cui ama, in cui soffre. Bella Ramsey non “interpreta” semplicemente Ellie: diventa Ellie in modo viscerale, spesso scomodo. La sua performance è il cuore pulsante della serie, proprio perché rifiuta ogni forma di compiacenza.

The Last of Us è ancora una delle serie tv in arrivo più importanti della settimana
Credits: HBO

Se è vero che Kaitlyn Dever avrebbe rassicurato i fan, Bella Ramsey li ha messi alla prova.

Ellie è diventata un simbolo identitario per molti: queer, forte, brillante, sopravvissuta. Ma in questo attaccamento si è insinuato anche un desiderio conservatore: quello di non vedere il personaggio cambiare, uscire dai binari tracciati. Il casting di Bella Ramsey è stato un atto di rottura di questo meccanismo. La serie, invece di accontentare i fan, ha seguito la propria visione. È una dimostrazione di come un adattamento possa – e forse debba – tradire le aspettative per trovare una verità nuova.

Se Kaitlyn Dever fosse stata scelta, è probabile che non si sarebbe aggiunto nulla di nuovo alla storia. Si sarebbe avuto una trasposizione televisiva pari pari alla storia del videogioco, con l’effetto copia-incolla. Il videogioco di The Last of Us è una delle esperienze narrative più potenti e complete mai realizzate. Parte della sua forza deriva proprio dal coinvolgimento attivo del giocatore: non si guarda solo la storia, si vive.

Si attraversano le emozioni di Ellie e Joel con lentezza, con immersione, scegliendo cosa esplorare, quando fermarsi, come affrontare ogni conflitto. Riproporre questa esperienza in modo letterale sullo schermo, senza una reinvenzione sostanziale, avrebbe significato togliere al pubblico televisivo la possibilità di sorprendersi, e a quello videoludico la ragione stessa per cui la serie dovrebbe esistere. Un adattamento troppo fedele avrebbe portato con sé un altro tipo di critica, opposto ma ugualmente legittimo e altrettanto “purista”: che senso ha guardare una storia che hai già vissuto – e vissuto in modo più profondo – in un altro medium? L’arte dell’adattamento sta proprio nell’equilibrio: restare fedeli allo spirito dell’opera, ma trasfigurarla abbastanza da renderla nuova. Con Kaitlyn Dever, la tentazione di replicare pedissequamente il gioco sarebbe stata fortissima. Con Bella Ramsey, invece, la serie ha preso fin dall’inizio una direzione diversa, meno prevedibile.

Il loro casting ha obbligato gli autori a ricalibrare le dinamiche, a riscrivere il tono, a reinventare alcune scene. Ellie è diventata qualcosa di altro – e in questo “altro” risiede la sua forza. La critica estetica rivolta a Bella Ramsey – e, di riflesso, la preferenza per Kaitlyn Dever – si fondava sull’illusione che per “essere Ellie” bastasse assomigliare a Ellie. Ma un adattamento non ha bisogno di duplicati: ha bisogno di traduzioni. Bella Ramsey ha offerto una traduzione complessa e stratificata del personaggio, non la sua replica.

E questa distanza è stata la chiave per liberare la serie dalle catene del copia-incolla. Con una Ellie perfettamente “aderente” all’originale (come lo sarebbe stata Kaitlyn Dever), HBO avrebbe rischiato di offrire un prodotto derivativo, più simile a un fan-film ad alto budget che a un’opera televisiva autonoma. Magari impeccabile nella forma, ma povera di invenzione, di rischio, di originalità. È il paradosso dell’adattamento troppo fedele: invece di onorare l’originale, lo mummifica.

Con Bella Ramsey, HBO ha scelto di raccontare una Ellie diversa, senza sconfessare quella del videogioco, ma nemmeno copiarla. Ha dato ai fan un nuovo modo di amare (o rifiutare) il personaggio, di interrogarsi sulla sua forza, sul suo dolore, sul suo viaggio. Con Kaitlyn Dever quella possibilità si sarebbe forse ridotta. Avremmo visto una versione scolpita nel marmo dell’originale, che ci avrebbe ricordato quanto ci piace il gioco, ma senza sorprenderci davvero.

Kaitlyn Dever avrebbe potuto offrire una performance profonda, convincente e molto vicina alla Ellie di partenza. Ma proprio per questo, la serie avrebbe rischiato di diventare un prodotto illustrativo, una versione “da guardare” di qualcosa che era già perfetto da giocare. Con Bella Ramsey, invece, The Last of Us ha scelto la via meno ovvia: una reinterpretazione che ha diviso, spiazzato, ma che ha finito per ridefinire il senso stesso del personaggio. Non è la Ellie che molti volevano. Ma è diventata la Ellie che la serie aveva bisogno di avere per esistere come opera autonoma, non come semplice traslazione.