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ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler sulla serie tv di Apple TV+ The Crowded Room

Con la fine di luglio è giunta a termine anche The Crowded Room, miniserie realizzata da Apple TV+ e basata sul celebre romanzo di Daniel Keyes The Minds of Billy Milligan, che parla proprio del caso del ragazzo afflitto dal disturbo della personalità multipla. Si tratta di un modello celeberrimo, che ha ispirato anche il film Split e di cui, in generale, si è parlato tantissimo negli anni. L’attesa per The Crowded Room, dunque, in partenza era alle stelle, considerando anche la presenza di un cast d’eccezione capitanato da Tom Holland e Amanda Seyfried che non faceva altro che alzare le aspettative.

La serie, però, col passare delle settimane non ha raccolto il successo sperato, dividendo l’opinione del pubblico e ottenendo più recensioni negative di quanto era lecito attendersi. Alla fine, The Crowded Room ha ottenuto una valutazione mediamente insufficiente, contrassegnata da punteggi come il 48 su Metacritic e il 34% su Rotten Tomatoes, per fare due esempi, ma, oltre ai limiti che comunque ci sono, la serie ha messo in mostra anche evidenti lati positivi, che vale la pena sottolineare. Oggi, dunque, proviamo a metterci dall’altra parte della barricata e, mentre le recensioni negative dominano il dibattito intorno a The Crowded Room, parliamo di cosa invece ha funzionato nella serie di Apple TV+.

The Crowded Room e il caso Billy Milligan

Partiamo da quello che è il nodo centrale della serie e che, probabilmente, ha anche orientato in maniera importante i giudizi intorno a essa. Il caso Billy Milligan è, come detto, estremamente noto e di conseguenza molti spettatori, accingendosi a guardare The Crowded Room, sapevano già che prima o poi sarebbe arrivato il colpo di scena dell’identità multipla. La produzione ha dovuto fare i conti, dunque, con l’impossibilità di stupire il pubblico, ha dovuto sacrificare l’effetto sorpresa, che in narrazioni del genere è essenziale, a causa dell’enorme risonanza del proprio argomento.

Tuttavia, nonostante questa difficoltà di partenza, The Crowded Room è riuscita egualmente a costruire con cura il colpo di scena della scoperta dell’identità multipla, senza che esso risultasse troppo fiacco. Questo è un grande punto a favore della serie di Apple TV+, perché dimostra come è possibile saper aggirare una difficoltà che, almeno di base, poteva sembrare insuperabile. La prima cosa che ha funzionato alla grande in The Crowded Room, dunque, è paradossalmente quella che doveva creare più pericoli, ovvero il climax che porta alla scoperta dell’identità multipla di Danny, costruito a regola d’arte nonostante fosse, chiaramente, già rivelato in partenza.

The Crowded Room
Jack, una delle personalità di Danny

Il disturbo dell’identità multipla

Connettiamoci direttamente al paragrafo precedente e affrontiamo quello che è il tema centrale della serie. The Crowded Room riesce a trattare con cura il disturbo dell’identità multipla, affrontando la questione sotto diversi punti di vista. Inizialmente domina quell’incertezza, la sensazione che qualcosa non vada prima della rivelazione, poi quando il disturbo viene palesato, questo viene trattato da due punti di vista diversi: quello esistenziale di Danny e quello clinico di Rya.

La serie con Tom Holland mette in scena con abilità sia le relazioni tra gli alter ego che il loro rapporto con Danny e inoltre mostra i meccanismi che innescano l’apparizione di una o un’altra personalità. In prima persona viviamo il dramma del protagonista, anche nel suo rendersi conto che, persone che credeva reali, in realtà esistevano solo nella sua mente, o meglio erano lui stesso. Questo lavoro è estremamente interessante, perché proietta lo spettatore direttamente all’interno del disturbo, tramite una mimesi con Danny davvero efficace.

L’altro punto di vista offerto è quello di Rya e quindi uno sguardo esterno sul disturbo. Mediante il personaggio di Amanda Seyfried vediamo le difficoltà che si palesano nel relazionasi con una persona che soffre di questa malattia, ma allo sguardo della psicologa si aggiungono anche quelli delle altre persone e capiamo come può essere complesso accettare o anche solo immaginare una condizione del genere. Non viene celato lo scetticismo che avvolge questa diagnosi, particolarmente calzante nel contestualizzare temporalmente la storia, ma la volontà va oltre quella di dare una semplice cornice storica alla narrazione e si addentra nel grande tema della ricezione della malattia mentale, che è spesso controversa e complessa. The Crowded Room, insomma, tratta in maniera molto sfaccettata il tema dell’identità multipla, con cui sinceramente, dopo la visione della serie, ci sentiamo molto più familiari.

Il cast di The Crowded Room

Nell’introduzione abbiamo accennato alla presenza di un grandissimo cast, in cui svettano sicuramente Tom Holland e Amanda Seyfried, i principali protagonisti della serie. I due offrono grandi prove e sono un enorme valore aggiunto alla serie. L’attrice è, come sempre, una garanzia, e incarna alla perfezione una psicologa ambiziosa, ma estremamente umana e appassionata al suo lavoro. Il giovane attore sfodera una prestazione convincente, in un ruolo non semplice, ma quest’avventura è sicuramente importante per la costruzione di una carriera che rischia di incatenarsi al personaggio di Spiderman, anche se Tom Holland ha dimostrato di essere molto, ma molto, di più e questi ruoli ne sono la manifestazione.

Accanto ai due grandi protagonisti spicca anche Cristopher Abbott, dominatore delle ultime puntate, durante il processo, nei panni dell’avvocato Stan Camisa. Menzione d’onore anche per Emmy Rossum, che recita una parte decisamente non semplice, ovvero quella della madre di Danny.

The Crowded Room
Rya e Danny, i due grandi protagonisti di The Crowded Room (640×360)

La grande riflessione di fondo

Infine, l’ultima cosa che ha davvero funzionato in The Crowded Room è il sottotesto concettuale che la serie riesce a creare. Una grande narrazione, per essere tale, deve anche saper scatenare delle riflessioni e avere delle implicazioni importanti e in tal senso la produzione Apple TV+ non delude. La serie innesca una profonda riflessione incentrata sul tema della responsabilità, a più livelli. Quello principale, chiaramente, riguarda Danny e la sua malattia: il ragazzo può essere considerato un carnefice, o è lui stesso una vittima? Quando si parla di malattia mentale correlata al crimine, questo è un tema importante, di difficile risoluzione. La serie spinge per l’assoluzione, ma lascia allo spettatore il ragionamento.

Il tema della responsabilità si sposta anche su Candy e sulla sua incapacità di proteggere il figlio. Anche sulla donna aleggiano le stesse questioni: può essere considerata una carnefice per aver lasciato che accadesse già che è accaduto al figlio? O è anche lei stessa una vittima di quelle violenza? Qui The Crowded Room si sbilancia di meno, lasciando completamente allo spettatore la risoluzione, che sicuramente è molto complessa da trovare.

Questo tema della responsabilità si lega poi ad altre questioni, come quella del valore della giustizia e della sua funzione sociale in relazione alla malattia mentale. Viene dato ampio spazio al processo, vero catalizzatore delle domande intorno alla responsabilità, e sotto questo punto di vista la forza della serie di Apple TV+ è veramente importante.

Insomma, come abbiamo visto The Crowded Room è una serie che sicuramente ha avuto delle difficoltà importanti, ma al contempo ha messo in luce degli innegabili lati positivi. Non mancano cose che non hanno funzionato nella produzione della piattaforma della mela, come non mancano, come abbiamo visto, cose che hanno funzionato: alla fine forse ci si aspettava un po’ di più da The Crowded Room e queste aspettative pesano sul giudizio globalmente negativo intorno alla serie, ma andando a soppesare bene ciò che abbiamo visto, la produzione di Apple TV+ ha saputo restituire degli spunti davvero interessanti e che rendono la visione della serie sicuramente meritevole.