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The Rookie dimostra che i procedural funzionano ancora

Negli ultimi anni, il mondo delle serie tv si è arricchito di una vasta gamma di generi. Tra questi, i procedurali hanno dimostrato di avere un fascino sempiterno tra il pubblico. Non fa eccezione The Rookie, prodotto creato da Alexi Hawley, pensato per la televisione e ora sbarcato su Netflix, esempio perfetto di come questo genere possa ancora essere fruttuoso e polarizzare e catturare l’attenzione degli spettatori. Ma perché avviene questo? In questo articolo proveremo a esplorare le ragioni per cui i procedurali come The Rookie continuano a funzionare e a intrattenere.

La bravura di Nathan Fillon

Se è vero che i registi hanno i loro attori feticci, sicuramente dalle parti dell’ABC Studios, quando hanno avuto in mente di produrre un altro cop-drama, hanno pensato subito a Nathan Fillon. Come potrebbe essere altrimenti dopo il successo generato da Castle, il cui omonimo protagonista era un avvenente scrittore smanioso e desideroso di voler vestire i panni del poliziotto. Quindi, detto fatto, perché in The Rookie il ruolo di John Nolan è quello di un uomo di mezza età che ha deciso di lasciare la sua precedente vita e carriera per diventare un agente di pattuglia a Los Angeles. Questo già incuriosisce e intriga lo spettatore, perché indubbiamente la sua decisione di intraprendere un nuovo percorso esistenziale appare insolita e rischiosa, soprattutto se si pensa che è il più vecchio tra le nuove reclute nel distretto. Tuttavia, il personaggio di Nolan è disegnato per dimostrare che l’età non è un ostacolo e le buone intenzioni e la dedizione sono armi potenti per perseguire il sogno di proteggere e servire la comunità. Una storia che sembra scritta da uno sceneggiatore, ma che invece trae spunto dalla reale vicenda di William Norcorss, un uomo di 44 anni, che nel 2015 ha lasciato il suo lavoro in tipografia per entrare a far parte della polizia.

La serie segue per lo più la sfida di Nolan nel suo iniziale periodo di addestramento e nell’adattarsi alla rigorosa disciplina della polizia. Nonostante le difficoltà e le insidie del suo lavoro, John Nolan è spinto dalla passione e dalla dedizione nel rendere la città un posto migliore. Un personaggio con tante luci e pochissime ombre, che mostra il volto buono – forse fin troppo – della giustizia. Insomma, Nathan Fillon con la sua performance convincente e coinvolgente rende il personaggio di Nolan facilmente identificabile e amato dal pubblico.

Il fascino dei procedural

I police procedural hanno sempre esercitato un certo fascino tra un pubblico assai variegato nel corso degli ultimi decenni. L’essere umano, per sua natura, ha bisogno di sapere, in un mondo dominato dal caos, che c’è un ordine, che le cose si sistemano alla fine. Questo ci viene offerto costantemente, ogni singolo episodio, da questo tipo di intrattenimento ed è un fattore molto apprezzato. In realtà, c’è da dire, che il format è in continua evoluzione. Se pensiamo a “CSI” e “True Detective”, parliamo di prodotti appartenenti allo stesso genere, ma assai distanti tra di loro. Il primo offre la risoluzione continua di casi, l’altro è agli antipodi, lasciando anzi uno spazio ristretto ai crimini. Per “NCIS” e “Criminal” stesso discorso, ma in termini di lunghezza, perché si punta sempre più alle mini-serie. Però, in un mondo in cui tutto cambia, The Rookie fa parte dei procedural vecchio stile.

the rookie


Ma perché ci piacciono? Sicuramente questo sottogenere del genere poliziesco ha come punto di forza la risoluzione di un caso all’interno del singolo episodio, spesso grazie al colpo di genio del protagonista. È la formula (magica) narrativa che ha un fascino duraturo e The Rookie non ne fa eccezione.

In realtà, gli episodi autoconclusivi hanno un grande vantaggio: possono essere visionati da nuovi spettatori (o da quelli poco costanti) che sul divano possono gustarsi la visione senza dar particolare peso alla trama orizzontale. Collegato a ciò, i procedural offrono una struttura narrativa ben definita e ripetitiva, in cui ogni episodio presenta una nuova sfida per gli agenti di polizia. Questo permette di mantenere vivo l’interesse e la suspense, anche se accade frequentemente che lo spettatore intuisca l’identità del colpevole dopo pochi minuti di visione. Ed è qui che subentra un altro fattore: affezionarsi ai personaggi.
Sebbene i casi possano essere diversi, i procedural presentano un cast di protagonisti ben definiti con cui è facile familiarizzare e creare un legame emotivo. Questo aspetto che si crea rende la visione più appassionante, soprattutto se, come nel caso di Nolan, il personaggio è umano e realistico, con pregi e difetti, che lo rende identificabile e “vicino” agli spettatori. Ma non è solo lui a coinvolgere, perché anche gli altri sono quasi tutti personaggi in continua evoluzione, a tutto tondo, con i quali è facile immedesimarsi e creare connessioni. Infatti, la serie è corale, come molti prodotti di questo genere, quindi, oltre a Nolan, vi sono altri protagonisti, ognuno con le proprie storie, sfaccettature e personalità, che però – e va detto – soprattutto per quelli secondari non sempre vengono adeguatamente approfondite.

Temi comuni nei procedural

The Rookie è una serie di successo non solo per il cast, ma anche perché tocca vari temi e manda messaggi importanti, comuni a molti altri procedural. Uno dei punti centrali è il concetto di coraggio e determinazione nel perseguire i propri sogni, nonostante le sfide e gli ostacoli. Nolan è l’esempio lampante di questi continui messaggi positivi che vengono lanciati. La serie esplora anche il tema della redenzione e della possibilità di riscattarsi dalle scelte sbagliate del passato (e sappiamo quanto oltreoceano sia sentito questo concetto dell’avere una seconda chance). Inoltre, le storie di risoluzione di casi e dell’eterna lotta bene-male cattura immediatamente l’attenzione di chi visiona il prodotto.
In più, The Rookie affronta tematiche sociali e politiche rilevanti, come l’abuso di potere e la brutalità della polizia, il razzismo e la discriminazione (sia all’interno della polizia che nella comunità), la corruzione delle forze dell’ordine, le relazioni LGBTQ+. Solitamente i temi sono trattati in maniera equilibrata, rispecchiando le problematiche dell’attualità con argomenti politicamente sensibili. Ma lo fa comunque in modo “leggero” e poco approfondito, mostrando sia gli errori che i successi degli agenti (e degli esseri umani che sono dietro la divisa) nell’affrontare queste questioni complesse. Ovviamente, strizzare l’occhio all’attualità, con concetti politicamente sensibili considerati rilevanti, è importante perché funge da base per spunti di riflessione da parte dello spettatore.


The Rookie è un prodotto di successo che dimostra il fascino duraturo dei procedurali. La combinazione di una trama ben strutturata, il carisma del protagonista e le tematiche proposte hanno contribuito a renderla una serie “vecchio stile” apprezzata e amata dal pubblico (è già previsto uno spin-off).

La capacità dei procedural di offrire storie autoconclusive continua a intrattenere e affascinare gli spettatori, garantendo loro una gratificante e accessibile esperienza di visione. Insomma, The Rookie rappresenta un esempio riuscito di come i procedural possano continuare a essere un pilastro nel panorama televisivo e un modo coinvolgente per intrattenere il pubblico di tutto il mondo, perché in fondo la loro semplicità e familiarità fanno sentire lo spettatore al sicuro.