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Stick 1×07 – La Recensione: lo abbiamo capito, questa non è una serie che parla di golf

Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler sul settimo episodio di Stick.

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Il settimo episodio di Stick (in onda ogni mercoledì su Apple TV+) si apre con un silenzio che dice tutto. Un silenzio che accompagna un padre e un figlio, insieme in un tempo che non esiste, ma che Stick si ostina a immaginare. Li vediamo lì, vicini, come avrebbe potuto essere. Non in momenti da cartolina, non stretti in completi di un diploma o pronti per una fotografia da incorniciare. No, Stick sogna il tempo che sfugge e che fa la vita: le risate al mattino, le urla dal piano di sotto perché la musica è troppo alta, i consigli impacciati sulle prime cotte adolescenziali. In quelle immagini che sembrano più vere della realtà, si concede un istante per afferrare quello che gli è stato tolto. Il figlio che avrebbe voluto veder crescere, il bambino che non ha mai smesso di mancare, il rumore lieve di una quotidianità che non ha mai avuto.

Non c’è rabbia, solo malinconia. Una malinconia che gli scivola dentro e che resta lì, come un’eco che non si spegne. Ma poi la vita reale chiama. E la vita reale è più complicata, più ruvida. Santi, quel ragazzo che aveva cominciato a sentire come un amico, come un figlio persino, ora si allontana, accusando Stick di averlo sempre visto attraverso il filtro del suo talento. Santi si sfoga con la madre, le racconta di essere stanco di vivere con la sensazione di essere sempre visto solo per quello che sa fare, e mai non per quello che è. Un talento da esibire, un campione da lodare (finché serve), ma mai come un figlio, come un amico. L’inganno di Stick e Zero, ai suoi occhi, è solo l’ennesima conferma di un copione che conosce fin troppo bene.

Tutti si sono sempre interessati al talento di Santi, mai a lui.

Elena lo ascolta in silenzio, e nel suo silenzio c’è un rispetto profondo per quel dolore che Santi finalmente riesce a tirare fuori. È uno sfogo che non cerca giustificazioni, non cerca nemmeno risposte: cerca solo di essere ascoltato, finalmente. L’episodio si prende il tempo giusto per restare su questo momento, senza fretta di passare oltre. E noi, come la madre di Santi, non possiamo fare altro che ascoltare, e comprendere quanto quel ragazzo fragile dietro la maschera del giovane talento stia lottando per trovare un senso a tutto. Intanto Stick, da lontano, sente il peso di quello che ha fatto. Si accorge che il confine tra aiutare e manipolare è sottile: lui l’ha superato, senza nemmeno rendersi conto.

È l’aeroporto il luogo della verità, il posto in cui le strade sembrano separarsi per sempre ma dove, a volte, si trova il coraggio di fermarsi e di dire ciò che conta davvero. Stick raggiunge Santi prima che parta: non prepara discorsi, non serve. Basta la verità. Dice che quello che gli è piaciuto di più, in tutto quel tempo passato insieme, non è stato il golf, non sono state le vittorie o i colpi perfetti. È stato il semplice passare del tempo con lui. È stata la quotidianità che aveva immaginato con il figlio e che, in qualche modo, ha trovato con Santi. Il golf non conta davvero: è stato solo il mezzo, il pretesto per incontrarsi. Quello che conta è il rapporto che si è creato tra loro.

Il momento della riconciliazione tra loro è costruito con una semplicità che commuove proprio perché non forza l’emozione.

Il golf, alla fine, non è nulla. Ciò che davvero ha valore è stato il tempo passato insieme, quel tempo che sembrava perso per sempre e che Santi gli ha restituito, anche senza saperlo. Fin dall’inizio, il loro rapporto non è stato qualcosa di facile da definire. È stato un legame nato per caso, ma carico fin da subito di una strana intensità, di un bisogno reciproco che nessuno dei due ha osato confessare prima. Non è stato un rapporto lineare, ma fatto di errori, di incomprensioni, di momenti in cui entrambi si sono feriti senza volerlo. La rottura del loro già fragile equilibrio (ne abbiamo parlato nella recensione dello scorso episodio) è stato il punto più basso e insieme più importante del loro legame.

Tutto è crollato: Santi ha visto realizzata la sua paura più grande, quella di non essere mai abbastanza come persona. Stick, invece, si è trovato di fronte al peso delle sue scelte, alle conseguenze di un gesto nato a fin di bene. Eppure, questo punto di rottura permetterà loro di ricostruire su basi più vere. Stick, lo abbiamo capito, non è una serie tv che parla di golf. Non è una storia di un campione, né di un allenatore. È la storia di due persone che, in un mondo che chiede sempre di essere i migliori, stanno imparando a essere abbastanza l’uno per l’altro. E questo, forse, è il traguardo più importante.

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