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Shrinking ha tutte le caratteristiche della classica sit-com ma è tutto il contrario della classica sit-com 

Una delle serie tv più viste del momento è Shrinking

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C’è qualcosa di profondamente destabilizzante, e per questo affascinante, in Shrinking. La serie creata da Bill Lawrence, Jason Segel e Brett Goldstein è una delle perle più preziose del catalogo Apple TV+. Basta guardarla per qualche episodio per accorgersi di un cortocircuito narrativo che è il suo marchio di fabbrica: sembra di essere all’interno di una sit-com. E sotto molti aspetti lo si è davvero. Ma ogni risata, ogni interazione apparentemente buffa, ogni siparietto familiare ha un peso esistenziale enorme. Shrinking – che potete trovare qui – è una serie che ti fa ridere come una classica commedia da venti minuti, ma lo fa raccontando il dolore e, soprattutto, la fragilità emotiva. E allora ci si chiede: come può una serie così strutturalmente simile alle classiche sit-com di un tempo a essere così radicalmente diversa da tutto ciò che le stesse rappresentavano?

Strutturalmente Shrinking ha tutti gli elementi di una sit-com, ma si serve degli stereotipi a proprio vantaggio

Jimmy, un atipico terapeuta senza peli sulla lingua
credits: Apple TV+

Un protagonista sregolato (Jimmy), una spalla cinica e caratterialmente opposta (Gaby), una vicina di casa estremamente ficcanaso (Liz) e potremmo continuare all’infinito. Shrinking mescola tutti i classici stilemi della sit-com all’americana e li esaspera in modo mai banale. Due delle figure più indicative in tal senso sono senz’altro Liz e Derek, i vicini di casa di Jimmy. Entrambi occupano uno spazio fisso all’interno degli episodi, uno spazio motivato spesso dal loro personaggio tipo più che dall’effettiva esigenza narrativa del momento. Liz appare ovunque ma non è mai di troppo, la sua onnipresenza non risulta mai forzata anche quando lo è esplicitamente. E lo stesso discorso vale per Derek, suo marito. Tra tutti, quest’ultimo è forse il più classico dei personaggi da sit-com, sia caratterialmente che fisicamente. Derek inizialmente è più un “filler”, uno che chiude le scene con battute a effetto e — francamente — esilaranti. 

Ma poi la sua presenza si trasforma in una costante che permette di scoprire un personaggio molto più profondo di quanto sembrasse. Shrinking gioca con gli stereotipi dei personaggi del genere, li esaspera a modo suo e senza aver paura che il pubblico se ne renda conto. Spesso si sfiora il surreale, ma non è mai una dimensione fastidiosa. La classica famiglia disfunzionale — e allargata a modo suo — in Shrinking vive una nuova vita. Il trucco sta nel servirsi dei classicismi del caso per raccontare l’esatto opposto: il lutto invece della leggerezza, la vulnerabilità, la realtà al posto della caricatura. Eppure, proprio in questo contrasto, Shrinking riesce a essere tra le serie più oneste, profonde e umanamente efficaci degli ultimi anni. Ci sono poi i luoghi fissi: lo studio terapeutico, la casa di Jimmy, il vialetto. C’è il ritmo serrato dei dialoghi, le battute brillanti e spesso autoreferenziali.

Shrinking ti invita con garbo all’interno di un contesto familiare e rassicurante, e poi ti colpisce con la sua tristezza (qui la recensione di uno degli episodi più intensi della serie)

Jimmy e Paul in una scena della serie
credits: Apple TV+

Vedendola in questa prospettiva, è come se Shrinking tenda una trappola allo spettatore. Tutto fa presagire serenità e leggerezza, persino la durata degli episodi. Ma il punto centrale della serie è che, pur indossando i vestiti della commedia, è in realtà un prodotto profondamente drammatico. Non nel senso più classico e narrativo del termine, ma in quello esistenziale. Ogni episodio è una piccola esplorazione del dolore, del vuoto, della fatica di vivere. Ma lo fa con delicatezza, con umorismo, con quella capacità rara di rendere l’angoscia quotidiana qualcosa che si può condividere senza vergogna. Il protagonista Jimmy (un commovente Jason Segel) è l’esempio perfetto: non è il classico personaggio “imbranato” alla Ted Mosby o alla Phil Dunphy. È un uomo rotto, che ha perso ogni punto di riferimento: si rifugia in comportamenti autodistruttivi e si ritrova a infrangere il codice etico della sua professione pur di sentirsi utile. 

Eppure, Shrinking non lo giudica mai: lo racconta con empatia, con sguardo umano. Senza mai edulcorare la sua sofferenza ma nemmeno trasformandola in una condanna. In questo senso, Shrinking è profondamente diversa dalle sit-com degli anni Novanta e Duemila. Non cerca di nascondere le ferite dei suoi personaggi dietro una patina comica, ma le mette in primo piano, le analizza e, soprattutto, le accetta. La risata non è un modo per scappare dalla realtà, ma un modo per affrontarla. Ridere insieme, in questa serie, significa trovare un modo per non soccombere. Un altro elemento distintivo di Shrinking è, infatti, il ruolo centrale della psicologia. I personaggi non sono macchiette che risolvono i loro problemi con una gag finale o una battuta ironica. Sono persone che riflettono, sbagliano, si analizzano, cercano strade nuove e spesso falliscono. L’approccio terapeutico diventa un filtro attraverso cui guardare le relazioni umane: genitorialità, amicizia, rapporto con il passato. 

Un plauso, poi, va fatto a Harrison Ford, che nei panni del dottor Paul Rhoades è stato capace di reinventarsi e regalare al pubblico una performance straordinaria

Harrison Ford in una scena della 2x05 di Shrinking
credits: Apple TV+

Uno dei colpi di genio di Shrinking è senza dubbio la presenza di Harrison Ford nel ruolo del dottor Paul Rhoades. L’attore qui si reinventa completamente, abbracciando il ruolo di un anziano terapeuta burbero ma profondamente umano. Paul è affetto dal morbo di Parkinson, è distante dalla figlia, ed è uno dei personaggi più ironici e tragici insieme dell’intera serie. La sua presenza dona autorevolezza e profondità alla serie, ma anche una leggerezza insospettabile: ogni sua battuta secca, ogni occhiata sarcastica è carica di significato. Non è un vecchio burbero da cartolina, ma un uomo con un vissuto, che conosce la sofferenza e che sceglie, ogni giorno, di non farsene sopraffare. Anche in questo Shrinking si allontana dalle sit-com classiche, dove le figure anziane sono spesso ridotte a stereotipi comici o sentimentali. Paul è un personaggio scritto con enorme rispetto, che porta in scena il tema dell’invecchiamento con rara sensibilità.

Un’altra caratteristica che rende Shrinking “tutto il contrario” della classica sit-com è la sua concezione narrativa seriale. Le sit-com tradizionali funzionano spesso su episodi autoconclusivi, con una mitologia di fondo ma poca evoluzione reale. Shrinking, invece, si sviluppa in modo orizzontale: ogni episodio è parte di un arco narrativo più ampio. I personaggi cambiano, le relazioni evolvono, i problemi non si cancellano da una settimana all’altra. Questa scelta fa sì che la serie abbia un impatto emotivo crescente: si partecipa alla trasformazione dei personaggi e si avverte il peso delle scelte compiute. In questo senso, la serie fonde sapientemente la struttura della commedia con la profondità della dramedy contemporanea. Shrinking è una serie che vive di contrasti: ti fa ridere mentre ti parla di lutto, ti fa riflettere mentre ti intrattiene, ti abbraccia mentre ti mette a disagio. Una serie che prende tutto il meglio della sit-com e lo piega a un racconto molto più autentico, maturo e psicologicamente complesso.

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