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Stanno cercando di risolvere il problema delle attese infinite tra una stagione e l’altra (e forse ci stanno riuscendo)

Mercoledì è la serie tv in arrivo più attesa di agosto

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“Bella, bellissima, per carità. Ma la prossima stagione dov’è?”. Ogni volta è la solita storia: finisce la stagione di una serie tv apprezzata e i fan chiedono a gran voce i nuovi episodi… subito. O comunque, in tempi accettabili. La tendenza, d’altronde, si è accentuata negli ultimi anni: un incastro infelice di esigenze produttive, da noi analizzato alcuni mesi fa in un articolo dedicato, hanno portato a una dilatazione esponenziale dei tempi d’attesa tra una stagione e l’altra. Il pubblico, abituato ad avere tutto e subito, spera di tornare ai modelli dell’era che aveva caratterizzato la tv generalista pre-golden age: pochi mesi, non di più. Al massimo, un anno, come era successo in seguito a serie tv del calibro di Breaking Bad o Mad Men.

Poi è cambiato tutto: la soglia dei due anni è diventata una base fisiologica per rispondere alle esigenze di prodotti sempre più grandi, costosi e con nomi sempre più rilevanti coinvolti. Due anni, però, sono troppi.

E allora? Allora si passa dalla nuova regola delle serie tv, mal tollerata dal grande pubblico, ai casi più estremi. Uno dei più noti è sotto gli occhi di tutti: Stranger Things.

Nel tempo in cui la serie tv è nata, cresciuta e si appresta solo ora al capitolo finale, i giovanissimi protagonisti del cast sono diventati adulti. La piccola Millie Bobby Brown si è persino sposata, nel frattempo. Ironie a parte, è evidente che urgano dei rimedi. Stranger Things, per dire, sta portando a casa cinque stagioni e 42 puntate nella bellezza di nove anni: ripetiamo, sono molti. E seppure non siano troppi, visto che le soluzioni adottate sono perlopiù obbligate e non connesse a modelli di distribuzioni efficaci per gli stessi network, è necessario individuare delle alternative. Perché è valsa la pena attendere una vita per la seconda stagione di Scissione e con ogni probabilità sarà così anche per la terza di Euphoria, in arrivo chissà quando, ma fino a un certo punto.

Al di là della vocazione alla qualità, a un certo punto il pubblico si stanca. Si disconnette emotivamente dalla storia e nel frattempo cerca altro, prima di ritrovare la candida Eleven in fila all’INPS.

Fin qui, la descrizione di una situazione stranota a tutti. L’articolo, però, ha una vocazione positiva in tal senso. Perché teniamo fede al titolo: network e case produttrici stanno cercando di risolvere il problema, in un numero crescente di casi. E pensate un po’: potrebbero addirittura riuscirci. L’abbiamo sottolineato timidamente anche nell’ultimo aggiornamento mensile sulle serie tv rinnovate: qualcosa sta cambiando. E ora ne parliamo un po’.

La nuova tendenza del back to back

Rebecca Ferguson in una scena di Silo, una delle migliori serie tv di Apple Tv+
Credits: Apple Tv+

La parola chiave è una, e domina questa piccola analisi: back to back. Ovvero: invece di girare una sola stagione, se ne girano due insieme. Due o addirittura più stagioni vengono girate consecutivamente, senza pause significative tra le produzioni, con l’obiettivo di ridurre i tempi di attesa per il pubblico. Ciò porta, tra le altre cose, a una riduzione dei costi – si riducono spostamenti, allestimenti e ingaggi ripetuti di location, cast e crew – e di preservare una certa coerenza narrativa e visiva, evitando che i personaggi invecchino platealmente da una stagione all’altra.

È quello che ha cercato di fare, per esempio, The Bear nel momento in cui è entrata in produzione la terza stagione: in contemporanea, sono state girate alcune scene della quarta. Obiettivo centrato, tuttavia, solo in parte. Ma il risultato è comunque notevole: al di là del back to back imperfetto, The Bear è arrivata alla quarta stagione in tre anni.

Altrettanto avevano cercato di fare altre serie tv di livello, ma due eventi hanno segnato profondi ritardi nei percorsi inizialmente previsti: la pandemia, specie nel 2020, e lo sciopero di attori e, soprattutto, sceneggiatori, nel 2023. Ma c’è chi è riuscita nell’intento: Silo. Andata in onda nei mesi scorsi con la seconda stagione, ha ottenuto un doppio rinnovo che ha permesso una pianificazione eccezionale dell’iter produttivo e, di conseguenza, distributivo. Apple TV+ ha confermato che la terza e la quarta stagione sono state girate consecutivamente, senza pause significative tra le produzioni. Le riprese della terza stagione sono iniziate nell’ottobre 2024 e si sono concluse nel maggio 2025, mentre la produzione della quarta stagione sta proseguendo immediatamente dopo, seguendo un piano di lavorazione continuo.

Questa scelta è stata motivata dalla volontà di offrire al pubblico un’esperienza narrativa più fluida, riducendo i tempi di attesa tra le stagioni e mantenendo alta l’attenzione sulla serie tv.

Tutto ciò è importante per garantire coerenza e continuità alla storia. Con un vantaggio ulteriore per i fan: visto che la quarta stagione sarà l’ultima, si avrà la garanzia di arrivare al traguardo. Di avere una serie tv completa, senza avere il timore che a un certo punto possa essere cancellata. Di questi tempi, non è poco: parte del pubblico è sempre più restio a iniziare qualcosa col timore che possa arrivare un fastidiosissimo taglio.

Apple TV+ è, per certi versi, un mondo a sé. Ne abbiamo parlato nei mesi scorsi, ma è evidente che la sua strategia non sia un’eccezione isolata. Se da un lato i network sono e saranno costretti anche in futuro a cancellare le serie tv meno convincenti da un momento all’altro, dall’altra ci sono dei titoli che stanno meritando una fiducia incondizionata sul lungo periodo, al di là dei numeri che raccoglieranno con le singole stagioni. Netflix, per esempio, ha rinnovato di recente The Diplomat per la quarta stagione, ancora prima della messa in onda della terza. Stessa strategia per Bridgerton: in attesa della quarta stagione, è già arrivata la conferma per le stagioni 5 e 6. Per non parlare di Mercoledì, rinnovata per la terza stagione pochi giorni prima della messa in onda della seconda.

HBO, da canto suo, aveva rinnovato sia The Last of Us che House of the Dragon per la terza stagione prima della messa in onda delle rispettive seconde.

Non si ha la garanzia assoluta che le due serie dai percorsi paralleli – entrambe dovrebbero concludersi in quattro stagioni – possano effettivamente arrivare al traguardo, ma è evidente che le strategie mirino, per quanto possibile, a un taglio dei tempi. Più timido nei casi citati, più deciso sulle Netflix. Decisissimo su alcune Apple TV+: oltre a Silo, potremmo menzionare anche Foundation.

Insomma, è chiaro: rinnovare con largo anticipo una serie tv è un rischio che si può correre solo con titoli specifici, ma il trend è in crescita e questi sono solo alcuni degli esempi possibili. Non è dato sapere quante di queste adotteranno effettivamente la strategia del back to back, ma si parla a prescindere di passi in avanti, mirati a restituire un’esperienza televisiva più positiva per il grande pubblico. I vantaggi sono sotto gli occhi di tutti: l’importanza della trasparenza nella comunicazione è centrale, e l’affermazione “ritorneremo nel 2026” suonerà sempre meglio di “stay tuned”.

Una programmazione più lungimirante, al di là dei numeri

Una scena tratta dalla serie tv The Diplomat
Credits: Netflix

Va bene così, almeno per ora. Nessuno vuole tornare agli anni Novanta, quando una stagione durava 24 episodi e andava in onda per nove mesi. Ma è deleterio vivere nell’eterna attesa di un ritorno che non arriva mai, con la speranza di rivedere la serie preferita prima di dimenticarla del tutto. Per il momento, è difficile immaginare scenari diversi: la “cinematografizzazione” della tv porta comunque con sé esigenze diverse rispetto al passato e non sarà sempre possibile rinnovare anticipatamente le serie tv e arrivare addirittura a girare in contemporanea più stagioni.

Quando è e sarà possibile, tuttavia, il passaggio verrà fatto per garantire una certa fidelizzazione da parte del pubblico. Si parla di grandi network che centralizzeranno gli sforzi su un numero più ridotto di serie tv di punta, ma anche di player più piccoli che colgono perfettamente l’esigenza e si muovono di conseguenza. Accontentiamoci, per il momento: dopo aver scongiurato il rischio di vedere Eleven interpretata da una donna entrata nella terza età, siamo un po’ più preparati a tutto. Tendenzialmente insoddisfatti, ma con la consapevolezza che i prossimi anni di tv saranno un po’ meno frustranti.

Antonio Casu