3) Così fan tutte (2009 – 2012)

La sketch comedy di Italia 1 con Alessia Marcuzzi e Debora Villa è tratta dal format francese Vous les femmes e forse ha suscitato imbarazzo perfino in Tinto Brass. Il titolo della comedy allude infatti alla commedia erotica del regista che a sua volta s’ispira all’omonima opera di Mozart. Si tratta di una serie al femminile con il nobile intento di svecchiare il palinsesto di Mediaset proponendo dei contenuti audaci in stile Sex and the City. Gli episodi pullulano di temi bollenti, doppi sensi ed equivoci sconci – come la scena del würstel – che hanno attirato uno sciame di polemiche da ogni tipo di associazione. Anche da quella dei würstel. La Marcuzzi ha difeso la comedy sostenendo che l’Italia è troppo bigotta per apprezzare questo tipo di comicità irriverente. Non ha torto, il problema è che Così fan tutte risulta prevedibile e gratuita. A urtare la nostra sensibilità non sono i contenuti espliciti, ma le situazioni e i dialoghi che purtroppo mettono più tristezza che allegria, mentre Debora Villa risulta essere l’unica nota positiva. Dopo un periodo di oblio, forse all’epoca i tempi non erano maturi, è riapparsa recentemente su NOW e nel palinsesto di Comedy Central., salvo poi sparire nuovamente.
4) Giornalisti (2000)
Una serie tv che avrebbe potuto raccontare il mondo del giornalismo italiano, ma che non ci ha creduto abbastanza. Giornalisti è stata trasmessa su Canale 5 ed è basata su Periodistas, un format spagnolo di successo. Al contrario, la versione italiana non ha ottenuto gli ascolti sperati e solo dopo quattro puntate è stata declassata dalla prima serata al pomeriggio, per poi essere cancellata al 13° episodio. La storia è incentrata sulla redazione de Il Cronista. L’attore Fabrizio Contri è Luca Ferrari, Valeria Cavalli veste i panni di Laura della Seta e c’è addirittura Rocco Papaleo. Il progetto propone un’idea con un potenziale notevole e tocca dei temi controversi, come la corruzione, la mafia e la malasanità, ma lo fa con superficialità e offre delle modalità che annoiano con la solita fotografia un po’ così, un accompagnamento sonoro non all’altezza, una recitazione forzata e dei dialoghi non particolarmente brillanti. Peccato, un’altra occasione sprecata per le serie tv italiane.
5) La principessa e il povero (1997)

Dal primo Fantaghirò (1991) a Caraibi (1999), Lamberto Bava ha diretto e prodotto per Mediaset una miniserie di genere fantastico dopo l’altra. Se Fantaghirò rappresenta un unicum nella serialità italiana ed è ancora considerata un cult, da Desideria e l’anello del drago in poi tutto si colora di trash. La principessa e il povero con Anna Falchi e Lorenzo Crespi è forse la miniserie di Bava meno conosciuta, nonostante non sia nemmeno la peggiore. Si tratta di una serie facilmente dimenticabile proprio perché non ha nessun merito: non può essere considerata un capolavoro del trash e tutto quello che vediamo ci sembra di averlo già visto da altre parti.
6) 48 ore (2006)
Chi di voi ricorda la serie con Claudio Amendola e Claudia Gerini che raccontava le storie della Sezione Catturandi della Questura di Genova? Probabilmente nessuno, considerando che già dalla prima puntata gli ascolti furono bassissimi. Il motivo dell’insuccesso potrebbe essere ascrivibile ai suoi intenti progressisti, a cui il pubblico di riferimento forse non era ancora pronto. La serie ha infatti delle caratteristiche innovative, come la regia ritmata e frenetica, le inquadrature all’americana e la fotografia cupa; anche la recitazione e le scene d’azione non sono male, il problema è la sceneggiatura. Se da una parte la realizzazione tecnica è qualitativamente superiore rispetto a molte altre fiction, dall’altra la trama propone delle dinamiche scontate e convenzionali. Lo sviluppo della storia è superficiale e i personaggi sono fastidiosamente bidimensionali. Un progetto ambizioso che scivola proprio sulla mancanza di impegno verso una delle componenti più importanti di una serie: la narrazione.