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6 instant cult che sono entrati nella storia delle serie tv con poche puntate

Fleabag

Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler.

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Conoscete queste serie cult? Nella storia della televisione ci sono serie che hanno avuto il tempo di crescere lentamente, di sedimentarsi nel cuore del pubblico con decine di stagioni, diventando veri e propri rituali collettivi. Ma ci sono anche altre serie che hanno fatto l’opposto: sono apparse come un lampo, hanno detto quello che dovevano dire in pochissimi episodi e poi sono sparite, lasciandosi dietro un vuoto che il pubblico non ha mai colmato del tutto.

Alcune di esse sono state cancellate troppo presto, altre hanno scelto deliberatamente di non prolungarsi, rischiando di sembrare incompiute e diventando invece immortali. È questo il fascino degli instant cult: opere che, con poche puntate, hanno cambiato il modo in cui guardiamo le storie, i personaggi e persino noi stessi.

Perché funzionano? Forse perché il “non detto” diventa parte della loro leggenda. Forse perché, senza dover annacquare la loro forza con stagioni superflue, ogni episodio rimane inciso nella memoria come un frammento puro, senza compromessi. O forse perché parlano con una voce più sincera e urgente, come chi sa di non avere molto tempo e decide di bruciare ogni parola. Sta di fatto che queste serie, nonostante la brevità, hanno generato conversazioni, passioni e citazioni che resistono ancora oggi.

In questo articolo passiamo in rassegna sei esempi emblematici: serie di epoche e generi diversi, tutte accomunate dall’essere entrate di diritto nella storia della televisione pur con un numero ridotto di episodi. Dai monologhi corrosivi di Fleabag al sarcasmo spietato di The Office UK, queste opere raccontano un’idea di televisione diversa: più corta, ma non meno intensa. Anzi, spesso anche più rivoluzionaria.

Serie cult – Fleabag: la confessione più sincera che la tv abbia mai visto

Serie Cult - Fleabag
Credit BBC

Fleabag che trovate qui, non è solo una serie, è un atto di coraggio. Phoebe Waller-Bridge porta sullo schermo il suo one-woman show teatrale e lo trasforma in una confessione senza filtri di una donna contemporanea: libera, sarcastica, ironica, ma anche profondamente ferita. Londra diventa lo scenario di una vita fatta di appuntamenti sbagliati, rapporti familiari tossici e un dolore che non smette di pulsare sotto la superficie.

La genialità di Fleabag non sta soltanto nei dialoghi brillanti o nel ritmo comico che disarma, ma soprattutto nella rottura della quarta parete. Quando la protagonista guarda lo spettatore negli occhi e condivide un pensiero, una battuta, un segreto, si crea un patto di complicità intimo e irresistibile. Lo spettatore diventa il suo confessore, partecipe delle sue cadute e dei suoi trionfi. È un meccanismo teatrale che in tv si trasforma in qualcosa di rivoluzionario, tanto che oggi viene spesso citato come il punto di non ritorno nella narrazione seriale.

Solo dodici episodi, due stagioni fulminanti, eppure Fleabag ha lasciato un segno più profondo di molte serie decennali. È stata premiata con Emmy, BAFTA e Golden Globe, ma al di là dei riconoscimenti, ciò che resta è la sensazione di aver ascoltato una voce autentica, capace di mettere a nudo il dolore e di trasformarlo in ironia. Il personaggio dell’“hot priest”, la tensione tra desiderio e spiritualità, il grottesco delle riunioni familiari: ogni elemento ha assunto lo status di culto immediato. Fleabag dimostra che l’onestà radicale, quando è raccontata con intelligenza e humour, può diventare universale.

The Office UK: il disagio come specchio della realtà

Serie Cult - The Office UK
Credits: BBC

Prima che esistessero Michael Scott o Jim Halpert, c’era David Brent. The Office UK è la serie che ha reinventato il linguaggio televisivo con il suo stile mockumentary, facendo scuola a livello mondiale. Ricky Gervais e Stephen Merchant hanno raccontato la monotonia quotidiana di un ufficio nella cittadina inglese di Slough, trasformandola in una lente spietata sulle dinamiche umane: l’imbarazzo, la mediocrità, il desiderio di apparire migliori di ciò che si è.

David Brent, interpretato da Gervais, è un capo incapace e narcisista, un uomo convinto di essere simpatico e brillante mentre non fa altro che suscitare pietà e fastidio. Il suo personaggio è diventato l’archetipo del “boss imbarazzante” e il termine stesso “cringe comedy” deve moltissimo a questa serie. Ma ridurre The Office UK a una semplice commedia sarebbe sbagliato: dentro i suoi momenti di disagio si nasconde una riflessione malinconica sulla solitudine, sull’illusione del successo, sul bisogno disperato di approvazione.

In sole due stagioni e uno speciale di Natale, The Office UK ha costruito un microcosmo riconoscibile in tutto il mondo. Ha dimostrato che il pubblico era pronto per un tipo di comicità meno rassicurante, più vera, capace di far ridere e al tempo stesso di mettere a disagio. Il suo successo ha generato remake in molti paesi, incluso quello statunitense che è diventato un fenomeno di massa, ma il merito originario rimane alla versione inglese. Con poche puntate, Gervais e Merchant hanno alzato il livello della televisione comica, trasformando un piccolo ufficio di provincia in un palcoscenico universale.

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