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Le 10 migliori Serie Tv britanniche con un grande caso da risolvere al centro della trama

7) Vera perde qualche punto tra le migliori Serie Tv britanniche police

L’ispettore capo Vera e il sergente Joe Ashworth

Ci troviamo nel Nord-est dell’Inghilterra ai confini con la Scozia, precisamente nel Northumberland e qui non poteva che avere i natali un poliziesco simile ad un giallo alla Jessica Fletcher. Tuttavia, non è neanche di questo che si tratta. Vera Stanhope è un è un’ispettore capo investigativo della fittizia Northumberland & City Police, di mezza età e pertanto vicina alla pensione. Vive adesso nella casa del padre appena deceduto non riuscendo a vincere così la nostalgia del passato.

Vera è la tipica donna single (forse meglio dire “zitella”), dall’atteggiamento rude e schietto, senza perdersi tra convenevoli e ipocrisie. Appare dunque diretta nei suoi giudizi, anticonformista e dedita al suo lavoro al meglio, mostrando uno spiccato intuito e notevole serietà. Riesce infatti ad arrivare prima dei suoi colleghi alla risoluzione dei casi. Smascherando anche le loro piste sbagliate e gli errori di ragionamento, entrando così facilmente anche nella mente dei criminali della valle.

Rifiuta ogni tipo di approccio moderno alle indagini e alla vita

Risultando così trasandata esteticamente e irriverente nei confronti di chi vorrebbe modificare il suo metodo di lavoro. Non opera da sola però, come ogni ispettore che si rispetti può contare sulla collaborazione del sergente Joe Ashworth prima e di Aiden Healy in seguito. Con loro è spesso autorevole e scontrosa, ma non perde occasione per dimostrar loro fiducia e tutela in ogni occasione. È in queste situazioni che il suo animo più malleabile e umano emerge, insieme a qualche dramma del suo passato misterioso che l’ha resa quella che appare adesso. In ogni episodio accade più di un crimine, spesso omicidi, che terminano per lo più con una risoluzione affrettata e un po’ troppo improvvisata ma comunque meticolosa.

Anzi il tratto distintivo è proprio la confessione finale dei colpevoli. I quali tendono quasi sempre ad ammettere il crimine compiuto consegnandosi alla legge. Questo ci riporta un po’ a il buon vecchio Scooby-Doo o al Commissario Montalbano, se vogliamo rendere un’idea più realistica! Detto ciò è proprio in quest’ultima fase che il giallo classico perde un po’ il suo tono accesso. Per colorarsi invece di un blu pallido da procedural leggermente stereotipato.

La principale caratteristica che salta subito all’occhio in Vera…

…è il suo eccessivo attaccamento ai romanzi di Ann Cleeves da cui è tratta. Questo lo si nota soprattutto in termini di scrittura e analisi dei personaggi. Infatti ogni vicenda viene descritta in maniera abbastanza pedestre ai romanzi attraverso dialoghi e battute che sono slegate dall’immagine e dalla regia delle riprese.

Gli eventi cruciali vengono così ridotti alla spiegazione del fatto piuttosto che puntare ad un effetto per chi guarda, dato da azioni specifiche, montaggio e recitazione. Come se stessimo assistendo ad una scena teatrale o da soap opera insomma! Sappiamo bene infatti che gli adattamenti televisivi o cinematografici non sono facili da ottenere e non sempre riescono a toccare le corde dello spettatore che magari è pure affezionato ai rispettivi romanzi. Però a volte basta rivisitare in maniera funzionale la sceneggiatura ed adattarla all’universo audiovisivo.

I personaggi risultano pure delle macchiette superficiali

Questi agiscono e pronunciano le loro battute senza alludere a dinamismo e introspezione psicologica. Non si pretende infatti che in ogni prodotto drama si debba necessariamente scavare nella psiche dei personaggi. Affinché si possa capire il perché della loro personalità nel presente o in evoluzione a partire da un passato che viene mostrato in qualche modo allo spettatore. Però una caratterizzazione più prestante e puntuale contribuisce sicuramente a legarli meglio tra di loro per poi riuscire a connettersi meglio con chi guarda.

A grande favore della serie tv, è sicuramente la location in cui si muove Vera e i suoi fedeli sergenti. Ci troviamo infatti immersi in un sublime paesaggio nordico, un po’ freddo e cupo ma splendidamente verde. Costeggiato dal superbo ed elegante Mare del Nord, blu scuro e profondo. Tanto che anche le riprese più semplici risultano delle meravigliose cartoline di paesaggi, i quali viene subito voglia di andare a visitare.

In conclusione dunque è sicuramente un prodotto che diventa una tra le “meno migliori” serie tv britanniche per il fatto che non ti appassiona più di tanto, né ti riesce a toccare le corde dei sentimenti in profondità. In quanto il dramma toccato è davvero esiguo ed irrilevante per lo più. È però in grado di accompagnare vista la lunghezza degli episodi e coinvolgere in qualche modo i più affezionati allo stile britannico. Se non altro è andata avanti per ben 14 stagioni sicuramente per il contributo dato dalla decisa aplomb di Vera e dall’alone di mistero sulla sua vera natura.

8) Broadchurch cavalca l’onda del noir scandinavo nel Dorset

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La sergente Ellie Miller e l’ispettore Alec Hardy

Cosa c’è di più tragico della morte di un bambino per la sua famiglia e la comunità in cui viveva? Poco o niente. Alec Hardy, appena promosso a ispettore della polizia locale della città fittizia di Broadchurch e la sergente Ellie Miller, indagheranno con tutte le loro energie per scoprire il colpevole dell’omicidio del piccolo Danny Latimer. Questi verrà trovato morto giù dalla famosa scogliera della cittadina e dall’autopsia emergerà di essere stato ucciso per strangolamento e poi gettato giù dal dirupo. Siamo di fronte ad una serie detective drammatica che si avvicina tanto al sottogenere dei nordic noir (qui parliamo di serie scandinave) che stanno emergendo ultimamente nel panorama seriale. Questo perchè i toni spigolosi della serie, la fotografia caratterizzata dal freddo del posto, la pioggia, le nuvole e il mare grigio, ricordano molto quei luoghi scandinavi spesso melanconici e silenziosi.

In questa tra le migliori Serie Tv britanniche tutto sembra così realistico…

…da allontanare l’idea della città immaginaria e riuscire a vedere persone vere e innamorate del posto in cui sono cresciute. Il quale però le ha deluse profondamente dispensando loro grandi sofferenze. La scogliera diventa un’autentica similitudine di questa tra le migliori serie tv britanniche crime. Infatti mostra la stratificazione di tutte le diverse ere geologiche del luogo, connettendosi con i diversi livelli sociali che abitano questi posti da sempre. Indica dunque una complessità ancestrale e antropologica, che vuole giustificare le infime e ignobili azioni perpetrate nelle tre stagioni. Stiamo parlando infatti di pedofilia con annesso infanticidio in prima battuta per poi terminare con uno stupro ai danni di una donna di mezza età.

Nel primo caso siamo di fronte ad un marito dalla psiche alterata e dagli impulsi primordiali, uno di quelli a cui non potresti attribuire neanche il furto di una caramella all’alimentari. È dei soggetti all’apparenza innocui, dalla personalità debole e insulsa, che ci si deve preoccupare. Lo capirà bene il sergente Miller, poiché il marito in questione è proprio il suo. Lei, donna pacata, determinata, vicina alla sua gente, conosciuta e stimata da tutti gli abitanti della città…Beh è stata troppo ingenua è superficiale. Questo è quello che le recrimina spesso Hardy infatti, accusandola di fidarsi troppo delle persone. E di puntare tutto sul fatto che coloro che appartengono da sempre ad una determinata comunità non possono compiere atti sconsiderati. Anche per il semplice fatto di difendere la propria immagine con gli altri.

Non parliamo di una donna sprovveduta però

È soltanto che non era abituata a trattare casi di cronaca nera in quell’idilliaca cittadina. Inoltre penso chiunque, scoprendo che il proprio marito ha abusato di un bambino per “sperimentare l’amore in senso puro e vergine”, cadrebbe giù dal pero senza reazioni disponibili. Cercherà comunque di rimettere i pezzi del suo animo, pensando al bene del resto della sua famiglia e cercando di non deludere mai la sua comunità e i suoi colleghi.

Alec Hardy invece è un uomo diffidente e schivo, un perfezionista sul lavoro, attento ai dettagli e ad usare la testa senza farsi coinvolgere dalla sfera sensibile degli eventi. Nonostante questo ammirevole identikit da ispettore quasi perfetto, grava su di lui uno scandalo legato al suo passato lavorativo e non solo. Nella prima stagione ha dovuto subire un’operazione al cuore che lo ha particolarmente scosso. Ed essendo divorziato con una figlia, cadrà nell’errore di essere proiettato troppo sul lavoro trascurando la famiglia. Di questo si pentirà amaramente, sentendosi più volte un fallito sulle cose che contano davvero.

Risulta pertanto un puntiglioso decisamente poco curato

La sua immagine non è quella dell’autorevole e carismatico ispettore. Ma in termini di fatti riesce a portare a termine il suo lavoro, dando il massimo e collaborando con Miller con serietà ed etica, nonostante qualche contrasto del momento. Siamo di fronte dunque ad una serie che nonostante il grigiore e il nero, tocca i tasti giusti del giallo perfetto, dove si parte da un analisi psicologica delle persone coinvolte per snocciolarne successivamente i casi. Questa indirettamente si trasmette ai protagonisti e anche ai personaggi secondari, tutti connotati da inimitabile spessore e quindi di un esaustivo e definito senso di esistere. Nulla è infatti lasciato al caso. Infatti ogni interrogatorio, incontro e sospettato infonde alla storia profonde tematiche sociali e morali, che senza essere parlanti arrivano dritte a chi guarda.

Si parla infatti dell’ambiguità della colpevolezza, di quanto può essere sottile il margine tra l’innocenza e la colpa più meritata. Ci si tiene a manifestare l’iter che ha portato i vari colpevoli delle tre stagioni a compiere ciò che hanno compiuto. Senza mai giustificare senza nessun motivo gli atti perpetrati. C’è una sorta di comprensività che lascia però il posto all’intransigenza della pena. La cosa che più crea timore e suspense resta comunque il solito contrasto. Tra il luogo tranquillo e incontaminato, con la sua brava gente, umile e lontana da ogni atrocità e i crimini che di fatto prendono vita, confermando quello che ormai è diventato un luogo comune del genere in molti casi. Questo segna il classico problema del doppio, della dicotomia tra gli opposti. Il bene e il male, l’innocenza e la colpa, l’egoismo e la magnanimità, la razionalità e la malattia psichica.

Nulla è necessariamente bianco o nero in questa tra le migliori Serie Tv britanniche

Le zone d’ombra possono essere innumerevoli ed lì che tendono a nascondersi la maggior parte dei colpevoli. Un grande plauso dunque alla sceneggiatura e all’esecuzione di Chibnall, che rivedremo anche in Doctor Who non a caso. Tutto risulta conforme alla storia e al genere, volto a lanciare dei messaggi forti riguardo ai crimini raccontanti. Oltre a sdoganare in modo delicato il tabù della pedofilia, di cui sembra non si senta parlare abbastanza per non turbare l’opinione pubblica e delle povere possibili vittime, si parla soprattutto di violenza sessuale.

Questa, figlia della cultura dello stupro contemporanea, viene qui trattata in maniera magistrale e priva di sbavature. Abbiamo infatti una donna di mezza età, quindi “priva di abiti succinti e sbornia da discoteca“, che di ritorno a casa dal compleanno di un amica viene stuprata e uccisa. Nulla di più indegno e riprovevole per il colpevole. Qui il messaggio è chiaro sia da parte della polizia, sia da parte di chi ha ideato la vicenda. Il NO sulla latente, implicita, possibile implicazione nella colpa della vittima, viene urlato silenziosamente in ogni istante della terza stagione. Nient’altro da aggiungere quindi, recuperate Broadchurch prima possibile e sarete vittime del cliffhanger più spinto alla fine di ogni episodio. Fatevi trasportare dalle azioni dei nostri detective e abbiate pietà di loro ogni volta che mostreranno cedimenti ed errori. Ci tengono ad apparire più umani di quanto pensino di dimostrare.

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