3) Sherlock nella Londra moderna celebra il giallo in una delle migliori Serie Tv britanniche

Nessuno può negare di essere ancora fermi alla fine della quarta stagione, quando realizziamo che non vedremo più sugli schermi il figlio prediletto di Sir Conan Doyle. Questo ci destabilizza non poco, dopo essere stati parte di una tra le intriganti serie tv britanniche più pregiate e intramontabili in termini di scrittura e cast. Ci troviamo nella Londra contemporanea, quindi distanti dallo Scherlock Holmes senior e questo ci fa sentire più vicini a lui. Ci fa quasi sperare che durante una vacanza nella City lo si possa scorgere all’angolo della strada, con il suo analitico profilo da “consulente investigativo” come ama definirsi. Non lo vedremo quasi mai da solo però, strano direte voi, visto che noti sono i suoi problemi di sociopatia con l’aggravante della tossicodipendenza.
Ad un passo da lui troveremo sempre Il medico John Watson
Nonché suo coinquilino nel più famoso appartamento delle detective story: il 221B di Baker Street. Quanto devono a questo numero civico! È proprio lì dentro, all’inizio del primo episodio, che avviene l’incontro fatidico tra i due. Da un lato un uomo deduttivo e metodico, iperattivo, con serie difficoltà relazioni ma tanto protettivo e rispettoso verso i suoi amici più fedeli. L’altro un ex medico militare reduce della guerra in Afghanistan, che una volta tornato a Londra deve ripartire cercando di condurre una vita ordinaria e serena.
Senza scadere mai nell’idiozia come Conan Doyle invece amava descriverlo però! Non siamo di fronte ad un luminare è chiaro. Però diciamo che la critica inglese pronta a sminuire gli altri viene un po’ ridotta con lui. Cercherà anche l’amore nella sua nuova vita e lo troverà in Mary Morstan, o meglio Rosamund Mary. La quale si rivelerà essere un ex sicario di svariate agenzie segrete, che purtroppo rimarrà uccisa durante un’indagine su Sherlock.
Per ironia della sorte i due si erano fidanzati quasi come cura per John, quando si credeva che Sherlock fosse morto e invece lei morirà proprio a causa sua! Detto ciò, nulla togliendo alla cara Mary, sappiamo bene che se Sherlock non avesse fatto nessuna uscita di scena, John probabilmente non avrebbe cercato l’amore troppo fuori dal 221B di Baker Street! Curioso e per nulla da sottovalutare è il loro legame, di profonda e sincera amicizia, di sintonia e complicità estreme, di forte connessione empatica.
Che sbocciasse qualcosina di più tra loro…
…era da aspettarselo in fondo e ci va tanto bene così. È qui che emerge la peculiarità di questa serie britannica di delicata fattura. Poiché al genere strettamente detective o giallo che dir si voglia e alla durezza necessariamente perpetrata dai protagonisti per difesa e anche per attacco alle volte…Emerge una certa morbidezza, dai tratti quasi teneri e platonici, che indorano la pillola e stemperano la carica drammatica.
Questo non toglie nulla al centrale nucleo investigativo. Ma la rendono un prodotto che può soddisfare svariati gusti e stili. A questo aggiungiamo la decisa credibilità con la quale la serie è stata costruita. Tanto che anche la modernità dell’epoca in cui ci troviamo non è mai troppo forzata o disturbante. Questo perché sarebbe entrata troppo in conflitto con l’immagine del vecchio Sir Sherlock Holmes, risultando straniante e pretestuosa. In Scandalo a Belgravia non mancherà la missione di Sherlock quasi da hacker, volta a recuperare delle foto compromettenti da un’astuta dominatrice! Così come l’elemento innovativo sta già nel rapporto tra i due colleghi-amici che si chiamano per nome, dissacrando forse la memorabile massima “Elementare Watsan!”. Ma avvalorando piuttosto l’originalità intrinseca dell’intrigante serie tv.
In termini di sceneggiatura invece…
…non possiamo che esordire con un sentito applauso. Nonostante non fossero parole inventate ex novo da Steven Moffat, tanto di cappello comunque per la scelta delle frasi, per il tono dietro ogni battuta e soprattutto l’interpretazione da portare avanti. A suo supporto ovviamente non è mancata l’impeccabile performance di Benedict Cumberbatch e Martin Freeman (qui i 5 migliori attori in Scherlock), due veri opposti nella vita reale ma che oltre la quarta parete fanno scattare la scintilla. Nonostante inizialmente Benedict non fosse ritenuto adatto per avere il volto più da commedia brillante, ha stupito tutti riuscendo a far accumulare punti alla serie. Non ci resta dunque che fare una qualche danza della pioggia per essere travolti magari dalla notizia di una quinta stagione! Che veda il nostro investigatore preferito in compagnia del suo fedelissimo compagno e la piccola Rose.
Sempre pronti a dissipare con realismo e perspicacia tutti i nodi della società londinese, che sembra quasi una grande famiglia disfunzionale. Con questo non voglio dire che il loro luogo di azione sia in qualche modo claustrofobico. Piuttosto possiamo asserire con orgoglio che per agire in maniera certosina e diretta all’obiettivo, bisogna sapersi muovere in piccoli spazi e coinvolgere meno fattori possibili. Questo è Sherlock ad insegnarcelo! Seppur quindi desidereremmo tanto un suo ritorno, sappiamo bene che l’arte del diluire non sempre è una buona idea. Piuttosto quella del decantare un qualcosa di tanto prezioso come l’oro nell’acqua è sicuramente più funzionale. Infatti di acqua ce n’è in abbondanza e l’oro non può finire mai di spuntar fuori in Sherlock! Quindi guardatela e riguardatela, che nuove scoperte vi aspetteranno ogni volta.
4) River ci spalanca le porte del thriller psicologico e del noir

Per tutti coloro che cercano una tra le migliori serie tv britanniche che si discostino dal più classico procedural o investigativo, benvenuti nel mondo di John River. Protagonista della serie omonima trasmessa dalla BBC nel 2015 e in Italia su Netflix l’anno seguente. L’enorme errore che è stato compiuto fuori dall’Inghilterra infatti è stato mettere la miniserie in secondo piano rispetto ad altre. Quando invece nella sua patria e a livello internazionale è stata ritenuta folgorante dai più. Veniamo a conoscenza di un detective incredibilmente acuto, intuitivo e stackanovista, mai distratto da altro e sempre proiettato solo sul lavoro. Che novità, direte voi! Ed è proprio qui che vi sbagliate.
A fare la differenza è la sua complesse componente psichica
Che infonde dunque alla serie tanto da approfondire i toni del noir drammatico con quello di un thriller psicologico di spessore. John River infatti soffre di un disturbo con cui convive da tempo e consiste nel poter sentire vicine a lui e dunque poter comunicare con le persone defunte con cui aveva avuto rapporti in vita. Lui le chiama manifestazioni e sono la sua vera e propria croce e delizia. Sono infatti un ostacolo nel suo lavoro, in quanto senza accorgersene tende a parlare con i suoi defunti anche per strada o davanti ai colleghi durante il servizio. Tanto da venir mandato dalla psichiatra del dipartimento con il rischio di venire congedato. Questo non per fargli un qualche sgarro, poiché il suo carisma e l’autorevolezza gli hanno fatto ottenere sin da subito u ngrande rispetto da parte degli altri.
Allo stesso tempo però perde di credibilità sia per se stesso che per il dipartimento e i suoi incontri dalla psichiatra diventano un espediente per approfondire la carica psicologica della serie. La delizia sta invece in una delle manifestazioni a cui John è più affezionato e che lo accompagna durante ogni caso da risolvere. Si tratta della collega Jackie “Stevie” Stevenson, uccisa davanti a lui mentre attraversava la strada da un misterioso uomo in auto. Sarà per lui lancinante perdere l’unica vera amica che aveva lì a Londra, non essendo originario della città e poco abile a costruirsi relazioni sociali. Questa è sicuramente una prerogativa dei detective a quanto pare. Ma spesso la solitudine, sperimentata e vissuta per troppo tempo, ti porta a chiuderti ancora di più e pensare di non avere più bisogno di nessuno.
Ma non è tutto in questa tra migliori Serie Tv britanniche
Per Stevie provava da un po’ quel sentimento che supera la barriera dell’amicizia e avrebbe desiderato tanto farglielo sapere se solo avesse avuto il tempo. Sta proprio qui la svolta fortemente drammatica della morte di Stevie. Se solo avesse trovato prima il coraggio di dirglielo, se solo avesse colto l’attimo fuggente. Per queste cose non bisogna aspettare troppo. Ci sta elaborarle, rassicurarsi sui propri sentimenti per evitare di illudere o far soffrire in qualche modo l’altra persona. Però aspettando troppo si rischia di perdere la propria occasione. Anche perché siamo quasi sicuri che Stevie avrebbe ricambiato in qualche modo. John vive quindi la tragedia dell’uomo moderno, spesso costretto a lasciare la propria patria e gli affetti di sempre, con il rischio di non riuscire a trovarne degli altri. Chiudendosi perciò nell’individualismo più occlusivo.
Se state pensando infine che ci troviamo dunque di fronte ad una serie tv detective troppo pesante, anche più di True Detective o simili, ecco che il buon umorismo inglese fa capolino per distendere il racconto. È facile immaginare infatti il momento in cui il povero John parla con i suoi defunti provocando i risolini e i visi straniti di coloro che lo incontrano per strada. Abbiamo ormai chiaro il tipo di ironia critica alquanto pungenti degli amanti del the, quindi cerchiamo in tutti i modi di non tacciarli di insensibilità. Sono fatti così, che possiamo farci! Li ringraziamo anche magari per alleggerirci un po’ la visione e ricordarci che c’è sempre una taciuta speranza di sorridere. Anche quando l’oscurità sembra prendere il sopravvento nella vita di River, quando il lato altro, sempre emergere di più.
La sua può essere una patologia senza nome
E possiamo quasi sentire di soffrirne anche noi. Infatti il ritmo è così rallentato a tratti che ci porta dentro lo schermo senza farcene accorgere. Così come la scrittura tanto fluida e lineare, ci fa superare anche i piccoli limiti narrativi derivati dal fatto che alcuni casi vengono pesantemente surclassati dal caso sommo che ovviamente riguarda la ricerca dell’assassino di Stevie. La decisione di sminuire alcune vicende è comunque becessario a racchiudere tutto ciò di veramente rilevante in una serie di 6 episodi lunghi, senza sbavature o finali aperti nel finale.
Questo viene ottenuto e nient’altro si può aggiungere. Se non che spesso le serie più raccolte in termini di episodi sono quelle più immersive e non di semplice accompagnamento. Quelle che più di ogni altre ti lasciano nel bagaglio seriale tanto ragionamento, sentimento, speranze e non per ultimo, piacere e soddisfazione. Sensazione che ti fa esclamare “Menomale che l’ho trovata questa serie!”. In caso contrario, sarebbe stata una perdita impagabile.







