Vai al contenuto
Home » Serie TV » I 10 archi narrativi più deludenti degli ultimi 10 anni nelle Serie Tv

I 10 archi narrativi più deludenti degli ultimi 10 anni nelle Serie Tv

The Walking Dead

5) La fine di Villanelle è un arco narrativo che spegne la fiamma

L'arco narrativo di Villanelle

Quando Killing Eve uscì nel 2018, fu subito accolta come una ventata d’aria fresca nel panorama televisivo. La serie, tratta dai romanzi di Luke Jennings, si distingueva per il suo equilibrio unico tra thriller, dark comedy e tensione erotica. Il tutto costruito attorno alla relazione ossessiva e ambigua tra Eve Polastri, agente dell’MI5, e Villanelle, affascinante killer psicopatica. L’alchimia tra Sandra Oh e Jodie Comer, insieme alla scrittura pungente delle prime stagioni, trasformò lo show in un cult immediato.

Vuoi smettere di scorrere all’infinito per decidere cosa guardare?
Abbonati e lascia che siano le migliori serie a trovarti!

Col passare del tempo, però, la qualità narrativa ha iniziato a calare, fino a culminare nella quarta stagione, considerata da molti spettatori e critici una delle più grandi delusioni televisive degli ultimi anni. L’attesissimo epilogo della relazione tra Eve e Villanelle non solo non ha offerto la catarsi che i fan aspettavano, ma si è chiuso con una scelta percepita come crudele e gratuita. Di fatto, ci riferiamo alla morte improvvisa di Villanelle, colpita da cecchini poco dopo un momento di apparente liberazione.

Il problema risiede nel modo in cui è stata gestita questa morte

Dopo quattro stagioni costruite sull’ambiguità e sull’intensità di questo legame, l’arco narrativo finale è apparso affrettato, privo di preparazione emotiva e ridotto a un espediente shock. Villanelle non ottiene un vero percorso di evoluzione. Eve resta sospesa in una condizione di vuoto narrativo e il rapporto che aveva sorretto l’intera serie termina in pochi istanti. Invece di un finale potente, capace di chiudere il cerchio o di sovvertire le aspettative in maniera intelligente, Killing Eve si è congedata con un epilogo che molti hanno percepito come punitivo e traditore del cuore stesso della storia.

La reazione del pubblico è stata immediata. Critiche feroci sui social, accuse di aver scelto la strada più semplice e, soprattutto, la sensazione diffusa che la serie non avesse saputo mantenere le sue intenzioni iniziali. Quella che era iniziata come una delle storie più originali e audaci dell’ultimo decennio si è chiusa con un arco narrativo debole e insoddisfacente. Tanto da consegnare Killing Eve al novero degli show ricordati tanto per il loro brillante esordio quanto per la decadenza del loro epilogo.

6) House of Cards senza Frank Underwood è un trono vuoto

Una scena di House of Cards 6

House of Cards (ecco l’analisi della stagione finale della serie) segnò una svolta epocale per la serialità politica. Inoltre, era la prima grande produzione originale di Netflix e divenne presto sinonimo di qualità e ambizione. Al centro della trama, Frank e Claire Underwood, interpretati magistralmente da Kevin Spacey e Robin Wright, rappresentavano l’incarnazione della sete di potere. Un duetto spietato e affascinante che trasformò la serie in un simbolo dell’epoca dello streaming. Per cinque stagioni, House of Cards aveva raccontato in modo lucido e disturbante la corruzione della politica americana, tenendo gli spettatori in un costante stato di tensione.

Tutto cambiò con l’esplosione dello scandalo che travolse Kevin Spacey nel 2017, costringendo la produzione a eliminarne il personaggio. La sesta stagione, quindi, si trovò a dover chiudere la serie senza il suo protagonista principale, trasformando Claire Underwood nell’assoluta protagonista. Se in teoria questa scelta avrebbe potuto aprire prospettive narrative interessanti, in pratica l’ultima stagione si è rivelata caotica, affrettata e incapace di reggere il peso della chiusura.

Il più grande intoppo è stato un arco narrativo spezzato

Di fatto, Frank muore “fuori scena”, senza un vero confronto finale, privando lo spettatore della possibilità di assistere all’inevitabile resa dei conti tra i due coniugi. Claire, pur interpretata con forza da Robin Wright, si ritrova circondata da personaggi secondari mai abbastanza sviluppati. Mentre la trama procede in modo frammentario, con rivelazioni e colpi di scena che non riescono a creare la tensione delle stagioni precedenti.

Il risultato è un finale svuotato di intensità. Laddove, una delle serie più potenti e influenti del decennio si è spenta senza un vero climax. Invece di chiudere con la stessa forza con cui era iniziata, House of Cards ha chiuso un arco narrativo più per cause produttive che per scelte creative. E questo, inevitabilmente, ha lasciato una strana sensazione di sospensione. La sesta stagione rimane, così, uno degli archi narrativi contemporanei più ostici di un’opera che aveva cambiato per sempre le regole del gioco nella televisione contemporanea.

Pagine: 1 2 3 4 5