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In un’epoca in cui la comicità sembra costantemente sotto processo, serve coraggio per far ridere. Roast in Peace arriva su Prime Video con la sfrontatezza dei progetti semplici e la forza delle buone idee: prendere in giro qualcuno… ma con stile.
È un format che riporta in vita la risata autentica, quella che non cerca lo scandalo ma la semplicità. E lo fa con una formula tanto essenziale quanto brillante: quattro “defunti” illustri: Francesco Totti, Selvaggia Lucarelli, Roberto Saviano ed Elettra Lamborghini. Quest’ultimi vengono “celebrati” da un gruppo di comici che li ‘roasta’, cioè li prende in giro pubblicamente e con affetto. La cerimonia è officiata da Michela Giraud, che orchestra il tutto con ironia e ritmo perfetto.
Sembra un funerale, ma in realtà è una rinascita: quella della comicità italiana che osa di nuovo.
Roast in Peace e il ritorno alle origini di LOL
Chi ha amato il primo LOL – Chi ride è fuori capirà subito perché Roast in peace funziona.
Quel mix di spontaneità, follia e libertà che aveva reso unica la prima stagione di LOL ritorna qui, ma in una forma più adulta e calibrata. Se in LOL regnava il caos (dieci comici pronti a tutto pur di non ridere) in Roast in peace il disordine lascia spazio alla precisione.
Ogni battuta è preparata, ogni pausa è misurata, ma la risata resta autentica. Non ci sono sketch forzati, né gag costruite a tavolino: il divertimento nasce dal contrasto tra l’assurdità del contesto e la naturalezza dei protagonisti. È come se Prime Video avesse preso l’anarchia di LOL e l’avesse messa in giacca e cravatta… per poi farla ridere al proprio funerale.
Il format: una sorta di elogio funebre (fatto a regola d’arte) al sarcasmo
Roast in Peace ha una struttura chiara, quasi rituale: un’introduzione, un discorso iniziale per la presentazione del “defunto”, una serie di battute feroci da parte dei comici e, infine, un congedo ironico. Niente confusione, niente scenografie esagerate. Solo una cornice di fiori, un pulpito, un coro da 10 e lode e comici pronti a colpire. Stefano Rapone, Edoardo Ferrario, Beatrice Arnera, Eleazaro Rossi, Corrado Nuzzo e Maria Di Biase si alternano in un gioco di ruoli che sembra improvvisato ma è calibrato al millimetro.
Il tono varia da puntata a puntata: ironico e a tratti tenero con Totti, pungente e tagliente con Lucarelli, sottile e colto con Saviano, colorato e surreale con Lamborghini. È comicità viva, stratificata, intelligente. Si ride del personaggio pubblico, non della persona. E in un periodo in cui tutti temono di “dire troppo”, roast in peace dimostra che si può ridere di tutto, se lo si fa con rispetto e mestiere.
LOL era il caos, Roast in Peace è la precisione (ma l’anima è la stessa)
Nel primo LOL si rideva perché non si poteva ridere. In Roast in peace, si ride perché finalmente si può.
È un rovesciamento perfetto: dalla tensione alla liberazione, dalla soppressione dell’umorismo alla sua celebrazione. La cosa più sorprendente? Lo spirito è identico. Stessa energia collettiva, stessa complicità tra i comici, stessa leggerezza che non si prende sul serio.
Solo che stavolta non c’è bisogno di Frank Matano che fa suoni strani o di una maschera ridicola per far scattare la risata: bastano una battuta ben scritta e un silenzio al momento giusto.
In un certo senso, roast in peace è la versione “adulta” di LOL: meno urlata, più acuta. E soprattutto, più libera.
Perché quando smetti di cercare la clip virale e torni a pensare al pubblico come a un complice, l’umorismo torna a funzionare.
Michela Giraud: un’officiante perfetta!
Se Roast in Peace funziona, il merito è anche (anzi, soprattutto) di Michela Giraud.
Con il suo tono a metà tra ironico e istituzionale, riesce a far convivere la serietà del “rito” e la leggerezza delle battute. È la voce che guida lo spettatore attraverso la cerimonia più assurda mai vista su Prime Video.
La Giraud ha quel talento raro di sapere quando parlare e quando tacere. Non ha bisogno di alzare la voce o di cercare la battuta a tutti i costi: le basta uno sguardo, un sopracciglio alzato o una pausa perfettamente piazzata per mandare il pubblico in risata collettiva.
Quando serve, frena un colpo troppo pesante; quando il ritmo cala, butta benzina sul fuoco con una delle sue stoccate romane, precise e irresistibili.
Il suo ruolo non è solo quello di conduttrice, ma di vera regista comica. Tiene le fila del gioco, dà il tempo ai comici, calibra la tensione e restituisce allo show una dimensione teatrale, quasi da cabaret moderno.
In un panorama dove spesso chi conduce è solo cornice, Michela Giraud è invece il quadro intero.
Una risata intelligente che non credo abbia bisogno di scuse
In tempi di comicità “filtrata”, roast in peace è un piccolo atto di ribellione. Dimostra che si può scherzare di tutto, se lo si fa con grazia e ironia.
È una comicità consapevole, capace di sfidare i limiti del politicamente corretto senza mai diventare volgare. Ogni battuta, anche la più tagliente, è costruita per far sorridere, non per ferire. E il risultato è una televisione che intrattiene, ma anche riflette: ridere degli altri è facile, ridere di sé stessi è arte. Prime Video, con questo format, sembra averlo capito benissimo.
Alla fine, Roast in peace non è solo un programma comico. È un esperimento riuscito di “rinascita comica”: un modo per ricordarci che ridere, se fatto con intelligenza, è ancora l’arma più potente che abbiamo.
Nel confronto con LOL, non vince nessuno: vincono entrambi. Uno ci ha insegnato a trattenere la risata, l’altro ci invita a liberarla. E se c’è una morale in tutto questo, è semplice: ridi finché puoi, anche al tuo funerale.




