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Vikings 6×03 – E gli dei nel Valhalla ridono delle nostre tribolazioni

Abbiamo festeggiato l’ascesa al trono di Kattegat di Bjorn. Abbiamo amato il sodalizio che sembra legare in modo tanto affettuoso i figli di Ragnar e le loro consorti. Ma con le nuove guerre che si affacciano all’orizzonte, per i fan di Vikings è tornato il momento di temere il peggio come la serie ci ha insegnato a fare sin dall’inizio. La 6×03 non ci risparmia su nessun fronte. Puntata intensa, toccante, drammatica. Ognuno vive il suo tormento o si prepara ad accoglierlo. Dubbi, domande sorgono in modo diverso nella mente di ognuno, e in questo episodio Vikings non ci risparmia una buona dose di riflessioni parecchio emotive oltre a momenti d’azione altrettanto intensi.

Iniziamo subito con un Re Olaf disposto – almeno all’apparenza – al dialogo con Re Harald. La forza di un tempo è piegata dalle catene che lo trattengono ma lo spirito di quest’ultimo non è cambiato.

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Harald non manca di deridere gli interrogativi teologici del suo carceriere con il sarcasmo e l’autodeterminazione che l’hanno sempre contraddistinto e questo indigna in un certo modo Re Olaf, ancora indeciso sul destino da riservare suo prigioniero. Un uomo ambiguo, difficile da inquadrare fin dal primo episodio in cui è apparso, quando imprigionò Hvitserk facendoci temere il peggio. Quello che allora sembrava il Buddha appena scoperto dal giovane, ora si fa portavoce di interrogativi teologici e odi agli dei. E non di meno dell’idea che, chissà, tutto questo non sia che un cammino voluto dagli stessi per ragioni che non ci è ancora dato conoscere.

Ma non è tutta filosofia quella che ci regala questo primo confronto della 6×03 di Vikings. Abbiamo ora un’idea più chiara della condizione di Re Harald. Ma soprattutto della reale pericolosità di Re Olaf, un personaggio che potremmo aver sottovalutato in precedenza, ma che proprio in questo episodio ci darà prova del nostro errore.

Un errore, quello di sottovalutare, che potremmo aver commesso anche con Hvitserk, ormai in preda alla follia. Non più incubi e troppo alcool, ma vere e proprie allucinazioni inseguono il giovane figlio di Ragnar. Tetre visioni del fantasma di Ivar che lo accompagnano ovunque vada. Immagini di Thora carbonizzata implorano aiuto mentre Hvitserk implora perdono per non averla potuta salvare. Sotto gli occhi della famiglia si consuma il dramma di un giovane più provato di quanto i fratelli credessero. Qualcosa che potrebbe mettere a rischio i piani di espansione commerciale di Bjorn e Ubbe e la vita stessa di quel fratello che ha ormai perso il lume della ragione, intrappolato com’è nell’oscurità portata da Ivar.

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E se con Hvitserk la serie rende più cupi i toni di questo episodio, d’altro lato li illumina con il bagliore portato da Lagertha.

Guerriera o contadina poco importa, per le donne norrene cui il mare e le guerre hanno portato via mariti, figli e fratelli, Lagertha significa speranza. L’ammirazione e la devozione con cui donne ormai sole giungono a farle visita per baciare il palmo della mano che ha impugnato una spada per tutta la vita sono commoventi. Colorano l’episodio di una luce che tuttavia si spegne in breve e nel più drammatico dei modi. Con l’attacco dei tagliagole banditi da Bjorn nel primo episodio. Un attacco meschino, aggressivo, che si porta via anime innocenti, la dignità di donne che non hanno potuto difendersi e la promessa di non violenza di Lagertha.

Così come l’abbiamo vista sotterrare la spada di guerra giurando di non combattere mai più, la vediamo riprendersi quell’arma spinta da necessità di fronte alle quali non può tirarsi indietro. Davanti ai corpi martoriati di quelle donne che hanno creduto in lei e che su lei sola possono contare, ogni promessa di non violenza decade. E ancora più decade al cospetto dei due figli di Bjorn e Torvi rimasti con lei per star lontano dalle possibili trame del potere di Kattegat durante l’assenza del padre.

Tutto questo mentre in città Ubbe siede sul trono che fu di Ragnar, poi di sua madre Aslaug, poi di Lagertha e ora di Bjorn. Vikings ci mostra un giovane sempre più simile a suo padre e vicino agli ideali del fratello maggiore, di cui abbraccia la causa mettendo da parte i suoi principali interessi.

In Vikings 6, Ubbe e Torvi sembrano rappresentare l’elemento di maggior stabilità.

Un sentimento che traspare dalla profonda complicità che li lega, dal carisma di Ubbe che si sposa perfettamente alla personalità ormai forte e strutturata di Torvi. Una donna che, anche in questo caso, ci troviamo ad aver sottovalutato nonostante un’evoluzione costante e ammirevole.

La stessa stabilità invece sembra vacillare a tratti nell’integrità ostentata da Bjorn, che si professa innamorato e fedele alla moglie ma cede alle tentazioni di Ingrid. Tentazioni contornate da parole che ricordano pericolosamente quelle pronunciate dall’indovino nello scorso episodio (qui la nostra recensione).

“Qualsiasi decisione tu prenda, non rinnegare mai i tuoi dei.”

Parole che in quel momento non sembrano aver senso per Bjorn ma che prendono forma nella promessa della serva di portargli la fortuna e il benvolere degli dei nell’unione con lei. Una promessa che non lascia indifferente Bjorn quando è il momento di decidere se rispettare o meno il proprio giuramento di fedeltà a Gunnhild. Ma le speranze sembrano deluderlo quando Re Olaf raggira l’elemento sorpresa della spedizione di Bjorn circondando i suoi uomini in una sfera di fuoco sul mare che li pone dritti al centro di un pericoloso mirino. Frecce e morte piovono dalle scogliere verso cui nuotavano mentre al cielo si ergono le invocazioni agli dei dell’inquietante sovrano.

Nel dramma di un finale che segue i numerosi interrogativi su quale sia il vero ruolo di Ingrid in questa stagione di Vikings, il dubbio che la donna sia stata complice di Re Olaf ci viene alla mente.

Ma l’episodio ci lascia con lo stesso interrogativo senza risposta posto da Ketill a Bjorn: “E ora cosa?”

Una domanda perfettamente applicabile anche agli scempi portati avanti da Oleg, che capiamo essere sempre più pericoloso, spietato e crudele verso chi si frappone tra sé e i suoi progetti. Che si tratti di sangue del suo sangue o meno. L’ingloriosa sorte toccata a Dir, tradito dalla moglie, vera spia e complice di Oleg, ci fa rimpiangere il “semplice” avvelenamento toccato al fratello Askold. Oleg non sembra minimamente scalfito dalle promesse di supporto e protezione di Dir e, dopo averlo attaccato nella neve durante una breve ma intensa scena d’azione, lo relega nel peggiore dei posti.

E se credevamo che i mastini fossero il peggio, Oleg ci dimostra come la sua mente possa sorprenderci partorendo idee anche peggiori. L’orrenda sevizia di cui Dir è vittima dà a noi un’idea ancor chiara e terrificante del personaggio con cui avremo a che fare in questa stagione di Vikings.

E ora sembra dare, almeno a una prima occhiata, un’idea più profonda anche ad Ivar, che per la prima volta appare quasi preoccupato da quanto visto.

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Per la prima volta i suoi occhi esprimono un parziale timore per la feroce imprevedibilità di Oleg, e sgomento per la reazione del piccolo Igor. Il principe ereditario che sembra aver suscitato la tenerezza di Ivar non sembra affatto turbato dalle torture subite da Dir. L’orrenda scena sembra quasi dare al Senz’Ossa una visione esterna del risultato disgustoso cui può portare una guerra fratricida, o una qualunque variabile che improvvisamente non soddisfi più le priorità di Oleg. Una verità che Ivar dovrà tenere a mente per la sua stessa incolumità e che può portare in Scandinavia a un’indicibile devastazione.

O a un sorprendente colpo di scena nelle alleanze ora createsi di cui al momento possiamo farci solo un’idea superficiale. Ma una cosa è certa: la Via della Seta dominata dal principe di Kiev è costellata di un terrore destinato a intrecciarsi prima di quanto crediamo col cammino dei figli di Ragnar rimasti a Kattegat.

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