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The Walking Dead: Dead City 1×03-1×04 – Ora non ci sono più dubbi: questo spin-off fa sul serio

Maggie e Negan in The Walking Dead

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Avevamo intuito già qualcosa nel corso delle prime due puntate (qui recensite), ma questi nuovi episodi sembrerebbero averlo confermato: The Walking Dead: Dead City non scherza, e contiene al suo interno qualcosa di cui sentivamo seriamente la mancanza. Nel corso delle recensioni legate a Daryl Dixon abbiamo sempre spiegato quanto le cose, inaspettatamente, funzionassero nonostante alcuni problemi importanti, come il mancato sviluppo di personaggi chiave. In quel caso, infatti, il potere della narrazione era totalmente affidato al protagonista principale. Nessuna controparte all’altezza, nessun villain spietato che riuscisse a fare la differenza. Ed è proprio questo il punto: in un mondo come quello di The Walking Dead, certe assenze si fanno sentire. Nell’opera originale, del resto, abbiamo conosciuto menti crudeli ma profondamente affascinanti, figure disturbanti che hanno reso l’universo narrativo ancora più inquietante, ricco di tensione e profondità morale. I vaganti, nella maggior parte dei casi, erano solo l’ultimo dei problemi.

Bastava trovare il punto giusto con un’arma affilata, e il gioco era fatto. Ma quando si trattava di esseri umani, la situazione cambiava radicalmente. Bisognava fare i conti con menti diaboliche ma geniali, come quella del Governatore. Villain pronti a mettere in croce il prossimo, sfruttandone le debolezze e manipolandole a proprio piacimento, dando vita a una lotta che andava ben oltre la violenza fisica: si trasformava in una guerra psicologica lenta e logorante. Ecco, tutto questo ci era mancato incredibilmente. Non lo avevamo ritrovato in The Walking Dead: Daryl Dixon, e ormai credevamo di non poterlo più rintracciare. Ma poi è arrivato The Walking Dead: Dead City, e una luce si è accesa. Oggi, finalmente, possiamo dirlo senza esitazione: forse è questa l’eredità che aspettavamo.

The Walking Dead: Dead City fa sul serio. E la terza e quarta puntata lo hanno confermato

Maggie e Negan in The Walking Dead: Dead City
Credits: AMC

Esiste qualcosa di più oltre Negan e Maggie. C’è un mondo che va oltre la ricerca di un figlio e il disperato tentativo di salvarlo. Ci sono Ginny e il Croato ad esempio, due personaggi che, in pochissime puntate, hanno già rivendicato un ruolo centrale all’interno dello spin-off. Un ruolo che, fin da ora, promette di scombinare le carte in tavola e ribaltare completamente la narrazione.

Partiamo da Ginny, forse la persona che più di tutte riesce a far emergere il lato umano e vulnerabile di Negan. Il loro legame, genuino e necessario per entrambi, rappresenta un raro appiglio in un mondo che non accoglie più, ma respinge con ferocia. Un mondo che li ha costretti, in modi diversi, ad assumere lo stesso atteggiamento di chiusura, di difesa, verso tutto il resto. Negan e Ginny affrontano i traumi del passato seguendo strade differenti, ma complementari. I loro comportamenti raccontano – senza bisogno di parole – le cicatrici lasciate dalla sofferenza. E in quelle crepe, si intravede forse la verità più profonda di Dead City.

Fin da queste prime puntate, appare evidente che il legame tra Negan e Ginny influenzerà in modo significativo le dinamiche degli eventi. Negan sembra infatti legato a lei non solo da un affetto sincero, ma anche da uno strano senso di colpa, un’ombra che, con ogni probabilità, troverà spiegazione nel corso dei prossimi episodi. Ma, come anticipato, Ginny non è l’unico personaggio secondario ad aver fatto la differenza finora. E non è neppure l’unico capace di toccare le corde più profonde della psiche e delle fragilità di Negan.

Se lei lo fa in positivo, l’altro lo fa in negativo. Stiamo parlando del Croato, il personaggio che più di tutti è riuscito a farci sentire sulla pelle i primi veri brividi. Oscuro, geniale, carismatico, cauto e imprevedibile ma soprattutto, la cosa più vicina al vecchio Negan. Lo sappiamo noi, lo sa lui. Non serve aspettare altri episodi per capire quanto la sua presenza stia già mettendo in discussione, per la prima volta, la moralità ritrovata di Negan. Il Croato incarna tutto ciò che Negan non è più, ma al tempo stesso rappresenta lo specchio in cui è costretto a rivedere ciò che è stato. E anche solo l’idea di eliminarlo lo trascina in un dilemma etico profondo dal quale è quasi impossibile uscire indenni. Da un lato, uccidere il Croato significherebbe salvare molte vite, incluso il figlio di Maggie. Dall’altro, però, potrebbe trasformarsi in un atto di vendetta personale, qualcosa che lo riporterebbe pericolosamente vicino al suo passato. E in quel momento, rischierebbe di diventare proprio ciò che vuole distruggere.

Negan in The Walking Dead: Dead City
Credits: AMC

In questa puntata, il Croato ha cercato di corrompere Negan, ma lui si è dimostrato più forte di qualsiasi tentazione. Forse per strategia, forse perché lo voleva davvero, finisce per salvare Perlie, il quale, però, chiude l’episodio con un cliffhanger che ribalta completamente le posizioni: ora è Negan a essere sotto tiro, minacciato da Perlie per i crimini commessi in passato.

Sono proprio questi elementi a restituire allo spin-off tutto ciò che sentivamo mancare. I villain non sono semplicemente dei cattivi che vogliono prevalere: sono forze destabilizzanti, che mettono in discussione l’etica e la morale dei protagonisti, li spingono oltre i loro limiti, li costringono a fare i conti con il passato e con le ombre che ancora li abitano. Li obbligano a confrontarsi con la parte peggiore di sé, innescando una riflessione profonda sulla propria identità e sul percorso di evoluzione personale.

L’unica cosa che, al momento, ci sentiamo di recriminare a The Walking Dead: Dead City è Maggie. In questa fase, il suo personaggio non sta facendo davvero la differenza. Al contrario, sembra essere utilizzato soltanto come espediente narrativo per innescare gli eventi della trama. Nelle due puntate appena distribuite (come sempre su Sky e NOW), Maggie è apparsa più come una spettatrice che come una vera protagonista. La sua rabbia è palpabile, il suo dolore grida, ma la sua battaglia morale viene ancora troppo poco accentuata. Stiamo parlando di una donna che ha perso il marito e che, per ritrovare il figlio, è costretta a chiedere aiuto proprio all’uomo che le ha strappato la possibilità di una vita insieme alla persona che amava. È proprio questo il nodo emotivo più potente della storia e, paradossalmente, è anche quello che finora sta venendo maggiormente trascurato dalla narrazione.

La speranza è che le cose si smuovano anche in questo senso, riuscendo così a evitare lo stesso destino di Daryl Dixon: funziona, ma manca sempre qualcosa. In questo caso, considerato quanto visto finora, le aspettative sono ben diverse. Non vogliamo soltanto dire che funzioni: vogliamo poter affermare che sia il miglior spin-off di The Walking Dead mai realizzato. E le premesse per crederlo ci sono tutte. Adesso tocca a Dead City alzare la testa, farsi avanti e conquistare il suo posto nella leggenda, senza lasciare più spazio al dubbio.

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