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The Sandman 2 – La Recensione della prima parte: il passo falso era dietro l’angolo, ma siamo tornati a sognare

The Sandman

“Every dream, like every dreamer, is unique. Yet the one thing all dreams have in common is change.”

Better Call Saul

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Abbiamo già fatto questo sogno. Eccoci qui di nuovo alle pendici di un castello le cui guglie svettano fino a toccare il cielo e dove i cancelli sono debitamente sorvegliati da creature mitologiche. Ci siamo già ritrovati a vagare nel regno di un dio così antico da rivaleggiare con Dio stesso. Basta infatti un battito di ciglia lungo tre anni a farci aprire gli occhi sulla seconda stagione di The Sandman (disponibile sul catalogo Netflix qui). Una stagione a lungo attesa, particolarmente travagliata e sotto i riflettori sfortunatamente per le ragioni sbagliate.

Eppure ancora una volta pronta a parlare al nostro bambino interiore. Uno show, come ci è capitato di raccontare in precedenza, che trionfa nel parlare a noi tutti in maniera velata e attraverso una narrazione che affonda nel fantasy e nel folklore senza mai risultare infantile o sciocca. Tom Sturridge continua ad assumersi una grande compito, portandolo a termine in maniera eccellente e plasmando un personaggio che meriterebbe davvero più riconoscimento e attenzione.

Che cosa racconta The Sandman se non che i sogni sono i desideri che albergano nel nostro cuore e ci infondono il coraggio e la speranza che il domani possa sempre essere un po’ più luminoso.

Nei suoi 75 numeri originali, la graphic novel ideata da Neil Gaiman riesce a coniugare narrazione epica, introspezione esistenziale, folklore mondiale e citazionismo letterario, creando una delle opere più influenti e complesse della letteratura a fumetti. Incipit della storia è la cattura e l’imprigionamento di Morfeo da parte di Robert Burgess, un occultista inglese. Dopo decenni di prigionia, Morfeo si libera e intraprende un lungo percorso per ricostruire il suo regno, il Regno dei Sogni, andato in rovina durante la sua assenza e riappropriarsi di tre oggetti fondamentali: il sacchetto di sabbia, l’elmo e il rubino.

La quete porta il protagonista a incrociare il proprio cammino con figure demoniache, leggendarie e mitologiche. In un racconto intriso di dicotomie, Morfeo assurge quasi a ruolo di ago preservando il necessario equilibrio tra i due opposti. Dream osserva in maniera imparziale intervenendo solo per ripristinare lo status quo e, di tanto in tanto, per riservare lezioni di etica morale.

Il suo ruolo di deus ex machina continua anche nella seconda stagione, seppur si possa intravedere un lato decisamente più umano e meno divino. Lato messo in primo piano dalla storia d’amore tragica con Nada e dal rapporto familiare complicato con gli altri Eterni. Morfeo è, all’inizio della serie, freddo, inflessibile, orgoglioso. Ma il tempo, i traumi e gli incontri lo trasformano. Il suo cambiamento è al centro della storia, e ciò che lo rende tragico è che, in quanto archetipo del sogno, non dovrebbe cambiare. Eppure, per esistere nel mondo umano, deve confrontarsi con i limiti dell’identità. Morfeo diventa così una figura quasi cristologica: portatore di senso e destino, ma incapace di sottrarsi al sacrificio. La sua stessa condanna è che, essendo eterno, non può sfuggire alle leggi che egli stesso rappresenta.

Morfeo e Nada nella seconda stagione di The Sandman
Credits: Netflix

Affari di famiglia

La prima parte della seconda stagione adatta, in maniera abbastanza libera, due archi narrativi fondamentali della graphic novel: La stagione delle nebbie e Vite brevi. In entrambi i casi si tratta di racconti che intrecciano potere, colpa, libertà e responsabilità, il tutto attraverso i legami familiari che coinvolgono i sette fratelli. Ed è proprio con una singolare riunione di famiglia che si apre la seconda stagione (uno dei misteri rimasti irrisolti nella prima riguardava proprio gli Eterni). Destiny convoca i fratelli e le sorelle – Dream, Desire, Death, Despair e Delirium – dopo aver ricevuto un criptico messaggio dalle Parche. Lungi però dal trarre piacere dalla reciproca presenza, l’incontro serve solo a dissotterrare vecchi rancori e ricordare con malinconia il fratello Destruction che li ha abbandonati. Dream, nel mentre, vive una crisi tutta personale, logorato dal senso di colpa di aver condannato un vecchio amore all’Inferno.

“A King will forsake his kingdom
Life and Death will clash and fray
The oldest battle begins once more”

La profezia delle Parche riecheggia nelle puntate a venire di The Sandman, in primis con la decisione di Lucifero di ritirarsi quale sovrano dell’Inferno. Stanco, disilluso, Lucifero ha deciso di chiudere il regno dei dannati e andarsene. Rifiutandosi di giocare al gioco di Dio, Lucifero cede le chiavi dell’Inferno a Dream facendosi persino recidere le ali. Per lui il sogno ha forse finalmente inizio, svegliandosi così da un incubo durato millenni e durante il quale non ha mai avuto davvero voce in capitolo. Morfeo si ritrova proprietario dell’Inferno, e con lui si presentano delegazioni da ogni pantheon per reclamarlo: angeli, demoni, divinità nordiche, egizie, giapponesi, e perfino il Caos Primordiale. Tutti ambiscono al regno dei dannati, ma chi è davvero meritevole?

La scelta finale di Morfeo — consegnare l’Inferno agli angeli Remiel e Duma, emissari silenziosi del Paradiso — è profondamente ambigua. Gli angeli lo riceveranno non come premio, ma come punizione. Saranno loro, ora, a governare la sofferenza, e lo faranno con il gelo della giustizia assoluta.

Gli archetipi si sbriciolano come granelli di sabbia. Se sono disposti a sacrificare ciò che li definiva, anche esseri immutabili possono cambiare ed evolversi mettendosi in discussione. Ed è quello che succede a Lucifero, libero dalla narrazione che qualcuno gli ha scritto addosso, ed è quello che succede anche a Morfeo. La seconda stagione di The Sandman ci restituisce un dio dei Sogni fallibile, conscio dei propri errori e delle proprie manchevolezze. Eppure rimane un dio stoico nelle proprie posizioni, incapace di accattare il cambiamento e reinventare la propria storia.

Gli Eterni nella seconda stagione di The Sandman
Credits: Netflix

Il libero arbitrio esiste in The Sandman?

Consci della profezia delle Parche e dell’immutabilità degli Eterni, la domanda sorge spontanea. Ed è nella seconda parte della stagione che il quesito sale ancora di più alla ribalta. Adattando l’arco narrativo “Vite brevi”, Dream acconsente ad accompagnare Delirium nella sua disperata ricerca del fratello Destruction. Da tempo è scomparso, e nessuno degli Eterni vuole parlare di lui. Inizia così un viaggio attraverso il mondo mortale, durante il quale i due fratelli visitano personaggi che hanno conosciuto Distruzione, solo per scoprire che stanno morendo uno dopo l’altro, come se qualcuno — o qualcosa — volesse evitare che la ricerca abbia successo.

Il titolo Brevi vite non è un vezzo poetico, ma il tema centrale dell’arco. Gli Eterni, in quanto immortali, guardano gli esseri umani con un misto di compassione e distanza. Ma vivere davvero, nel senso più pieno del termine, significa affrontare il cambiamento, la perdita, l’incertezza, il dolore. Destruction non abbandona il suo ruolo per vigliaccheria, bensì per amore. Incapace di accettare di poter essere lui la causa futura della fine dell’umanità, sceglie l’esilio. Come Lucifer, anche Destruction rompe lo schema mentre Dream, invece, è ancora incatenato al suo dovere. La sua identità è legata a ciò che rappresenta. Eppure il viaggio lo costringe a confrontarsi con una domanda che ha evitato per eoni: posso essere altro?

Brevi vite è un arco narrativo dolente e poetico, al cui interno, come già nel precedente arco, si intrecciano alcune delle short stories più interessanti del materiale originale di The Sandman.

Inserite nella stagione con funzione di flashback, le storie ci aiutano a gettare uno sguardo intimo sulla psiche di Morfeo e sui sui rapporti con l’altro. Da ognuno di essi emerge, soprattutto, l’incapacità del protagonista di rapportarsi in maniera empatica e di realizzare troppo tardi il male che ha procurato al prossimo. Senso di colpa ed espiazione sono dunque i due grandi temi di questa prima parte che, anche dopo tre anni di assenza, riesce a riportarci in un mondo dei sogni.

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