Attenzione: l’articolo contiene spoiler sulla serie tv Stick.
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Il finale della prima stagione di Stick (qui su Apple TV+) si presenta come il coronamento perfetto di un percorso narrativo che non ha mai smesso di sorprendere e commuovere, episodio dopo episodio. La forza di Stick è sempre stata il legame tra i due protagonisti: Santi, il giovane talento ancora grezzo, e Stick, il coach che da subito ha dimostrato di essere molto più di un semplice allenatore. Il loro rapporto è stato il cuore pulsante della storia: imperfetto, conflittuale, pieno di incomprensioni, ma autentico. Nelle puntate iniziali, questa dinamica appariva quasi come uno scontro di volontà. Santi è il classico ragazzo che non si lascia avvicinare facilmente, protetto da una corazza fatta di arroganza e di fragilità. Stick, dal canto suo, è un uomo che ha vissuto abbastanza da sapere che la tecnica conta, ma senza la giusta mentalità non si va da nessuna parte.
L’incontro tra i due ci ha regalato scintille, ma anche momenti di profonda vulnerabilità. Il finale non fa altro che confermare questa centralità. Se nella prima parte della stagione i due protagonisti dovevano imparare a conoscersi, ora vediamo il frutto di questo percorso: la consapevolezza che insieme funzionano non perché sono simili, ma perché, in qualche modo, si incastrano perfettamente. Stick è l’ancora che impedisce a Santi di lasciarsi travolgere dalle aspettative e dal peso del successo. E Santi, a sua volta, è la spinta che costringe Stick a guardare di nuovo avanti, ad affrontare il suo passato e le sue paure.
Uno degli aspetti più interessanti della serie è il modo in cui affronta il tema della famiglia.

Non una famiglia idealizzata, ma quella reale, con le sue ferite, i suoi silenzi e i suoi rapporti tossici. Santi ha un padre che non è mai stato una vera presenza nella sua vita: non un mentore, non una guida, ma una figura che rappresenta un vuoto. Questa ferita lo spinge spesso a cercare approvazione nei posti sbagliati, a credere che il suo valore dipenda dallo sguardo degli altri. Stick, al contrario, incarna la famiglia che si sceglie. Non quella imposta, ma quella che nasce quando due persone si riconoscono davvero, con tutti i loro difetti. È un rapporto fatto di fiducia silenziosa, di parole dette a metà, ma soprattutto di una presenza costante. Il finale di stagione esalta questa contrapposizione senza ricorrere a grandi proclami. Non serve un discorso commovente o una scena drammatica per capire che Santi ha finalmente compreso dove si trova il suo vero punto di equilibrio. Non nel compiacere chi lo giudica, ma nell’affidarsi a chi crede in lui anche quando sbaglia.
Stick non è mai stata solo una serie sul golf, e questo finale lo conferma con forza. Il campo diventa quasi un pretesto, uno spazio simbolico dove si giocano sfide ben più profonde di una vittoria o di una sconfitta. Ogni colpo, ogni partita, ogni strategia è la metafora di un percorso di crescita interiore. Quest’ultima puntata è il punto d’arrivo di un viaggio iniziato con tante incertezze. Santi, che all’inizio sembrava un ragazzo talentoso ma acerbo, ha imparato che il successo non basta a colmare i vuoti. E anche Stick, a suo modo, attraversa una trasformazione. È un uomo che all’inizio sembrava vivere solo attraverso il suo ruolo di allenatore, un po’ disilluso e segnato dal passato. Stare accanto a Santi lo costringe a guardare avanti, a riscoprire la passione e persino l’idea di mettersi di nuovo in gioco. Il bellissimo scambio finale tra i due, in cui Santi lo provoca a sfidarlo, non è solo una battuta scherzosa.
È la promessa di un futuro, di un nuovo capitolo che li vedrà crescere insieme.

Guardandoci indietro, ora, alla fine della stagione, possiamo affermare che la prima stagione di Stick è stata un percorso coerente e sorprendente (qui la recensione dei primi tre episodi). Il bello di questa serie è che non cade mai nella trappola del melodramma. Anche quando parla di dolore, di fallimenti, di rabbia, lo fa con autenticità, senza cercare lacrime facili. È stata capace di alternare momenti ironici e divertenti a scene di grande impatto emotivo. Il rinnovo per una seconda stagione, quindi, non stupisce affatto. La serie ha trovato un pubblico appassionato, conquistato dalla chimica tra i due protagonisti e dalla capacità di raccontare una storia di sport in modo universale. Abbiamo la sensazione che la seconda stagione possa spingersi ancora più in profondità, esplorando nuovi lati dei personaggi.
Il finale di stagione di Stick non è solo un punto d’arrivo, ma una dichiarazione d’intenti. È il segno che la serie sa cosa vuole raccontare e come farlo, senza inseguire colpi di scena gratuiti. La sua forza è nella semplicità, come già ha dimostrato un’altra serie di punta di Apple TV+, Ted Lasso. Con questo ultimo episodio, Stick ha dimostrato che una storia sportiva può essere qualcosa di molto più ampio e universale. È un racconto di fiducia e di famiglia, ma soprattutto di crescita. È una serie che non si limita a intrattenere, ma lascia qualcosa dentro, un messaggio di speranza e di coraggio. Se il percorso di Stick e di Santi è appena iniziato, noi siamo pronti a seguirli ovunque andranno.






