Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler su Romantics Anonymous.
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Esistono infiniti modi di raccontare la stessa storia. Non ce n’è necessariamente uno migliore dell’altro, ma ciò che è certo è che esistono diverse chiavi di lettura di ogni avvenimento, con impronte diverse e in grado di fare leva su elementi diversi di ciò che è successo. Facciamo un esempio concreto. Immaginate la storia di un uomo e di una donna che tutti i giorni lottano con le proprie paure e le proprie fobie più profonde. Lui ha paura di qualsiasi tocco umano, dello sporco e soprattutto di esserne portatore e poterlo trasmettere agli altri. Lei invece non riesce a reggere lo sguardo altrui, e per questo si è imposta una sorta di esilio in cui crede di stare bene. La realtà, però, è ben diversa. Dicevo: esistono infiniti modi di raccontare questa storia. Oggi parliamo di quello portato avanti da Romantics Anonymous.
Produzione originale Netflix condivisa tra Giappone e Corea, sbarcata giovedì 16 ottobre sulla piattaforma, Romantics Anonymous ci porta dritti a Tokyo, e probabilmente la storia raccontata in questo modo non avrebbe funzionato da nessun’altra parte. La serie è infatti ispirata al film franco-belga del 2010 Les Émotifs anonymes, commedia romantica della quale accentua non soltanto i dettagli del racconto – 8 episodi da 45/50 minuti permettono di mostrare molto più di 80 minuti di film – ma anche il romanticismo in sé. La dolcezza e la delicatezza della narrazione nipponica non si lasciano desiderare, e condiscono una storia che mette sul piatto anche temi necessari come la salute mentale. Come? In modo a volte sensato, altre volte avventato.
Romantics Anonymous: la trama

Ripartiamo dall’uomo e dalla donna di cui abbiamo parlato poco fa. Sosuke Fujiwara è l’erede della Dolciaria Futago, grande azienda dolciaria che acquisisce la cioccolateria artigianale Le Sauveur dopo la morte del suo proprietario. L’obiettivo aziendale è quello di rubare le ricette di Le Sauveur per poterne poi godere nella propria attività e chiudere la cioccolateria. Quando però Sosuke – che per l’appunto ha difficoltà con tutto ciò che concerne il contatto fisico – ne diventa il direttore, le sue intenzioni sono ben diverse: vuole continuare a portare avanti il progetto e permettere alla Futago di fare un cambio di passo. E l’idea prende una forma ancora più concreta quando in cioccolateria e nella sua vita compare Hana Lee.
Hana è una giovane cioccolatiera parecchio abile che soffre di una scopofobia che non le permette di svolgere il suo lavoro in modo tradizionale. Ha paura di essere osservata, non riesce a guardare nessuno negli occhi, e questa sua condizione fa sì che la sua vita si svolga prevalentemente tra le mura domestiche, con brevi incursioni nel mondo durante le quali ha gli occhi perennemente puntati verso il suolo. Hana lavora per Le Sauveur come Cioccolatiere Anonimo, artefice di parecchie ricette e custode della maestria che rende la cioccolateria la migliore in città. Alla morte del proprietario – unico a conoscere la sua identità -, Hana si presenta a Le Sauveur per lavorare come cameriera. Un’attività abbastanza sfidante per una persona come lei.
Non bisogna aspettare molto per capire che il rapporto tra Hana e Susuke non sarà semplicemente quello tra una dipendente e il suo capo.
Fin dal primo incontro si rendono infatti conto di una cosa: sono l’uno per l’altra una sorta di miracoloso antidoto alle loro fobie più profonde. Hana riesce a guardare Susuke negli occhi; Susuke riesce a toccare Hana senza sentire il bisogno impellente di scappare e disinfettarsi dalla testa ai piedi. Non credo ci sia bisogno di specificare cosa questo significhi nell’ambito di una commedia romantica. Un genere del quale Romantics Anonymous rispetta tutti gli standard a dispetto del trigger “Violenza e suicidio” con il quale Netflix la definisce.

Come già affermato in apertura, c’è modo e modo di raccontare qualsiasi storia. Romantics Anonymous racconta una storia di fatta di profondi traumi personali nel modo più romanticizzato che possiate immaginare. Nessuna delle fobie dei protagonisti è lì per caso: sono tutte il frutto di percorsi di vita che li hanno portati a essere così, e del quale sia Hana che Susuke cercano in qualche modo di cambiare la direzione. E non sono gli unici. A completare il quadro della romantica narrazione della serie ci sono anche Hiro – amico di Susuke ed eterna crush di Hana – e la dottoressa Irene, psicologa di entrambi e parte attiva di un bel tira e molla con Hiro. Tutti loro sono alle prese con l’accettazione di difficoltà, paure e fobie frutto di passati difficili e a volte anche parecchio traumatici.
Il punto però qui è un altro. È il fatto che, oltre alla terapia che è sì presente ma mai la principale fonte di miglioramento, il segreto sta tutto in un ingrediente. Eh sì, l’amore, ovviamente.
L’amore è ciò che tutto può e tutto modifica, la bussola che orienta i protagonisti tra vicende che spesso hanno dell’incredibile.
Il livello di coincidenze esistenziali che Romantics Anonymous ci presenta è davvero parecchio elevato. Storie del passato che si intrecciano con quelle del presente, figli che si riconoscono come eredi di tradizioni che si erano già incrociate in un momento della vita diverso, e che continuano a sostenersi per portare avanti una visione comune: quella delle cose fatte con passione, con amore, per dare a chi ne fruisce qualcosa che vada ben oltre il piacere di un semplice cioccolatino. E tutto questo ci riporta al punto di partenza. Ci riporta a un modo di raccontare che è tipico di una serialità che come occidentali del 2025 ci appartiene poco, ma che è invece tipica di una narrazione orientale parecchio radicata.

Se siete fan dei k-drama, amanti della delicatezza e del romanticismo, spettatori che nella serialità cercano consolazione più che realismo, con Romantics Anonymous siete nel posto giusto. Se siete invece sostenitori di una serialità più concreta e orientata da un pizzico di cinismo, vi toccherà fare uno sforzo intellettuale non indifferente. Mettete da parte la sospensione dell’incredulità, la statistica, la probabilità che in una metropoli gli incontri/scontri tra due persone siano orientati più dal destino che dal traffico cittadino, e allora potrete comunque apprezzarla. Dal canto mio ve lo dico: chi vi scrive è una persona che fa del pessimismo cosmico il suo mantra. Eppure, con le commedie romantiche giapponesi e coreane riesco a fare un’eccezione. Ho imparato a prenderne il buono che mi lasciano anche da spettatrice cinica.
Nel caso specifico di Romantics Anonymous il buono è un senso di attenzione e cura difficilmente replicabile da questa parte del globo.
A portare avanti le vicende è nel 99% dei casi un senso di generosa e delicata attenzione verso il prossimo. Una cura che solitamente riserviamo ai nostri cari, ma che nella serie è a portata di collettività. Esempio concreto? Una grande azienda smuove mari e monti per ritrovare la ricetta di un cioccolatino realizzato trent’anni prima, solo per poter soddisfare il desiderio di una cliente malata. È solo uno, ma potrei continuare per un bel po’. Durante la visione in più occasioni mi è capitato di pensare: “Ma davvero? Qualcuno pensa che sia possibile?”. La risposta non la so, non so quanto si tratti di puro idealismo o di realtà. La verità però è che per me questo senso di impossibile – almeno ai miei occhi – dolcezza è diventato un guilty pleasure di cui non so se voglio più fare a meno.
E allora facciamo passare tutte le cose che percepisco come assurdità. Facciamo passare il legame inscindibile tra la salute mentale e il concetto di anima gemella, e soprattutto il fatto che la terapista debba a mio parere essere radiata da qualsiasi albo, altro che essere considerata una luminare: Romantics Anonymous io ve la consiglio lo stesso. Chiudete gli occhi, svuotate la mente e provate ad assaporare ogni episodio come fosse una gustosissima pralina ripiena: la vostra mente appesantita vi ringrazierà.







