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“Misantropia portami via”, il motto di Murderbot. E a buona ragione. Immaginatevi una serie comedy narrata da un robot killer che giudica senza troppi mezzi termini l’essere umano e la sua stupidità (parole del robot, non mie). La serie è disponibile su Apple TV+ dal 16 maggio con i primi due episodi, a cui seguiranno le uscite settimanali per un totale di 10 episodi da 30 minuti ciascuno. Il formato comedy vuole già suggerci a quale tipo di linguaggio andremo incontro. Ma funzionerà con il genere sci-fi? Scopriamolo!
Adattamento della serie di romanzi The Murderbot Diaries di Martha Wells, Murderbot viene portata sul piccolo schermo dai fratelli Weitz, Paul e Chris (About a Boy, The Creator), che scrivono e dirigono i primi due episodi. Fin dai primi secondi il tono viene settato al 100% su schietto, sarcastico, misantropo (ecco le 10 serie da vedere se anche tu sei misantropo!). Un sorprendente Alex Skarsgård presta il volto a questo robot per la sicurezza che ribalta i protocolli di controllo e ottiene il famigerato libero arbitrio. Tant’è che la prima cosa che fa Murderbot è quella di alienarsi nel suo mondo digitale e… guardare Serie Tv. Per la precisione: 7532 ore di contenuti. Il normale monte ore di tutti i divoratori di serie tv, no? (e si, lo so che hai un’app in cui ti segni gli episodi visti)
L’inizio lento ma promettente di Murderbot preannuncia una comedy sarcastica, ma dal cuore tenero

Di robot che riescono a ottenere il libero arbitrio ne abbiamo visti tanti, sia nel cinema che nelle Serie Tv. Da Love, Death & Robots (in cui gli episodi con i robot sono tra i più memorabili), Ava in Ex-Machina (Alex Garland, 2014), fino a Madre e Padre in Raised by Wolves (Aaron Guzikowski, 2020-2022). Passando per HAL 9000 di 2001: Odissea nello spazio (Stanley Kubrik, 1968), possiamo continuare a tornare indietro nel tempo fino ad arrivare a Maria di Metropolis (Fritz Lang, 1927). L’intelligenza artificiale è stata presa e analizzata in tutte le sue forme immaginabili e da tantissimi punti di vista diversi. Questi e tantissimi altri sono diventati veri e propri cult del cinema, arricchendo sempre più l’immaginario del robot/androide.
Ora, non sto dicendo che Murderbot sappia già di cult e non osorei mai farlo. C’è da dire però che l’irriverenza di questo protagonista porta una ventata d’aria fresca. Sebbene datato rispetto ai modelli più recenti, questa SecUnit con la passione per le Serie Tv ha abilità fisiche e tecniche strepitose. Sbloccato il pensiero libero però, Murderbot comincia a porsi delle domande. Spesso sulle interazioni sociali, da cui l’androide si sottrarrebbe volentieri. Purtroppo per lui, gli scienziati a cui è stato affidato sono poco convenzionali, o per citare Murderbot “degli hippie”. Tra la diffidenza di alcuni, altri non lo vedono come un semplice strumento di sicurezza. Piano, piano, questo robot asociale diventa parte della squadra. E per fortuna, dato che pericolosi misteri sembrano manifestarsi all’orizzonte.
The Rise and Fall of Sanctuary Moon: corso introduttivo all’empatia umana
Socialmente goffo e impacciato, Murderbot ci mostra uno Skarsgård a cui non siamo abituati. L’abbiamo visto l’ultima volta sullo schermo con The Northman (Robert Eggers, 2022) e Piscina infinita (Brandon Cronenberg, 2023). Due film non esattamente leggeri per temi e interpretazioni richiesti. Qui l’attore svedese ci mostra le sue capacità comiche, accentuando la stranezza di qualcuno che finge di essere ciò che è stato, ma in realtà non è mai stato. Un gioco di parole articolato per dire che l’acquisizione del libero arbitrio porta il Murderbot di Skarsgård a scoprirsi veramente solo ora, ma è costretto a indossare la maschera del sé precedente.
Questa maschera cede molto presto quando scopre un lato umano che non aveva mai conosciuto nella realtà, ma solo nella fantasie delle Serie Tv. Un’umanità fatta di sostegno e rispetto reciproco, anche delle intelligenze artificiali. La diffidenza di Murderbot verso gli umani non svanisce. Specialmente se il suo piano è quello di andarsene per vivere libero. Tuttavia, basta un solo sguardo (non a caso Contatto visivo è il titolo della seconda puntata) per risvegliare qualcosa. Non guarda e non viene guardato più allo stesso modo. Sarà forse il suo lato umano che tenta di uscire?
Tra le 7532 ore spese a guardare contenuti, c’è una telenovela in particolare che intrattiene Murderbot: The Rise and Fall of Sanctuary Moon (i cui cameo vi faranno saltare sul divano). Sarà questa la Serie che lo introduce all’emotività e all’empatia. Grazie a questa Star Treck alternativa, Murderbot acquisisce comportamenti e atteggiamenti umani. Impara a rassicurare e supportare, ma anche a (goffamente) mentire. D’altronde la sua copertura non può saltare. Meglio relazionarsi con degli umani idioti che fare un bagno d’acido per aver aggirato i protocolli della corporazione. Anche se la pazienza di Murderbot verso gli umani potrebbe benissimo essere paragonata a quella di tanti altri personaggi delle Serie.
Un cast non da meno accompagna Skarsgård
Insieme all’attore svedese, troviamo un cast interessante. Noma Dumezweni interpreta il capitano della spedizione di scienziati hippie, Mensah. L’avrete sicuramente già vista in The Watcher,The Undoing o la strabiliante Black Earth Rising, disponibile su Netflix. David Dastmalchian non si scosta dai personaggi inquietanti (ricordiamolo in The Suicide Squad come Polka-dot Man oppure come uno dei fedeli compagni di rapine di Ant-Man) e anche qui non si smentisce. Interpreta infatti l’umano potenziato Gurathin, diffidente delle SecUnit per motivi ancora sconosciuti e insicuro delle sue capacità nei confronti di quelle dell’androide. La timida geologa Bharadwaj è Tamara Podemski, mentre la coppia aperta formata da Arada e Pin-Lee è interpretata da Tattiawna Jones e Sabrina Wu. L’amante della coppia è Ratthi, Akshay Khanna.
Strizzando l’occhio all’era woke, con riferimenti alle leggi asimoviane (e i loro ribaltamenti) e ai cyborg di Terminator, Murderbot intrattiene facilmente per una mezz’ora a episodio. Una comicità leggera, ma mai scontata, che tiene attaccati allo schermo con la sua schiettezza. Dai momenti a là Ken di Barbie fino alle crisi esistenziali (forse anche questo, pensandoci, è un altro rifermento a Ken), Murderbot è, nella sua semplicità, acuta e ironica al punto giusto. Le sorprese sicuramente non mancheranno.