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Mr Robot 4×11 – L’ultima tentazione di Elliot Alderson

La maestosa 4×11 di Mr Robot, “eXit”, è il viaggio nell’ultima fantasia di Elliot, nell’irreale mondo di carta in cui non manca nulla tranne la cosa più importante.

Per due anni non ho tenuto un diario, pensando che non sarei più tornato a queste bambinate. Ma non era una bambinata, bensì un dialogo con me stesso, con l’io più autentico, divino, che vive in ogni uomo. Per tutto questo tempo quell’io ha dormito, e io non avevo con chi dialogare.

Non è Elliot in Mr Robot a pronunciare queste parole nonostante si adattino così bene a lui. A dirle è un altro giovane. Un uomo che si era macchiato di una colpa orribile e che improvvisamente prende la decisione di iniziare a trascorrere la vita nel tentativo di porre rimedio alla sua aberrazione. Nechljudov è il protagonista di Resurrezione, uno dei romanzi più emotivi di Tolstoj.

Una resurrezione è quella di Nechljudov che decide di far di tutto per espiare la colpa, riconettendosi col suo io più profondo. Ma resurrezione è anche quella dell’altra grande protagonista, Katjuša, la ragazza sedotta e condannata a una vita da emarginata. Una resurrezione interiore, dal degrado materiale alla riconquista della propria condizione di donna libera e consapevole.

Mr Robot

Non sappiamo, non ancora, se in Mr Robot anche il padre di Elliot, che amava leggere questo romanzo, abbia provato a riscattarsi, condannando la sua mostruosa colpa. Sappiamo, però, che quella resurrezione ha intimamente attraversato Elliot fino a condurlo a questo momento. All’attimo in cui riconoscendo le proprie colpe ha deciso di non cedere all’ultima tentazione, quella di Whiterose.

Elliot, come Nechljudov, si è fatto carico delle colpe e delle pene degli uomini.

Ha sentito su di sé le terribili contraddizioni della società e le ipocrisie del mondo. Fuck society! Ha colto i danni del fanatismo religioso, tanto vituperato anche da Tolstoj. Fuck God! Ma lentamente, si è reso consapevole anche di quanto il cambiamento dovesse passare da sé stesso, perché, come afferma un grandioso Whiterose: “Proprio tu Elliot ti fregi di quest’odio come di una medaglia al valore“.

È vero. Elliot ha odiato gli altri per arrivare a scoprire di odiare sé stesso. Fuck me. Ma ora, adesso, nell’istante della croce, nell’attimo in cui Elliot sta per immolarsi, c’è qualcosa che lo salva. Qualcosa che vince l’odio e il dolore, la rabbia e l’orrore per quello che ha subito da parte di chi aveva di più caro. È qualcosa che Tolstoj ha eretto a fondamento della sua filosofia. Qualcosa che ci mette in moto e ci spinge ad andare avanti nonostante nel nostro animo ci sia una crepa. È ciò che Nechljudov coglie nell’istante fugace di uno sguardo inaspettato. L’amore.

Whiterose

E allora Fuck you! Fottiti, Whiterose! Si fotta la via d’uscita facile, la distruzione del mondo con tutte le sue brutture ma anche bellezze. Al diavolo l’idea di chi si è già arreso e non ha più la forza di lottare per questa realtà e questo uomo. Al diavolo tu che in nome dell’amore porti avanti un progetto di potere e autoaffermazione. Che vuoi imporre una scelta, quando invece, come ci urla il romanzo di Tostoj, sta proprio nella libertà l’amore autentico. Quel sentimento che “Non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta“.

Rinascere non significa distruggere la nostra identità, come vorrebbe Whiterose.

Far terra bruciata dei nostri errori e difetti. No, rinascere vuol dire rendere infuocate le ceneri che hanno corroso la nostra carne. Gli errori che hanno scandito la nostra esistenza. Perché da quegli errori, dalla loro accettazione e non dalla rimozione, possiamo rinascere come persone nuove. Così accade a Nechljudov, così a Katjuša. Così a Elliot Alderson.

Ma quella tentazione resta. Rimane lì, l’ultima tentazione di Cristo prima della morte e resurrezione. La via semplice, la scelta di rinunciare al sacrificio e al dolore per abbracciare una vita serena da uomo comune. Elliot si trova ora in quell’istante in cui il Cristo di Scorsese vive, nell’immaginazione di un istante, la scelta della rinuncia. Elliot è catapultato proprio lì, nella tentazione finale di un mondo in cui la serenità pare essere l’unica costante.

Mr Robot

In quella realtà alternativa il padre è vivo e lo stima. Elliot è il capo della Allsafe e Angela la futura moglie. Eppure, manca qualcosa. E manca qualcuno. Manca paradossalmente ciò che Elliot nella vera vita ha di più importante: Darlene, la sorella, espressione di quell’amore ostinato di cui il ragazzo parla a Whiterose. Manca l’amore. L’amore più vero, quello temprato dai rifiuti, dalle delusioni, dagli attacchi dell’odio.

Quella vita non è diversa dal mondo comedy della 2×06.

Non è diversa dalla visione che ha Elliot nella 1×04 di Mr Robot, quando gli appare Angela in abiti da sposa. Questo mondo, come i precedenti che si era immaginato, e in cui Elliot è solo una versione convenzionale di sé stesso, è nient’altro che la proiezione di desideri.

Il desiderio di una vita tranquilla. Una vita in cui ha tutto ciò che intimamente desidera: capacità di socializzare, affermazione professionale, felicità sentimentale e familiare. Quotidianità. Quella routine che Elliot ha cercato, in maniera fallimentare, già in avvio di seconda stagione. Quando affermava: “Potresti pensare che questa non sia vita. Ma perché no? Ripetere le stesse cose ogni giorno, senza pensarci: non è quello che fanno tutti? Premere il tasto repeat. Non è così che ci si sente a proprio agio? Nella monotonia?“.

Elliot

E allora ecco che il tempo si cristalizza, fermo alle 11.16, l’orario mostrato dalla sveglia dell'”altro” Elliot. L’ora che appare di nuovo, identica, quando il ragazzo arriva alla Allsafe. Lo stesso orario dell’orologio alle spalle di Elliot, poco prima dell’incontro con Whiterose. Proprio quell’ora che era già apparsa, e da noi scelta come copertina della recensione, nel terzo episodio di questa stagione di Mr Robot. Si trovava indicata dall’orologio di Whiterose a precedere il momento in cui il potente ministro cinese avrebbe per sempre perso il suo amore, divorato dal tempo sprecato.

Le 11.16: l’orario in cui tutto poteva ancora essere, prima che ogni felicità naufragasse dal peso della colpa.

In quell’istante si condensa la fantasia di Whiterose di riavvolgere il tempo. L’irreale idea di poter scegliere di diventare qualcun altro. In quell’istante, nell’ultima tentazione, è trascinato Elliot e prima di lui Angela. La musica, dal rock tambureggiante degli Afterhours, passa al pop dance degli OK Go con Turn Up the Radio mentre le luci si spengono e la radio va a mille perché “Voglio perdermi stanotte“.

Ma “Qualcosa deve essere sbagliato quando tutto è giusto“, rivela la canzone. Noi lo sentiamo. Percepiamo questa falsità. E forse la percepisce anche Tyrell che pare conscio di essere rinchiuso in una gabbia di apparenze. La routine diventa così loop, eterno ripetersi. Questa realtà alternativa diventa rifugio protettivo da ogni timore, fuga dalla sconvolgente incertezza del mondo. Da ogni orrore.

Elliot

C’è un mondo che muore alla mia porta“, intona Manuel Agnelli. “Il suo [di lei] Dio è morto, il suo tempo è scaduto“. Whiterose si trasforma, nelle note di White Widow, in una Vedova Bianca. In una donna che può solo compatirsi e piangere un tempo passato che non tornerà. Il mondo di plastica che si è costruito sta per crollare, Elliot sta per vincere la sua ultima tentazione. Sta per rinascere davvero. Non in un mondo nuovo, ma nell’unico mondo in cui ci è concesso vivere.

In un mondo fatto di orrori indicibili, di odio, guerre e lotte di potere.

Ma in cui pure il dolore può essere una forza. In cui, dal freddo asfalto, un piccolo germoglio continua a crescere, ostinato e insensato. Attaccato, calpestato, piegato. Eppure, ancora vivo. Ancora lì. A ricordarci che la debolezza può essere forza, la più autentica, combattiva e disperata forza. Quel germoglio ci definisce nella nostra essenza più profonda. Quel germoglio è in noi e in Elliot. In chi prende improvvisamente la decisione di non odiare più. Di farsi fautore della cosa più reale che sperimenteremo mai nella nostra vita: l’amore. L’unica verità che non accetterà mai di piegarsi alle nostre fantasie e a mondi di carta privi di dolore. Privi, perciò, di speranza.

“Continuano a dirci che non c’è più via d’uscita. Eppure resistiamo. Ci spezziamo ma non ci fermiamo. E non è un difetto: è quello che ci rende noi stessi. Perciò no: non intendo mollare con questo mondo. E se non riesci a capire il perché, allora parlo a nome di tutti nel dirti: FOTTITI!”

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