ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler sulla serie tv Marvel Ironheart

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Dopo avervi parlato delle prime tre puntate andate in onda settimana scorsa, adesso è ora di ragionare sulla seconda parte di Ironeheart. Le tre puntate che conducono al finale della serie tv Marvel, in onda come di consueto su Disney+. Un epilogo decisamente inatteso, che spalanca le porte all’ingresso nell’MCU di uno dei supervillain più forti dell’intera produzione della Casa delle Idee. Stiamo parlando di Mefisto (potete approfondire qui la sua storia editoriale). La riscrittura del Diavolo evidentemente ispirata al Mefistofele del Dottor Faust di Cristopher Marlowe.
Il personaggio è interpretato da Sacha Baron Cohen, all’esordio nell’MCU con un ruolo decisamente pesante. Nel finale, come abbiamo visto, il suo Mefisto convince Riri a stringere un patto con lui, condannando – forse – la ragazza a una dannazione eterna. Senza concentrarci troppo sul futuro, però, andiamo a parlare di cosa abbiamo visto in queste tre ultime puntate di Ironheart, andando a stilare anche un giudizio complessivo sulla serie tv che mette la parola fine alla controversa fase 5 del Marvel Cinematici Universe.

Più Riri che Ironheart: un’eroina più umana che super
L’aspetto più interessante che fuoriesce da questi ultimi tre episodi di Ironheart è l’ottimo lavoro condotto sull’aspetto psicologico della protagonista. Riri ci viene mostrata nella sua forma più umana possibile. Al netto del cervello geniale che l’ha portata a crearsi un’armatura iper tecnologica. Ci viene presentata in tutte le sue fragilità. Nelle sue ansie. Negli attacchi di panico. In tutte le difficoltà che vive nel cimentarsi in una vita particolarmente complessa.
Più umana che super. A malapena un’eroina. Riri Williams è un personaggio molto ben sfaccettato, al centro di un lavoro interessante che non di frequente abbiamo visto nell’MCU. La Marvel ha finalmente saputo sfruttare il format seriale per portare in scena personaggi più dimensionali e approfonditi. Un lavoro favorito anche dalla prospettiva narrativa scelta. Un racconto più intimo e familiare, che cui ha ricordato un po’ le modalità espressive di un’altra serie tv tutto sommato riuscita come Ms Marvel.
E questa prospettiva più intima ci porta all’aspetto sicuramente più riuscito dell’intero lavoro di costruzione del personaggio. Vediamo tutte le difficoltà che ha Riri nell’elaborare il trauma vissuto. Nel superare la morte della sua migliore amica. La giovane si rifiuta di fare i conti con ciò che ha vissuto e finisce per pagare a caro prezzo questa sua chiusura. Il patto con Mefisto è figlio proprio di questa incapacità di elaborare la morte di Natalie. E questa deriva mostra come il rifiuto di affrontare il trauma possa avere conseguenze molto negative.
Un racconto zoppicante che non sostiene l’ottimo lavoro sui personaggi
Al netto dell’ottimo lavoro fatto su Riri – e come vedremo presto anche su diversi altri personaggi – Ironheart non riesce a coniugare alla caratterizzazione dei suoi protagonisti una trama di livello. La storia è un po’ piatta. Viene retta più che altro dalle individualità che si susseguono in scena. Alcune meccaniche che regolano l’incedere narrativo sono davvero troppo semplicistiche. Il guizzo principale è sicuramente il finale, col patto tra Mefisto e Riri. Per il resto l’arco più interessante è forse quello che vede come protagonista Zeke Stane, la cui parabola vive quantomeno alcuni colpi di scena inattesi.
Per il resto tutto scorre via senza troppi sussulti. Non vengono commessi errori grossolani – ed è già un bene considerando alcune serie tv del passato dell’MCU – però sicuramente con i presupposti creati si poteva fare di più sotto il versante narrativo. La fortuna della serie tv risiede nel fatto che l’impatto dei protagonisti riesce a mascherare queste incertezze del racconto.

I personaggi secondari: chi ha funzionato e chi no
Di Riri abbiamo parlato, ma ci sono diversi altri protagonisti che si sono riusciti a prendere la scena in Ironheart. Il citato Zeke Stane, ma anche Hood, villain davvero interessante soprattutto – un po’ come per Riri – nella sua dimensione umana più che in quella sovrannaturale dei suoi poteri. Anche se si è visto poco ha immediatamente convinto il Mefisto di Sacha Baron Cohen. Infine un plauso particolare va al personaggio di Natalie, vero e proprio catalizzatore di tutte le questioni intime e personali che concorrono a delineare il complesso personaggio di Riri.
D’altro canto convince molto meno la squadra di Hood. Tutti, senza alcuna esclusione. Siamo di fronte a personaggi un po’ anonimi, tanto che la loro uscita di scena non lascia praticamente nulla. Rimandata, invece, Zelma Stanton, personaggio secondario dei fumetti che invece potrebbe ritagliarsi un ruolo interessante nell’MCU. Per quel poco che si è vista ha mostrato delle potenzialità, non convincendo però sino in fondo.
La duplice natura di Ironheart
Una cosa che invece ha funzionato tantissimo in Ironheart è la simbiosi tra la componente ipertecnologica e quella magica. Due vocazioni quasi opposte, che invece funzionano alla grande in questa inattesa sovrapposizione. La dimensione magica ha preso piede soprattutto in questa seconda parte, coniugandosi al meglio con tutto quel comparto tecnologico che è sempre rimasto vivo sin dal primissimo istante. Questa duplice natura ha finito per fornire un’identità ben precisa alla serie tv. Un bel risultato, anche questo non scontato vedendo i lavori del passato.
Insomma, cosa ci rimane di Ironheart dopo questi tre episodi conclusivi? La scena finale è volutamente di grande impatto. Al solito quando si parla di MCU. Considerando però come di frequente cambino i piani nella Casa delle Idee, è difficile dire quanta importanza avrà per il futuro. Potenzialmente tanta. Già il solo ingresso in scena di Mefisto è considerevole. L’instabilità di una risorsa come Riri inoltre può davvero essere fondamentale per eventuali scontri. Tuttavia non abbiamo idea di come proseguirà la macro-trama dell’MCU. Nè se Riri tornerà in qualche progetto futuro (anche se immaginiamo possa farlo almeno per Avengers: Doomsday). Ad ogni modo meglio non perdere troppo tempo a immaginare un avvenire di cui al momento sappiamo pochissimo.
Relativamente a ciò che abbiamo visto, Ironheart è una serie tv tutto sommato godibile. Si percepisce la bontà del lavoro fatto, nonostante alcune criticità siano ben presenti. Il racconto scorre però e non si può fare a meno di appassionarsi al destino di Riri, come detto caratterizzata con ottima cura. Una sufficienza larga, in fin dei conti. I miglioramenti sul fronte seriale non sono finora all’altezza di quelli sul grande schermo (potete recuperare le recensioni di Captain American: Brave New World e Thunderbolts*, i due film dell’MCU usciti nel 2025 che ci hanno finalmente convinto) però la strada sembra poter essere quella giusta. Leggete anche la classifica dei 10 migliori finali della storia dei film Marvel.