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Echoes – La Recensione dell’improbabile drama con Michelle Monaghan

Due gemelle, un segreto. Il 19 agosto è arrivata su Netflix una miniserie drammatica interpretata da una bravissima e convincente Michelle Monaghan (Messiah, True Detective). Anzi, due bravissime versioni della stessa attrice. La miniserie australiana di sette puntate, infatti, racconta la storia di Leni e Gina McCleary, due sorelle gemelle monozigote che condividono un segreto: sono solite scambiarsi da quando sono bambine. Il risultato di questo continuo scambio di identità, e di vite, rischia però di venire compromesso il giorno in cui una delle due gemelle scompare. Creata e scritta da Vanessa Gazy, che è anche co-produttrice esecutiva insieme a Brian Yorkey, Quinton Peeples e Imogen Banks, e prodotta da That Kid Ed Productions (13 Reasons Why) ed EndemolShine Banks Australia, la storia presenta diversi elementi accattivanti, ma non sa bene come tenerli insieme. Le riprese si sono svolte prevalentemente a Wilmington, in North Carolina (USA) e ad affiancare Monaghan troviamo Matt Bomer nei panni di Jack Beck, Daniel Sunjata in quelli di Charlie Davenport mentre Ali Stroker è Claudia McCleary e Karen Robinson è la sceriffo Louise Floss. La doppia interpretazione dell’attrice protagonista, le premesse stuzzicanti e il cast sembrano succulente. Se non fosse che l’esordio è forse una delle partenze meno incoraggianti possibili per un drama psicologico. Perciò se non avete ancora visto Echoes, non proseguite la lettura perché seguiranno una cascata di SPOILER.

Storia interessante, se avete la pazienza di aspettare cinque puntate!

Michelle Monaghan

Dopo Clickbait, Pieces of Her e Keep Breathing, Netflix ci riprova con un nuovo drama psicologico dai risvolti thriller. Una nuova sfida seriale che promette tensione e colpi di scena e che salpa con un cast preparato e una trama a cui non si può dire di no. La partenza, però, fa venire voglia di abbandonare la nave a partire dalla prima puntata intitolata Home. Non sappiamo voi, ma per quanto ci riguarda, almeno fino all’inizio della quinta puntata – intitolata Gina – non ci stavamo capendo nulla. E non perché la trama fosse intricata come quella di Westworld oppure presentasse troppe parentele da ricordare come Dark. No, semplicemente perché quanto stava accadendo non aveva senso. Perché Gina ha deciso di fingersi Leni? Oppure Leni è Gina? E quando si sono scambiate? Perché si comporta in maniera così sospetta? Perché suo marito Charlie sembra un automa? Le domande sono state davvero tante. Se non fosse stato per la bravura di Michelle Monaghan e perché volevamo sapere dove volesse andare a parare Echoes, avremmo interrotto la visione nel momento in cui Leni, o Gina?, urlava il nome di sua figlia Mathilda “Mattie” (Gable Swanlund) dopo la festa di compleanno. Noi, però, siamo curiosi per natura e abbiamo continuato la visione. In effetti ne è valsa la pena perché a partire dal quinto episodio tutto inizia ad avere senso e, ammettiamolo, ci abbiamo preso anche gusto. Peccato, però, che poi arrivi una sesta puntata inutile e il finale aperto che sì, ci aspettavamo a partire dalla stessa quinta puntata.

Echoes racconta la storia di una sorella gemella, Leni, che ha avuto un trauma infantile (ha visto suo padre affogare la madre malata di cancro nella vasca da bagno) e da lì, per varie ragioni psicologiche che non staremo nemmeno ad analizzare, ha sviluppato un atteggiamento pericoloso. Così dopo aver spinto Claudia, la sorella maggiore, giù da un luogo dove i bambini non dovrebbero nemmeno giocare, ha iniziato a manipolare l’altra gemella, Gina. Cioè quella che all’inizio credevamo fosse cattiva. Poi abbiamo creduto fosse Leni, poi ancora Gina, poi di nuovo Leni. E così avanti fino alla benedetta quinta puntata in cui – forse anche gli sceneggiatori cominciavano a soffrire i tira e molla, i flashback, le cicatrici sulla guancia e lo sciogli i capelli/fai la treccia – hanno vuotato il sacco, spiegandoci tutto come se avessimo cinque anni. Perché sapevano che solo così avremmo capito a che gioco perverso hanno giocato le gemelle per almeno 25 anni. Anzi, da dieci anni, cioè dalla nascita di Mattie, quando da adulte hanno iniziato seriamente a scambiarsi vita, lavoro e mariti.

Un anno per uno non fa male a nessuno.

Echoes

La vicenda si apre con la scomparsa di Leni (invece è Gina), la quale torna a casa per capire cosa è successo a sua sorella. I primi quattro episodi ruotano intorno alla scomparsa della donna, ma sono superflui. Forse la colpa è delle lacune narrative, forse dell’ingenuità dei dialoghi o forse del desiderio di confondere (troppo) le acque per poi scioccare lo spettatore con un susseguirsi di colpi di scena. Bastava un solo segreto: lo scambio! Invece gli sceneggiatori hanno complicato tutto con il debito di Jack, i ladri di cavalli, i flashback della vasca da bagno e l’incendio della chiesa (e le scene di sesso). Inutili. Davvero: è possibile saltare a piè pari quattro puntate, un po’ come si fa con Beautiful. Tanto la quinta offre l’episodio più esplicativo delle serie tv. Nemmeno gli sceneggiatori di Boris avrebbero osato tanto.

Ad ogni modo, se avete perso dei passaggi, cercheremo di ragguagliarvi sui punti salienti. Leni e Gina sono gemelle: su questo siamo tutti d’accordo. Leni vive in campagna, in Virginia. Alleva cavalli insieme a suo marito nonché fidanzatino del liceo, Jack. L’altra gemella, Gina, invece, vive a Los Angeles insieme al marito terapista, Charlie, e fa la scrittrice. In realtà si è limitata a mettere su carta la sua pazza, pazza, pazza vita da gemella. Leni è gelosa di Gina e anni prima ha già provato a separarla dal suo vero amore, Dylan, provocando un incendio al fine di accusarlo (ma ha perso un ciondolo). La storyline dell’incendio… boh. Comunque, le due gemelle restano incinte nello stesso periodo, ma Gina perde la bambina. Leni mette al mondo Mattie, ma va incontro a una depressione post-partum. Così Leni propone di scambiarsi affinché Gina possa crescere Mattie in serenità. Lo scambio, però, diventa un’abitudine annuale. Quindi una volta all’anno, il giorno del loro compleanno le gemelle si scambiano per vivere ciascuna la vita dell’altra.

L’improbabilità non è il problema di Echoes.

Echoes

Lo scambio, il rapporto morboso tra sorelle gemelle, il trauma infantile e il desiderio di Gina di riappropriarsi della propria vita sono elementi stuzzicanti e perfino plausibili. Il problema di Echoes è piuttosto come questi vengono sviluppati. Un calderone confuso di eventi che non portano a nulla. Alla fine il padre muore d’infarto, ma le sorelle non chiamano l’ambulanza per paura di non essere credute. Dylan viene ucciso da Leni (anzi, si suicida perché non avrebbe dovuto estrarre il coltello dal fianco). Leni cerca di incolpare Gina, la quale alla fine si getta dalla cascata per essere finalmente libera. Invece sopravvive. Sopravvive? Davvero, questa è una domanda. Lo intuiamo, forse, dalle parole che l’assistente di terra dice a Leni al momento dell’imbarco e dalla tipa con il cappello all’anteprima del libro.

Dopo uno sviluppo incerto e dubbioso, Echoes ci lascia con l’ennesimo dubbio: chi delle due gemelle sta bevendo un drink con Charlie? Purtroppo neanche la sottotrama thriller è facilmente comprensibile. Vogliamo parlare del DNA: i gemelli omozigoti non dovrebbero avere lo stesso DNA, ma impronte digitali diverse? E dell’accusa di poligamia avanzata dalla sceriffo che non sussiste? Oppure delle decine di imprecisioni che non fanno altro che ricordarci che stiamo ascoltando una storia avvincente, ma a tratti insensata?

Charlie: il vero mistero

Daniel Sunjata

Insomma Gina non è la sorella cattiva, ma è stata manipolata da Leni. Ma nemmeno Leni è cattiva: vuole avere la sorella gemella tutta per sé e fa cose brutte perché ha subito un trauma. Accontentiamoci però del vero eroe della storia: l’automa-marito-terapista Charlie, interpretato da Daniel Sunjata (Manifest, The Stand). Prima si sposa con una sua paziente, Gina. Poi accetta di essere coinvolto in un gioco perverso di scambi che, come psicologo, dovrebbe interrompere. Invece, da marito davvero troppo comprensivo, sebbene abbia sgamato tutto da anni, sta al gioco perché le ama entrambe; e intanto prende appunti. Charlie, lo sapevamo che alla fine ci avresti scritto un libro su questa vicenda. Bastava ammetterlo sin dall’inizio anziché dire che le ami entrambe. Già! Echoes ha sprecato davvero tutto il suo potenziale. La scrittura, poi, è troppo approssimativa e il montaggio confonde le idee (non di proposito) rendendo la trama troppo contorta. L’unica vera nota di merito è l’interpretazione di Michelle Monaghan che – soprattutto nella stanza dell’interrogatorio – ha dimostrato delle capacità istrioniche lodevoli.

Echoes non è riuscita nei propri intenti, e non siamo i soli a pensarlo. The Guardian, Variety e altre testate internazionali di prestigio non sono state particolarmente generose nelle valutazioni. Dopo Keep Breathing, possiamo affermare che Netflix ha perso un’altra occasione d’oro. Anche in questo caso, si tratta di una vicenda con un potenziale enorme, un cast all’altezza delle premesse e una resa dignitosa, capace di regalare anche qualche fugace momento di tensione. Eppure tutto questo non basta a renderlo un drama psicologico all’altezza delle aspettative, del cast e delle altre produzioni Netflix.

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