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Quale miglior modo per lasciarsi l’estate alle spalle e tuffarsi nelle atmosfere decadenti e cupe dell’autunno (mantenendo però comunque alto il morale) che vedendo una serie norvegese che rilegge in chiave norsk humor il mito dei vampiri? Post mortem – Nessuno muore a Skarnes è la serie giusta per trascorrere un pomeriggio a casa, magari mentre fuori cade la prima pioggia autunnale (o di fine estate, se volete vedere il bicchiere mezzo pieno). Se invece siete dei puristi del noir nordico e cercate una serie che vi rinfreschi in questo scampolo di estate con le sue ambientazioni glaciali, Trapped è quella giusta.

Non aspettatevi teen drama intriganti con creature pallidissime: il punto di forza di Post mortem – Nessuno muore a Skarnes è proprio trapiantare le creature non morte e assetate di sangue in mezzo a noi, in un piccolo villaggio norvegese, troppo piccolo perché un’agenzia di pompe funebri possa prosperare, perché nessuno muore a Skarnes.

Il che è un problema se ti chiami Live Hallangen e tutta la tua famiglia è impiegata, con scarso successo vista la carenza di morti, nel ramo dell’estremo saluto, al punto che tuo fratello Odd salta giù dal letto felice come una pasqua appena gli comunicano che qualche vecchietto all’ospizio è passato a miglior vita.

Post mortem – Nessuno muore a Skarnes (640×360)

Post mortem – Nessuno muore a Skarnes si apre, com’era da aspettarsi, con una morte: proprio quella della protagonista Live, che viene trovata inspiegabilmente senza vita in un campo e portata subito all’obitorio. Lì, però, si risveglia improvvisamente, tra lo sgomento degli unici due poliziotti di Skarnes, Judith e Reinart, che l’hanno ritrovata (una coppia incredibilmente bene assortita che garantirà parecchie risate nel corso della serie) e il sollievo del fratello, che aveva già allestito il suo funerale.

Ma la notizia della resurrezione miracolosa di Live non è affatto buona, perché da quando si sveglierà per la ragazza sarà cambiato tutto: la sua sete di sangue diventerà però anche un’inaspettata benedizione per la ditta di famiglia, in crisi vista la carenza di decessi del piccolo paese. Live, infatti, è un’infermiera che lavora presso l’ospizio locale e il contatto con gli anziani, gli unici candidati a trapassare in un paesino di 2000 anime, diventerà fonte di dilemmi morali per lei e di affari d’oro per il fratello, che finalmente vede un futuro roseo per la ditta di famiglia.

L’unico a non sembrare affatto contento della resurrezione miracolosa della ragazza è il padre di Live, Arvid, che intravede per primo il cambiamento profondo nella figlia. Il rapporto tra i due, uno dei pochi elementi della serie che viene approfondito senza la chiave dell’humor, passerà dalla diffidenza al conflitto, in un’escalation che lascerà gli spettatori a bocca aperta.

Post mortem – Nessuno muore a Skarnes (640×342)

Nel passato di Live, infatti, è racchiuso un segreto che potrebbe spiegare ciò che le è accaduto e che motiverebbe anche l’atteggiamento sospettoso del padre.

Quando la polizia (o meglio, gli unici due agenti di Skarnes) comincia a indagare sugli strani fatti che si stanno succedendo nella cittadina, Live dovrà muoversi con estrema cautela per riuscire a soddisfare i suoi nuovi bisogni vitali e, allo stesso tempo, dare una mano al fratello, oberato dai debiti.

Se solo a Skarnes cominciasse a morire qualcuno in più…

Il punto di forza di Post mortem – Nessuno muore a Skarnes è proprio la commistione di successo tra humor nordico e genere horror, con una spruzzata di quotidianità che accentua le sfumature di irresistibile cinismo che avvolge questa serie. In questo prodotto norvegese i rapporti familiari sono centrali, anche quando non rispecchiano esattamente i cliché: la triangolazione tra Live, il fratello Odd e il padre Arvid è centrale ai fini della narrazione, così come il rapporto della protagonista con le altre figure che orbitano intorno alla sua vita nella cornice claustrofobica del piccolo paesino.

Una su tutte il poliziotto Reinart, segretamente invaghito di Live, che quest’ultima si ritroverà a dover sfruttare per depistare le indagini e che diventerà fondamentale sul finale di stagione, con una dinamica che fa pensare che i creatori Petter Holmsen e Harald Zwart abbiano già in mente un seguito per questa prima stagione, fino ad ora però non annunciato.

Post mortem – Nessuno muore a Skarnes (640×342)

Il vampirismo non è solo una nuova condizione di (non) vita in cui si trova Live: è anche una metafora della situazione economica disastrosa in cui versa la famiglia Hallangen, sommersa dai debiti ma comunque piena di risorse per andare avanti. Il fratello Odd, irresistibilmente imbranato e dolce ma determinato a risollevare l’azienda di famiglia, scoprirà di avere delle inaspettate doti di venditore: tutto pur di piazzare quelle bellissime e costosissime bare che darebbero una boccata di ossigeno all’impresa di pompe funebri.

Live, d’altro canto, dovrà imparare a continuare a vivere nonostante la sua nuova condizione: e forse c’è addirittura un voluto gioco di parole tra il suo nome e il significato che questo assume in lingua inglese. Non sarà facile coniugare una vita normale con la sete di sangue, ma bisogna imparare ad adattarsi e continuare a lottare per affermare il proprio diritto a vivere, anche nella diversità. Il vampirismo, in Post mortem – Nessuno muore a Skarnes, può essere letto anche come una metafora della diversità, in tutte le sue forme: nell’unicità di Live, che ha scelto di assistere gli anziani in una famiglia di agenti di pompe funebri e che con la sua incredibile vicenda rappresenta un grottesco e spaventoso inno alla vita.

La diversità è centrale in questa serie: nel personaggio di Judith, unica poliziotta nera in una comunità norvegese, nell’inettitudine piena di buon cuore di Reinart, nella cupezza e nel sospetto di Arvid, depositario della memoria storica della famiglia, dove ci nascondono le origini della spaventosa condizione della figlia.

Post mortem – Nessuno muore a Skarnes (640×407)

Nonostante tutto, la vita continua, anche quando finisce: questo è l’altro messaggio di Post mortem – Nessuno muore a Skarnes.

Ci voleva il pragmatico spirito norvegese per portare una serie come questa su Netflix, che fa ridere della morte e spaventare della vita. Ci ritroviamo a ridere istericamente come Odd quando riceve finalmente l’agognata telefonata che annuncia che qualcuno è morto: mors tua vita mea, dicevano i romani e non è mai stato più appropriato di così. Allo stesso tempo ci scorrono i brividi lungo la schiena quando realizziamo cosa siamo disposti a fare per proteggere la vita: è proprio vero che è dai vivi che bisogna guardarsi, non certo dai morti.

Nonostante alcune soluzioni narrative tutto sommato prevedibili, la serie scorre come il sangue, a fiumi e copiosamente: impossibile non divorarla tutta in un pomeriggio. La conclusione è sapientemente lasciata a metà tra l’aperto e il chiuso, per lasciare uno spiraglio a un seguito ma portando degnamente a conclusione un ciclo narrativo. Resta solo aspettare e vedere se Post mortem – Nessuno muore a Skarnes avrà un seguito che approfondirà le vicende della famiglia Hallangen o se si è trattato di un fugace sogno sanguinolento e nulla più.

Giulia Vanda Zennaro