Vai al contenuto
Serie TV - Hall of Series » Peaky Blinders » Peaky Blinders – A volte il finale più scontato è semplicemente quello migliore

Peaky Blinders – A volte il finale più scontato è semplicemente quello migliore

La morte, per Thomas Shelby, poteva essere quasi liberatoria. Giusta. In fondo intimamente cercata, per quanto sventata sul piano pratico in più e più modi, più e più volte. Raramente abbiamo avuto a che fare con un personaggio così ambiguo nel suo rapporto con la morte: Thomas Shelby ci è sembrato quasi ultraterrenoIl Diavolo, come lo rinomina suo cugino Michael – nel suo risultare inscalfibile a qualsiasi pericolo esterno, nel suo riuscire a scamparla sempre e comunque e senza difficoltà, come se fosse semplicemente impossibile fotterlo. Ma Thomas Shelby, dalla morte, ci è sempre sembrato anche incredibilmente attratto: da quella interiore, soprattutto.

Quando lo abbiamo visto puntare la pistola contro se stesso, quindi, su quel carrozzone che si affacciava a quell’immenso prato paradisiaco in cui sembrava aver vissuto i suoi ultimi giorni abbiamo pensato che sì, era giusto così. Era poetico così. E che per una volta, il finale più scontato, esattamente il finale che ci saremmo aspettati specie dopo le evoluzioni dell’ultima stagione di Peaky Blinders, era anche quello più giusto. Era tutto apparecchiato per un’uscita di scena impeccabilmente degna della narrativa di Thomas Shelby: l’ultima sigaretta accesa, il carrozzone messo lì a ricordarci chi era Thomas Shelby prima di diventare Thomas Shelby, il solito completo a far da contrasto, e a ricordarci appunto che Thomas Shelby era diventato Thomas Shelby, e sarebbe morto con addosso un vestito che era diventato anche un modo di esistere.

Thomas non avrebbe mai lasciato che la morte decidesse per lui il come e il quando, voleva avere potere decisionale anche sulla morte stessa. E la malattia diagnosticatagli era il perfetto pretesto per decidere di morire: il re dei Peaky Blinders era esausto già da un pezzo, e la morte di Ruby non aveva fatto altro che peggiorare la situazione.

Eravamo lì, in attesa di vedere la fine di Thomas Shelby e di salutare malinconicamente una delle migliori serie dell’ultimo decennio. Poi, il colpo di scena.

Peaky Blinders (1382×736)

Tommy vede sua figlia e si chiede se sia già morto. Ce lo siamo chiesti anche noi. Il lavoro degli autori nel non farci capire praticamente nulla di quel che stava accadendo negli ultimi minuti di serie è stato in questo senso egregio. Poi le cose si fanno più chiare.


“Non sei morto. Non sei neanche malato”

Quella di Ruby è una visione. Una visione atta a fargli capire che c’è qualcosa che non quadra, e che non è arrivato ancora il momento di morire. O più probabilmente è il cervello di Tommy che, come sempre – “Io ragiono, è questo quello che faccio. Cosicchè non debba farlo tu” disse ad Arthur nella prima puntata – ha lavorato in background ed è arrivato a capire che qualcuno lo stava fottendo e questo non era possibile, perchè non si fottono i Peaky Blinders. Tantomeno si fotte Thomas Shelby in persona.

Così Thomas scorge un foglio di giornale in mezzo alla legna bruciacchiata del fuoco che usava per scaldarsi, e scopre che il suo medico di fiducia che gli diagnosticò il tubercoloma era al fianco di Oswald Mosley, al suo matrimonio. E capisce che i suoi nemici hanno provato a far sì che lui si uccidesse da solo, perchè era l’unico modo per eliminarlo.

Quel che ne segue è un finale sorprendente, decisamente diverso da come ce lo aspettavamo: Tommy va a casa del suo medico con l’intento di ucciderlo ma infine rinuncia, torna verso il suo carrozzone ma lo vede bruciare. Così sfreccia via in sella a un cavallo bianco con un’immensa distesa di verde che gli si para davanti. Il futuro, in qualche modo, sembra molto più roseo di prima e lo stesso Thomas ci appare pronto a mettere in pratica i buoni propositi di cambiamento espressi in quello che pensava fosse il finale della sua vita.

Un finale che non è un finale, perchè come sappiamo arriverà presto il film conclusivo di Peaky Blinders. Ma siamo proprio sicuri sia la scelta giusta?

Peaky Blinders
Peaky Blinders (640×360)

Siamo sicuri di aver bisogno della redenzione di Thomas Shelby? Siamo certi che apporterebbe qualcosa in più al nostro sentire nei confronti di questo intensissimo racconto che è stato Peaky Blinders? E nel caso in cui invece, con un altro contro-colpo di scena ci fosse il ritorno del Diavolo, con Tommy pronto a riprendere in mano il suo Impero e vendicarsi di chi lo voleva morto, potrebbe aggiungere qualcosa alla narrazione?

La risposta è sempre no. Non siamo così convinti che un percorso di redenzione con Thomas sul cavallo bianco a fare semplicemente del bene, tentando per quanto possibile di rimediare ai danni fatti, pronto a usare il suo potere e le sue conoscenze per migliorare il mondo, possano aggiungere qualcosa alla sua epica, alla sua narrativa. Men che meno siamo convinti della possibilità di un Tommy che torna più badass di prima dopo tutto quel che gli è successo.

Forse Peaky Blinders doveva semplicemente arrendersi col suo protagonista: era l’epilogo più scontato, quello che tutti ci aspettavamo, ma in fondo sarebbe stato anche quello più corretto, quello più coerente con la parabola di un uomo totalizzante, per quanto apparentemente emotivamente apatico e via via sempre più anestetizzato dagli eventi e da se stesso. Un personaggio la cui guarigione interiore ci è in fondo sempre sembrata impossibile, ed era anche questo che lo rendeva così tremendamente affascinante e diverso da molti degli anti-eroi della serialità che abbiamo conosciuto.

Tommy ha perso tutto. Tommy ha vinto tutto. Tommy ha fatto tutto e ci ha dato tutto. E sinceramente, rimetterlo in pista in una probabile nuova versione di se’ non ci sembra la scelta più azzeccata. Una rinascita, seguita magari da una morte eroica, rischierebbe paradossalmente di sporcare l’identità di un personaggio che ha sempre fatto della consapevolezza dell’impossibilità di venire a capo di alcuni meccanismi tossici radicati nella sua personalità un punto di forza a livello narrativo, ergendolo a esempio da non seguire per eccellenza.

Tendiamo a lamentarci dei finali prevedibili, ma la verità è che a volte i finali prevedibili sono anche i migliori possibili. Quello di Peaky Blinders certamente lo era: intriso di poesia e maledizione, tristezza e malinconica simbologia, con tutti i tasselli al posto giusto e nessun rimpianto lasciato sul cammino. Il finale perfetto di una storia sbagliata.