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Paranoia Agent: il nemico è nella testa

Il termine Paranoia, dal greco παράνοια, indica una psicosi caratterizzata dallo sviluppo di un delirio cronico (di grandezza, di persecuzione, di gelosia), che non è associato ad allucinazioni e che non comporta deterioramento delle funzioni psichiche al di fuori dell’attività delirante. Da qui il titolo di questo articolo Paranoia Agent: il nemico è nella testa. Tsukiko Sagi viene aggredita con una mazza da baseball da uno squilibrato di cui la ragazza ricorda solo essere un bambino su pattini a rotelle e con indosso un cappellino da baseball. Le ricerche partono immediatamente anche se il sospetto che la ragazza abbia mentito sull’accaduto viene subito avanzato da uno degli investigatori. Giorni dopo altre persone vengono però colpite da questo maniaco, che viene soprannominato Shonen Bat, ed il misterioso ragazzino diventa una sorta di leggenda metropolitana.

Tale incipit ci porta a immergerci in una situazione in cui il timore per questo individuo sfocia in un delirio collettivo che arriverà a colpire tutti gli abitanti della Tokyo in cui si svolgono le vicende.

Paranoia Agent
Paranoia Agent (640×360)

Nella maggior parte degli anime ci si aspetta la presenza di un nemico da battere, se poi le vicende ci proiettano in un contesto thriller/poliziesco la ricerca di un emblematico antagonista farà risultare il tutto ancor più affascinante e stimolante. Ma è proprio qui che Satoshi Kon, autore e regista di questo piccolo capolavoro di 13 episodi, riesce a sorprenderci. Col progredire di Paranoia Agent arriviamo a scoprire l’imprevedibile segreto che si nasconde dietro a Shonen Bat, ovvero il fatto che quest’ultimo è solo frutto di un’invenzione della giovane Tsukiko. Kon colpisce dritto al punto con questa serie, puntando una lente d’ingrandimento sul fatto che l’uomo non possa e non voglia vivere senza paranoia, senza fatti sanguinolenti di cronaca nera su cui spettegolare (come avviene nel nono episodio). L’uomo non può vivere senza un criminale verso cui puntare il dito per sentirsi più buono e nel giusto. In caso contrario sprofonderemmo nella solitudine, nell’esclusione, e saremmo costretti davvero a guardarci nel profondo e fare i conti con le nostre vite, piene di sofferenze e peccati che non osiamo confessare per la paura di essere eletti a nuovi colpevoli, contro i quali la società sarebbe subito pronta ad accanirsi. Quindi preferiamo una fuga dal reale, nascondendoci in mondi fittizi (non a caso Maromi, mascotte creata da Tsukiko, emblema della finzione, diventa un fenomeno collettivo di successo), dove sono legittimi la deresponsabilizzazione e il distaccamento dai problemi reali. Proprio questi sono i temi che traspaiono durante la visione di Paranoia Agent e la giovane Sagi si fa emblema di questi sentimenti perché, tanto da bambina quanto da giovane adulta, cerca di non assumersi mai la responsabilità per le sue inadempienze.

Shonen Bat dunque non esiste realmente, è solo “un mostro generato dai nostri tempi” come afferma Inukai nell’undicesimo episodio, possiamo definirlo un palliativo dal momento che risulta, per Sagi e gli altri personaggi che a lei seguiranno, un ottimo escamotage per allontanare momentaneamente le pressioni e le aspettative che ricadono volta per volta su i protagonisti di ogni puntata. Ognuno di loro servirà a Kon per distruggere completamente uno spicchio della società giapponese: la scuola; gli alunni arrivisti e sempre in competizione per colpa della corsa alla carriera nipponica; i giornalisti assetati di scoop; la polizia corrotta che collabora segretamente con la yakuza; gli incontri organizzati sui forum per togliersi la vita. In tutto questo Shonen Bat funge da collante per tutto ciò che c’è di peggio nella società, è reale come l’odio, irreale come un mondo fatto di cartonati, è palpabile come l’indifferenza ed è surreale come un gioco di ruolo o un’ondata di psicosi collettiva. L’unico personaggio che si dimostra in grado di tener testa al misterioso aggressore è la moglie dell’ispettore Ikari: a lei è dedicato un intero episodio, che consiste in uno scontro psicologico frontale tra colei che guarda sempre in faccia la realtà, mettendo la coesione familiare prima di ogni cosa, e la malattia collettiva della società che s’ingrossa sempre più, senza tuttavia riuscire a colpire quel bersaglio che Kon inserisce come se si trattasse di una sorta di suo alter-ego, che invita lo spettatore a diventare meno cinico e più umano, sebbene in tale messaggio non manchi della sottile ironia, che lascia presagire il tetro eterno ritorno presente nel finale. Dopotutto, dal nichilismo dilagante non si può in alcun modo fuggire. Misae Ikari riesce a mettere in crisi Shonen Bat, affermando che egli è in tutto e per tutto simile a Maromi, entrambi sono mere illusioni, prodotti della mente umana che confondono le persone con la speranza di una facile salvezza. Lei non fugge, ma sopporta e affronta le sventure che la vita le pone davanti con animo paziente.

Davanti a una volontà così ferrea di rimanere legati alla realtà concreta e il rifiuto di qualsiasi forma di escapismo il ragazzo con la mazza da baseball non può far altro che desistere e sparire.

Paranoia Agent
Paranoia Agent (640×360)

Le ultime scene con le quali si chiude l’anime sono le medesime del suo inizio. Ci viene mostrata tutta la rassegnazione di Kon. Tutto è tornato come prima, la società non impara nulla da un fenomeno temporaneo come quello di Shonen Bat. Il personaggio di Maniwa, giovane detective che affianca Ikari ad inizio serie, sarà colui che nel finlae riuscirà a svelare la verità dietro al fenomeno di Shonen Bat. La sua espressione è incredula e disperata perché capisce che non c’è soluzione, Shonen Bat comparirà di nuovo, con un’altra forma e con un modus operandi differente, perché in conclusione in Paranoia Agent: il nemico è nella testa.