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Forse non tutti sanno che Zoe Saldana, la splendida protagonista femminile di franchise cinematografici da miliardi di dollari come Avatar e I Guardiani della Galassia, quando venne contatta da Taylor Sheridan per interpretare il personaggio di Joe in Operazione Speciale: Lioness, rilasciata questa estate su Paramount+, gli diede il benservito. Con una giustificazione più che valida, ovviamente, essendo affetta da disturbo da deficit di attenzione e dislessia.
Per me è sempre stato molto difficile imparare lunghi dialoghi per questo motivo preferisco interpretare film d’azione dove la fisicità ha il sopravvento rispetto alla recitazione. Quando Taylor Sheridan mi ha contatta spiegandomi di star scrivendo un personaggio pensando espressamente a me, mi sono sentita male. Conosco i suoi lavori e so che sono improntati sulla scrittura precisa, dettagliata, sulla complessità dei personaggi che si raccontano attraverso la parola. Non me la sentivo proprio, ho avuto paura di deludere lui ma soprattutto me stessa.”
Taylor Sheridan inviò la sceneggiatura del pilot all’attrice la quale ne rimase letteralmente affascinata. Il tarlo ormai era insinuato. E cominciò a rosicchiare le resistenze di Zoe Saldana, in quel momento impegnata in Italia a girare la bellissima e commovente miniserie From Scratch.
Continuavo a parlare a mio marito di quanto fosse bella la storia che mi era stata mandata da Taylor. Ne ero ossessionata. Tanto che a un certo punto lui mi ha detto di prendere il telefono, di chiamare lo sceneggiatore e di smetterla di parlarne“.

ll resto è storia. E che storia, ragazzi! L’abbiamo vista tutti questa estate, su Paramount+, e se non lo avete fatto è il caso che rimediate. Otto puntate distribuite settimanalmente che ci hanno letteralmente rinfrancato lo spirito nonostante la calura infernale. Puntate capaci di risollevare il morale a tutti quegli appassionati di spy stories che da qualche anno ormai, aspettano una nuova serie palpitante, con colpi di scena, sparatorie, attentati, tradimenti e cose così.
Un momento, un momento. Operazione speciale: Lioness non è questo. O meglio, non è solo questo. È molto di più. Proprio grazie alla scrittura peculiare di Taylor Sheridan, quella che tanto spaventava Zoe Saldana. Una scrittura capace di cucire addosso all’attrice statunitense un personaggio, Joe, davvero meraviglioso, tridimensionale, ricco di sfaccettature, capace di trasmettere emozioni concrete, forti, non importa se piacevoli o spiacevoli, se corrette o scorrette.
E di rimando un personaggio che l’attrice ha saputo interpretare alla grande calandosi nelle varie situazioni rappresentate in scena con professionalità, certo, ma non solo. Perché ci vuole talento affinché un personaggio femminile, in una spy story, sia in grado di uscire fuori dai soliti cliché interpretativi che la vedono dura come l’acciaio, incapace di spezzarsi e senza alcuna pietà.

Zoe Saldana
Operazione Speciale: Lioness, 640×360

Operazione Speciale: Lioness mette in campo tre donne speciali molto ben definite dall’autore. Ce ne sarebbero un altro paio ma preferiamo concentrarci per un momento su Cruz (Laysla De Oliveira), Kaitlyn (Nicole Kidman) e, appunto, Joe.
Di Cruz sappiamo molto: viene dalla strada, ha alle spalle una storia di violenza, di abuso, di dipendenza, sia psicologica che da sostanze. È stanca e non ha alcuna prospettiva di vita. Per lei non c’è futuro ma essendo una tipa tosta il futuro se lo crea. Finisce, per sfuggire alle botte del compagno, per arruolarsi nel glorioso corpo dei Marines restando però se stessa: sempre in competizione, sempre sul chi vive, al limite, pronta a crollare da un momento all’altro perché fragile e comunque sottoposta a uno stress diverso ma della stessa, annientante forza.
Di Kaitlyn sappiamo poco: è certamente ricca, o comunque sposata con un uomo ricco e potente capace di governare il mercato del petrolio secondo le sue necessità. È indubbiamente spietata ma leale, segue i protocolli ma riesce a chiudere un occhio quando occorre poiché il fine giustifica i mezzi.

In mezzo a loro c’è Joe. Tra poli opposti e irrimediabilmente condannati a non incontrarsi mai il personaggio interpretato da Zoe Saldana ha la funzione di anello di congiunzione. Perché Joe è un’agente della CIA con la funzione di reclutare altre donne per infiltrarle in Medioriente alla caccia dei terroristi. Conosce l’azione sul campo ma anche come si compilano le scartoffie. Sa valutare i pro e i contro nelle situazioni impossibili e, quando costretta, arriva a prendere decisioni estreme che la devastano quando finisce l’adrenalina. È un boss ma al tempo stesso è un sottoposto. Dispensa lavate di capo ai suoi subalterni e ne incassa quando gli alti papaveri non sono contenti.
Joe, però, non è soltanto un’agente operativa. A differenza delle altre due ha una famiglia (in realtà ce l’ha pure Kaitlyn ma in queste prime otto puntate viene soltanto accennata): un marito e due figlie di cui in piena adolescenza. E quando finisce una missione rientra casa appendendo i panni sporchi fuori dalla porta, sotto il pergolato, per indossare quelli puliti di madre e moglie. Ed è proprio in questi panni che Zoe Saldana dà il meglio di sé, senza ombra di dubbio.

Forse ancora sotto l’influenza del ruolo di madre e figlia interpretato in From Scratch, dove tra le altre cose parla un italiano quasi perfetto, Zoe Saldana chiusa la porta di casa prova a isolare il brutto mondo che è solita frequentare per tuffarsi in quello che dovrebbe essere rosa e fiori di casa sua. Dovrebbe essere.
Il marito, Neal (intepretato da Dave Annable), è un chirurgo oncologo pediatrico e in una scena viene aggredito da un genitore al quale ha appena dovuto dire che la figlia è condannata da un male incurabile; la figlia maggiore, Kate (interpretata da Hannah Love Lanier) è in piena adolescenza per cui si permette di rispondere male e salire le scale di corsa e sbattere la porta dell propria stanza così da dimostrare l’offesa che prova verso il mondo; e Charlie (interpretata da Celestina Harris) che dimostra tutta la spensieratezza dei suoi otto/dieci anni non capendo perché in casa propria si respiri, quando c’è la mamma, un’aria così pesante.
Neal, Kate e Charlie sono estranei per Joe. Il loro mondo viene interrotto da rientro della donna la quale, per altro, vive in perenne stand by, col telefono sempre acceso, pronta a ripartire quando il dovere chiama.
Joe prova a infilarsi nella loro routine per cercare di riavvicinarsi e riprendere il discorso là dove si era interrotto prima della missione precedente. Ma non ci riesce: la famiglia non è la Siria e le figlie non sono terroristi.
Così le reazioni di una madre e di una moglie, seppur celate da un addestramento pesante, traspaiono e la frustrazione, alta e palpabile, viene sfogata attraverso una gestualità stizzita e un silenzio pesante, quasi di auto condanna.

Taylor Sheridan è bravissimo nel fornire a Zoe Saldana momenti fortemente intensi. Due delle scene più intense l’attrice le ha con le due colleghe più piccole. La prima in ospedale, quando Kate è uscita dalla sala operatoria dopo aver rischiato la vita (e perso un figlio). La madre è accanto al letto della figlia maggiore aspettando che si risvegli. Sul volto dell’attrice c’è la giusta apprensione. Rabbia, paura e gioia sono facilmente leggibili nelle rughe della fronte. Le due hanno si scambiano un intenso sguardo. Kate è distrutta e cerca nella madre, che fino a un attimo prima rifiutava e stuzzicava, un abbraccio nel quale rifugiarsi con la speranza che sia stato tutto un brutto sogno. Zoe Saldana la accoglie, certamente. Trattandola però da adulta e responsabilizzandola. Il tono delle sue parole, soprattutto nella versione originale, è morbido e rassegnato. Ha la consapevolezza che quella che è di fronte a sé non è più una semplice bambina, la sua, ma è diventata adulta, nella peggiore delle maniere: con la sofferenza. Una sofferenza che lei, come madre, avrebbe voluto evitarle e che adesso utilizza, saggiamente, per creare una nuova relazione. La paternale materna è di quelle che chiudono e non lasciano scampo. Joe si assume le sue colpe, certamente, ma al tempo stesso pone la figlia di fronte alle proprie. E da questo scambio così denso ne usciranno entrambe diverse, più consapevoli ma forse più distanti.

Zoe Saldana
Operazione Speciale: Lioness, 640×360

La seconda scena avviene sulle scale di casa. Kate è tornata dall’ospedale e, nella sua nuova veste di adulta è piuttosto in difficoltà. Nell’incidente ha perso anche la sua più cara amica e sta elaborando il lutto. Il padre è contrariato perché i suoi metodi educativi, piuttosto tolleranti e indulgenti, hanno fallito. La figlia maggiore lo ha deluso ma il dolore che prova è quello del proprio insuccesso. Tutti piangono. E Charlie, la più piccolina, che è appena stata scacciata dalla stanza della sorella, se ne sta seduta sulle scale, in lacrime.
Joe siede accanto a lei chiedendole come mai pianga. Ecco, c’è un momento di silenzio nel quale la risposta è già scritta. Ed è la più semplice: “perché tutti piangono e io non capisco perché“. Charlie non comprende (anche perché non è stata informata appieno dei fatti) il dolore che tutti provano, così forte da farli piangere. Ma sente che c’è qualcosa che non va e, con l’empatia dei bambini, si accoda alla commozione.
La madre le sorride dolcemente, l’abbraccia e la consola. In silenzio. In quell’abbraccio muto Zoe Saldana riesce a trasmettere allo spettatore la fragilità di una madre che, magari sul campo da guerra sarà anche uno schiacciasassi, ma che di fronte al pianto della figlia non ha null’altro che la resa senza condizioni.

Il tormento che la donna porta con sé è palese negli sfoghi che ha verso il marito. Ma per analizzarne uno, quello più rappresentativo del loro rapporto di coppia, occorre inquadrare Zoe Saldana mentre esce di casa, armi e bagagli. Non appena varca la soglia per andare in missione la donna si trasforma. Il volto diventa una maschera e lo sguardo fa intuire la forte concentrazione che la proiettano in azione.
Mentre si trova su una barca, nel Mar Mediterraneo, con la tenuta tattica e pronta a esfiltrare Cruz rischiando la propria vita riceve la telefonata del marito. Una scena prima Kate si è svegliata urlando, nel bel mezzo della notte e Neal è corso a consolarla. L’uomo ha bisogno di aiuto e non sa a chi rivolgersi così chiama sul satellitare la moglie che si trova a migliaia di miglia di distanza.
Lei non la prende bene. E lo aggredisce. Verbalmente perché non può fare di meglio anche se il suo corpo si contorce tutto per trattenersi dallo spaccare ogni cosa a portata di mano. La violenza verbale con la quale liquida il marito è più brutale dello scoppio di una granata. Non è la moglie che risponde a quella chiamata. Non è nemmeno la madre. Non c’è la banale mortificazione di trovarsi impossibilitata ad aiutarlo per colpa del lavoro. No. È la professionista che vede invadere i suoi spazi in un momento particolarmente delicato di una missione. È l’agente segreta che non ha tempo e che non esiste per i suoi cari.
Nell’interpretazione di Zoe Saldana non c’è rimpianto, non c’è difficoltà. C’è solo il qui e ora rappresentato dalla sua concentrazione spezzata da una da una telefonata che rischia soltanto di intralciare la missione, deconcentrandola. Tanto che Kaitlyn, presente anche lei sulla barca, dovrà richiamarla all’ordine ben due volte per esser certe che nulla sia compromesso.

Zoe Saldana è perfetta per il ruolo di Joe. E viceversa. Personaggio e attrice si fondono meravigliosamente bene dando vita a una eroina che nella sua imperfezione è portentosa. Forse, persino meglio della Claire Danes della prima stagione di Homeland che, seppur eccezionale, non era ancora completa.
La Joe interpretata Zoe Saldana non perde mai la rotta e le deviazioni che compie lungo il suo percorso non sono altro che un aiuto ad arricchirla. Certo, questo personaggio è frutto della mente di uno sceneggiatore fuori dal comune. Ma è chiaro che nella scrittura il cowboy dalla penna d’oro abbia tenuto conto dell’incredibile capacità attoriale della sua musa ispiratrice.
Quando Zoe Saldana telefonò a Taylor Sheridan un anno dopo il rifiuto, temeva che il casting per Operazione Speciale: Lioness fosse già stato effettuato: “non pensavo di poter prendere parte a un progetto basato sul testo e su una scrittura così articolata e complessa come quella di Taylor Sheridan. Ma volevo quel ruolo con tutta me stessa. Anche perché avrei potuto raccontare la storia di tutte quelle donne e quegli uomini che ogni mattina si alzano, lasciano i propri cari e si dedicano ad aiutare il prossimo garantendo salute e sicurezza“.
Per nostra fortuna lo showrunner le rispose che il progetto era lì, in attesa di lei. Ah, se non avesse richiamato! Avremmo sicuramente perso una grande interpretazione.
È proprio vero che una telefonata ti allunga la vita.