3) Inception

Inception non smette di girare da 15 anni, e quanto ci affascina il dubbio con cui Nolan – quel genio di Christopher Nolan – ci ha lasciati. Quella trottola, nonostante risposte più o meno razionali e logiche, non ha mai smesso di girare veramente (ma di questo ne parliamo qui). Tiene in vita l’intero sistema creato in Inception, un sogno dentro un altro sogno, a loro volta immersi in un ulteriore sogno. E questo è solo uno dei motivi per cui sarà saggio non limitarsi a guardare Inception una sola volta e poi lasciar perdere. Quell’unica visione non solo non basterà, ma servirà a ben poco. La prima visione vi fornirà le basi della storia, l’intento e l’obiettivo. La seconda sarà necessaria per comprendere le scene, l’azione, il piano ingegnoso e la complessa costruzione dei sogni.
Solo dopo più visioni, salvo rare eccezioni, si potrà avere un’idea più nitida del film. Ma questo non garantirà alcuna certezza sul finale: quell’aspetto è stato volutamente lasciato in sospeso per consentire al pubblico di assumere un ruolo attivo nella narrazione, scegliendo da sé il destino di quella trottola. Tuttavia, tutto questo rimarrà un caso isolato, un piccolo dettaglio in un’opera che incarna più di ogni altra cosa il concetto onirico, interpretando il sogno come metafora della mente e del modo in cui esso influenzi idee e creatività. Indipendentemente dall’interpretazione del finale o dello sviluppo, ciò che conta realmente in Inception è abbattere il confine tra sogno e realtà, suggerendo che l’unica cosa davvero significativa è ciò a cui si sceglie di credere.
Con un cast straordinario – con al centro talenti come Leonardo DiCaprio, Tom Hardy, Marion Cotillard e Cillian Murphy – Inception conquista 4 Oscar su 13 candidature e la gloria di un film che, fin dalla sua uscita, si è imposto come pietra miliare del cinema internazionale, diventando un cult imprescindibile da vedere almeno una volta nella vita (anzi, facciamo due: una potrebbe non bastare).
4) C’era una Volta a…Hollywood

Tra i migliori film da vedere su Netflix troviamo anche una vera e propria lettera d’amore al cinema firmata da Tarantino. Stiamo parlando di C’era una Volta a… Hollywood, l’ultima opera – fino a oggi – di Quentin Tarantino. Un omaggio appassionato, dichiarato già nel titolo, dove il “C’era una Volta” richiama i grandi capolavori di Sergio Leone come C’era una volta il West e C’era una volta in America. Con tre figure radicalmente diverse tra loro, Tarantino racconta tre storie distinte che esplorano altrettanti aspetti dell’industria cinematografica: Rick Dalton rappresenta il vecchio cinema, il suo stuntman Cliff Booth incarna una personalità fuori dal tempo, spavalda e libera, mentre Sharon Tate è la luce del futuro e del nuovo cinema. Ed è proprio su questo personaggio, interpretato da una Margot Robbie in stato di grazia, che Tarantino compie il miracolo, restituendo al film un potere quasi salvifico.
Che Tarantino si diverta a re-immaginare la Storia lo sappiamo da tempo. Alcune delle sue opere più celebri, come Bastardi senza gloria, si basano proprio su questo concetto: storie ucroniche che immaginano come sarebbero andate le cose se altre fossero andate diversamente. In questo caso, Tarantino rilegge il destino di Sharon Tate, l’attrice che nella realtà non ha avuto alcuna seconda possibilità, mentre nel film le viene concessa una nuova chance. Attraverso la metafora di Sharon Tate, Tarantino tenta di salvare il cinema classico, correggere la Storia e offrire una nuova opportunità.
Per questo motivo, la figura di Sharon Tate non solo è una delle più rilevanti all’interno della pellicola, ma rappresenta anche uno dei simboli più potenti dell’intera filmografia di Tarantino. Una metafora, uno strumento, un mezzo con cui non solo si prova a preservare il cinema classico, ma anche a restituire all’industria cinematografica quella pagina di purezza che ha perso, mostrando tutto ciò che è stato distrutto e che non potrà più tornare.






