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13 Reasons Why non è un teen drama, è una storia vera

Una giornata di sole. Non un giorno d’inverno, di pioggia, ma in una mattina soleggiata Hannah Baker (la protagonista di 13 Reasons Why) ha deciso di togliersi la vita tagliandosi le vene nella vasca da bagno di casa sua. Avrebbe potuto fare tante altre cose quella mattina. Una passeggiata, arrampicarsi su una rupe, allontanarsi da tutto per un po’, sparire. Ma ha deciso di fare la cosa peggiore di tutte, l’ultima pessima scelta della sua vita. E no, non era una ragazza in cerca di attenzioni.

Una persona non si uccide perché cerca attenzioni, lo fa per tanti altri motivi, ma non per questo. Hannah Baker era una persona estremamente sensibile, che non accettava che il mondo fosse così crudele. Era una persona fragile, e forse non abbastanza forte da riuscire a superare tutte quelle difficoltà. E non era nemmeno vigliacca, era solo stanca del dolore della vita. Ma è stata debole, perché non è riuscita a salvarsi da sola, e non è riuscita a cercare aiuto. Anche lei ha fatto i suoi sbagli, ma non sarebbe arrivata a tanto se gli altri non le avessero reso quegli anni un inferno.

Spesso non consideriamo la sensibilità delle persone, il modo in cui loro possono percepire un gesto, una parola, uno sguardo.

13 Reasons Why

Hannah ha preso quella decisione spinta da 13 motivi, tutti spiegati dettagliatamente nelle audiocassette che lascia come suo biglietto prima di morire. Cassette destinate proprio a coloro che hanno compiuto quelle azioni, e che l’hanno portata alla morte.

Queste 13 ragioni – alcune davvero poco importanti, altre estremamente gravi – non sono il vero motivo della morte di Hannah. Perché diciamolo, non è l’unica al mondo ad aver subito azioni di bullismo, insulti e battutine cattive (mettiamo da parte gli abusi). Noi siamo sopravvissuti a tutto ciò, siamo sopravvissuti a quegli anni infernali. Il motivo per cui Hannah non ce l’ha fatta è la mancanza di dialogo. Sia da parte sua che da parte degli altri. L’incapacità di comunicare, di dire ciò che si pensa davvero. Questo ha ucciso Hannah Baker.

La storia di Hannah Baker è una storia vera. Hannah Baker sono tutte quelle persone che non sono riuscite a superare le difficoltà, la cattiveria della gente, la delusione nel capire che il mondo in cui viviamo è crudele. Il suicidio di Hannah è reale, perché lei rappresenta tutte quelle storie non dette, di quelle persone che hanno preferito porre fine al dolore mettendo fine anche alla loro vita. Non stiamo parlando di una semplice Serie Tv. 13 Reasons Why non ha nulla di semplice. È una storia difficile anche solo da guardare, e che non lascia indifferenti. Soprattutto perché sappiamo che tutto ciò non succede solo in una Serie Tv.

Il periodo dell’adolescenza è forse il più complesso nella vita di una persona. L’essere umano sta crescendo, sta cercando di capire se stesso, e inizia ad affacciarsi al mondo degli adulti. Le cattiverie che si subiscono a quell’età sono amplificate, anche una semplice parola detta con malizia può ferire. Ed è questo che spesso dimentichiamo.

13 Reasons Why è una Serie che sconvolge, che fa riflettere. Anche se sappiamo fin dal primo momento che Hannah Baker è morta, abbiamo sempre la speranza che in qualche modo si sia salvata, che sia riuscita a combattere, a sopravvivere. Sappiamo che non è possibile, ma ci speriamo fino alla fine. E rimaniamo un po’ delusi nel vedere che non è così.

13 Reasons Why apre gli occhi a una realtà forse scomoda per molti, che continuano ad attaccare la Serie con frasi assurde come <<Incita al suicidio>>. Altri invece sono convinti che la visione della Serie debba essere obbligatoria nelle scuole (maggiori dettagli qui), per far comprendere come ci si sente quando si viene insultati senza motivo, e per provare ad accrescere la sensibilità degli studenti. Ma il problema non sono solo gli studenti.

13 Reasons Why

La Serie condanna anche il malfunzionamento degli istituti scolastici. E no, non si parla solo delle scuole americane. Hannah aveva dato un’ultima possibilità alla vita. E tutto dipendeva da Mr. Porter, psicologo della scuola. Lui non è stato all’altezza della situazione, non è stato in grado di prendere sul serio il dolore di Hannah, di aiutarla. E lo stesso succede con Mrs. Bradley, la professoressa che dopo aver letto un bigliettino anonimo con una chiara richiesta di aiuto, non ha fatto nulla di più che parlarne per qualche minuto. Senza provare a capire di chi fosse, e del perché avesse scritto quelle cose. Il problema è l’impreparazione dei professori. Non sono capaci di aiutare i propri alunni, nonostante rappresentino il secondo punto di riferimento dopo i genitori.

Gli insegnanti sono una figura importante per gli adolescenti, sono un esempio da cui trarre insegnamento. Ma spesso gli insegnanti non sono all’altezza del loro compito. Non parlo della preparazione sulla loro materia, ma del modo di rapportarsi con gli studenti. Quando un alunno ha problemi, spesso lo nasconde, ma manda dei segnali. Segnali che non vengono notati, perché gli insegnanti di oggi sembrano essere più interessati al loro stipendio che a voler istruire, aiutare ed educare adolescenti che hanno bisogno di una guida. Ovviamente ci sono le dovute eccezioni, ma in un quadro generale è così.

Rendere obbligatoria la visione di 13 Reasons Why nelle scuole forse sarebbe più utile ai professori che agli alunni.

13 reasons why

Nonostante gli atti di bullismo ricevuti e le violenze subite, Hannah, dopo aver registrato 12 lati delle cassette, si è sentita più libera. Perché parlare – anche se solo ad un microfono – può aiutare. Aveva ancora un pizzico di speranza, e aveva deciso di riporre l’ultima possibilità di salvezza nelle mani del Signor Porter. Tutto è dipeso da quella figura che dovrebbe comprendere gli studenti, e che invece ha finito per affossare ulteriormente la vita già quasi spenta di Hannah.

Perché quando si è adolescenti si fanno un sacco di stupidaggini, si fanno cattiverie, si dicono tante cose e non si pensa che possano ferire profondamente qualcuno. Non si pensa perché quando si è adolescenti tante cose non si sanno. Ed è anche grazie alle cattiverie subite in quegli anni che diventiamo più forti. E da adulti certe cose non ci toccano più. Ma da adulti.

La colpa più grave per la morte di Hannah è del signor Porter, perché essere feriti da un adolescente capita a tutti, ma da un adulto ci si aspetta di più. Ci si aspetta comprensione, ma spesso i problemi degli adolescenti vengono minimizzati. Spesso gli insegnanti dimenticano come ci si sente a stare dall’altra parte della cattedra, e trattano i propri alunni in modi piuttosto discutibili. Ma non sono solo gli insegnanti a dimenticarlo.

13 Reasons Why

Per citare la frase di un film che ricorda molto la storia di Hannah (dove fortunatamente il protagonista ha un finale migliore): <<Perché io so che ci sono persone che dicono che queste cose non esistono, e che ci sono persone che quando compiono diciassette anni dimenticano com’era averne sedici>> (Tratta da Noi siamo infinito). Sta a significare che quando diventiamo grandi, non diamo più peso a tutte le piccolezze che ci hanno ferito, magari per molto tempo. E questo è un bene, ma non dobbiamo dimenticare quanto difficile può essere quell’età.

Anche se siamo adulti ora, non dimentichiamo cosa significa avere 17 anni. Non diamo per scontato cose che potrebbero sembrare gravissime per un adolescente. Apriamo gli occhi. E parliamo. A volte basta anche solo una parola carina per salvare una vita.

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