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Benjamin Linus aveva solamente bisogno di un po’ di affetto

Nel corso di Lost abbiamo avuto modo di conoscere tanti personaggi, ognuno dei quali ci ha permesso di poterci immedesimare in ciascuno di loro per via del carattere o della storia personale. Un insegnamento importante che abbiamo imparato nel corso delle sei stagioni è che la linea di confine tra bene e male, tra buoni e cattivi, è molto sottile. Chi credevamo buono si è rivelato per alcuni tratti malvagio e viceversa. Il senso di Lost, forse, sta proprio nella consapevolezza che in ognuno di noi coesistono equamente inclinazioni verso la luce o verso l’ombra. Soltanto gli eventi della vita e le nostre scelte ci portano a dare spazio a un approccio anziché a un altro.

Un caso emblematico in questo senso è dato dal personaggio di Benjamin Linus.

lost

Apparentemente uno dei cattivi. Impariamo a conoscere il personaggio nel corso delle stagioni, apprezzandone non solo le doti mentali, ma soprattutto scoprendone le ragioni profonde che lo hanno portato ad essere l’uomo che conosciamo. Alla fine delle sei stagioni non siamo più così sicuri di classificarlo tra i cattivi della situazione (sulla questione abbiamo provato a fare chiarezza qui). Abbiamo imparato a conoscerlo sotto una luce nuova, considerandone le sfaccettature che la sua storia personale ci ha dato. Quindi è lecito chiedersi: se Benjamin Linus avesse ricevuto più affetto si sarebbe proteso verso il suo lato buono?

Una frase emblematica che racchiude la mancanza di affetto da parte di Ben e che lo porta ad essere il personaggio che conosciamo e che commette spesso delle violenze inaudite la troviamo nell’episodio 4 della terza stagione di Lost:

Se non ha qualcuno, un uomo impazzisce, non fa alcuna differenza di chi si tratti. Ti dico che un uomo che soffre troppo la solitudine si ammala.

Effettivamente la storia di Ben ci mostra non solo la solitudine che ha vissuto, ma anche la malattia che lo ha consumato.

lost - Villain

Non parliamo della malattia fisica (il tumore alla colonna vertebrale), ma quella dell’anima, che lo ha reso una persona impermeabile ai sentimenti, che lo ha spinto a spostare tutte le sue attenzioni su se stesso e ha instillato in lui la voglia di comandare e mantenere le posizioni di potere assunte. Non avendo avuto nessuno che veramente gli abbia voluto bene, Ben ha riversato ogni sentimento sull’unica persona che gli è sempre stata accanto: se stesso.

La vita di Ben è da sempre stata segnata dalla solitudine e dalla conseguente sofferenza. Fin dall’infanzia ha vissuto senza l’amore materno, avendo perduto la madre proprio in occasione del parto. Questa mancanza non è stata mai colmata dal padre, il quale al contrario lo ha sempre incolpato della morte della madre. Gli affetti primari, quindi, sono stati la prima grave e fondamentale mancanza nella vita di Ben e ci permettono di capire maggiormente il suo personaggio e le sue azioni.

Ben vive la sua infanzia sull’Isola insieme al padre all’interno del progetto DHARMA. Questo, però, non cambia assolutamente i rapporti con il genitore, anzi accentua gli elementi negativi. L’unica amica che avrà il piccolo Ben sarà Annie (3×20), che gli regalerà la famosa statuetta di legno dalla quale lui non si separerà mai, in segno di un ricordo lontano di una persona che gli ha voluto bene.

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Ma la sua strada è altrove, ha bisogno di dare un senso alla sua vita e di riscattarsi da colpe che non sono sue, ma che lo affliggono. Tutto ciò lo porta ad allontanarsi dal gruppo DHARMA e a seguire gli “Ostili”.

Il rapporto conflittuale con il padre e i segni di un’infanzia vissuta con i continui sensi di colpa per la morte della madre fanno crescere in Ben l’odio verso il progetto e la voglia personale di riscatto e di vendetta. La macchina del personalismo è ormai avviata. Ben ritiene che l’unica persona in grado di aiutarlo a sopravvivere alle sofferenze della vita sia se stesso. Questo ci fa comprendere il motivo che lo ha spinto a dare luogo alla Purga il 19 dicembre 1992. Ormai per lui quel vuoto lasciato dalla mancanza dell’affetto materno e paterno è stato sostituto dall’amor proprio e dalla voglia di custodire gelosamente l’unica cosa che realmente conta nella sua vita: il ruolo di comando sull’Isola.

Ma sarebbe riduttivo pensare a questo approccio da parte di Ben come un semplice ripiego per una mancanza d’affetto. In realtà, il capo è per Ben molto più di un semplice ruolo. Questo rappresenta la sua vita e, in qualche modo, anche l’oggetto verso cui indirizzare il proprio affetto e dal quale ricevere l’affetto che non ha mai avuto.

benjamin linus

Il fatto di ricoprire il ruolo di capo degli “Altri” e di dettare i tempi e le decisioni che vengono prese sembra essere la ricompensa e il modo in cui l’Isola dimostra il suo affetto a Ben, o almeno questo è quello che pensa lui. Ma la realtà dei fatti lo smentirà nel famoso incontro tra Jacob, il falso Locke e Ben stesso.

Il momento di svolta avviene quando Ben chiede a Jacob:

Tu cosa provi per me?

Il silenzio di Jacob a tale domanda getterà definitivamente nello sconforto e nella disperazione Ben. La persona e l’ideale per il quale aveva dedicato tutta la sua vita e il suo affetto, sperando di essere riuscito a conquistarsi un posto non di mero comando, ma di affetto sincero, si rivela l’ennesima delusione. La rabbia lo porterà a uccidere Jacob, ma in realtà forse Ben avrebbe voluto uccidere se stesso e mettere fine alla sua vita fatta di sofferenze.

Tutto questo stato d’animo è spiegato in uno dei monologhi più belli che Lost ci abbia lasciato:

Ho visto morire mia figlia Alex davanti ai miei occhi, ed è morta per colpa mia. Sarei riuscito a salvarla se solo avessi voluto, ma ho scelto l’Isola al posto suo. Tutto nel nome di Jacob. Ho sacrificato per lui tutto ciò che avevo e a lui non importava niente. Sì, sono stato io a pugnalarlo, ero infuriato, confuso, ero terrorizzato, avevo paura di perdere l’unica cosa di cui mi fosse veramente importato: il potere. Ma la cosa che contava di più l’avevo già persa. Mi dispiace di aver ucciso Jacob, è la verità. Non mi aspetto che mi perdoni perché io stesso non potrò mai perdonarmi.

benjamin linus

La storia di Benjamin Linus è tutta racchiusa in questo discorso, lui è alla continua ricerca di un affetto che è mancato sin dal primo istante in cui ha messo piede al mondo. Una mancanza, quella materna e quella paterna, che ha segnato sin dall’origine il destino di Ben, il quale non è riuscito a cambiarlo.

Tutto il resto è una tragica conseguenza di quella mancanza originaria. Questo non giustifica le azioni commesse dal pazzoide di Lost, ma sicuramente ci aiuta a comprenderne le ragioni e, in qualche modo, a compatirne la sofferenza e lo strazio interiore che una persona ha dovuto vivere (facendocelo quasi amare) e che, molto probabilmente, si sarebbe potuto risparmiare se solo avesse avuto un po’ di affetto.

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