Vai al contenuto
Serie TV - Hall of Series » L'estate in cui imparammo a volare » Perché la seconda stagione di L’estate in cui imparammo a volare ha spaccato di brutto?

Perché la seconda stagione di L’estate in cui imparammo a volare ha spaccato di brutto?

Una delle più grandi sorprese di questo dicembre seriale, così ricco di nuove uscite, è stato sicuramente l’arrivo su Netflix della prima parte della seconda e ultima stagione di L’estate in cui imparammo a volare, a distanza di quasi due anni dalla pubblicazione della sua prima stagione. Il dramma che vede protagoniste Sarah Chalke e Katherine Heigl, tratto dal romanzo Firefly Lane di Kristin Hannah, racconta del legame d’amicizia profondo che per oltre trent’anni ha legato Kate Mularkey e Tully Hart, che da ragazzine anticonformiste negli anni Settanta sono diventate donne insieme, con l’unica certezza di essere sempre il principale punto di riferimento dell’altra. Alla fine della prima stagione di L’estate in cui imparammo a volare avevamo lasciato le due amiche, da sempre l’una la famiglia dell’altra nonostante la loro diversità, in quello che era il momento più buio del loro rapporto, con Kate che non vuole più nemmeno vedere Tully, senza però che ci fosse dato sapere cosa fosse successo di tanto grave da rovinare un legame che aveva resistito alle prove più insostenibili. Un cliffhanger enorme, tanto grande da spingere chiunque a continuare con la visione della seconda stagione di L’estate in cui imparammo a volare, nonostante il primo capitolo della serie avesse più di un difetto. Eppure, sebbene oggettivamente anche in questa prima parte di L’estate in cui imparammo a volare 2 ci siano delle ingenuità narrative, questa nuova stagione ha spaccato di brutto sotto diversi punti di vista: quello degli ascolti, quello delle emozioni trasmesse e, soprattutto, quello della genuinità della storia raccontata. Perché se prima non eravamo certi di comprendere Kate, Tully e il loro legame, dopo la visione di questi nove episodi non possiamo fare a meno di volere loro bene, quasi fossimo anche noi parte della loro amicizia pluri-decennale.

L'estate in cui imparammo a volare
Sarah Chalke e Katherine Heigl (640×360)

L’estate in cui imparammo a volare 2 ha funzionato perché, consapevole dei suoi limiti, ha saputo trasformare le debolezze della prima stagione in punti di forza, dimostrando che a volte emozioni pure ed effetto nostalgia sono una una combinazione vincente.

In un mondo di serie tv complicate, ambiziose e originali, L’estate in cui imparammo a volare non ha nessuna di queste pretese. Strizzando l’occhio all’emotività e agli intrecci temporali di This Is Us, la serie Netflix è in realtà un prodotto studiato con molta più intelligenza di quanto non sembrerebbe in un primo momento, perché ognuno degli elementi della serie non fa che rafforzare il suo vero punto di forza: l’effetto nostalgia. In L’estate in cui imparammo a volare, e ancora di più nella sua seconda stagione, tutto evoca una profonda nostalgia, dal cast alle atmosfere, dagli intrecci così già visti alla semplicità ed efficacia delle emozioni che vuole suscitare nei suoi spettori. Basti pensare a chi sono le due attrici protagoniste della serie: Katherine Heigl (Izzie Stevens in Grey’s Anatomy) e Sarah Chalke (Elliot Reid in Scrubs), due volti noti al pubblico delle serie tv che fanno subito tornare alla mente un panorama televisivo per cui saremo sempre un po’ nostalgici, quello dell’inizio anni Duemila, non a caso anche il periodo temporale in cui si svolge il presente di L’estate in cui imparammo a volare.

L'estate in cui imparammo a volare
Firefly Lane 2 (640×360)

Infatti, se gli anni Settanta e Ottanta mostrati nella serie – complice anche la scelta che continueremo a definire infelice di fare interpretare a Heigl e Chalke la versione ventenne dei loro personaggi – non sono portati in scena in un modo che riesca a evocare le atmosfere di quei decenni, lo stesso non si può dire della rappresentazione dell’inizio del nuovo millennio, con il presente della storia delle ragazze di Firefly Lane che inevitabilmente ricorda al suo pubblico di un passato vicino di cui continuiamo a provare nostalgia.

I rimandi alla nascita del fenomeno di Internet, dell’epoca d’oro dei talk show del pomeriggio, alle serate davanti al vino e a quella narrazione della guerra in Iraq che sembrava essere onnipresente in tutte le serie tv dell’epoca, sono tutti elementi che contribuiscono a rendere questa seconda stagione di L’estate in cui imparammo a volare un perfetto distillato di tutto quanto amavamo della televisione anni Duemila, anche quando questa aveva difetti che forse oggi non perdoneremmo più. Se però nella prima stagione la storia di Kate e Tully sembrava ricalcare fin troppo quelle di molti personaggi protagonisti dell’epoca di Army Wives, Parenthood, Brothers & Sisters e Una mamma per amica, durante questa prima parte del secondo capitolo c’è stato un lavoro intelligentissimo per trovare il perfetto equilibrio tra effetto nostalgia e modernità di temi e formati narrativi.

L'estate in cui imparammo a volare
Firefly Lane 2 (640×360)

Questo intelligentissimo (e studiato) mix tra innovazione e nostalgia, emotività e intrecci narrativi, sviluppo dei personaggi ed evoluzione della trama, è l’esatto motivo per cui L’estate in cui imparammo a volare 2 sta avendo così tanto successo. Non è una serie che pretende di innovare il genere o rivoluzionare la televisione, ma è un prodotto che vuole commuovere e colpire dritto al cuore e lo fa alla perfezione. Che ci si riconosca di più in Kate e nella sua insicurezza o nella spavalderia di facciata di Tully, è impossibile guardare questa seconda stagione sulla vita delle due amiche senza immedesimarsi almeno in parte con loro e i loro problemi così reali, ordinari e insormontabili, mentre si trovano alle prese con quelle difficoltà che fanno parte della vita di chiunque eppure fanno sempre così paura.

Non è solo il modo in cui viene portata in scena l’evoluzione del rapporto di co-dipendenza tra le due a colpire il pubblico, ma è anche la sincerità e la brutalità con cui viene mostrato il deteriorarsi del loro legame con tutte le conseguenze che ciò comporta, il tutto alimentato da una tensione narrativa costruita in modo brillante e da un perfetto alternarsi di scene parallele in diversi momenti della vita delle due. Il gioco di flashback e flashforward che caratterizza L’estate in cui imparammo a volare 2 è strutturato in modo da rendere la trama intrigante e i personaggi più complessi, regalando un tocco di modernità e autenticità all’intero prodotto e trasformandolo in un successo.

Sarah Chalke e Katherine Heigl (640×360)

Infatti, una volta iniziata L’estate in cui imparammo a volare 2, è quasi inevitabile non riuscire a staccarsene finché non è finita e a quel punto iniziare a contare i giorni che ci separano dall’8 giugno 2023, quando uscirà la seconda parte della stagione, che porrà la parola fine alle avventure di Kate e Tully. La serie con protagoniste Sarah Chalke e Katherine Heigl con questo suo secondo capitolo si è dimostrata una produzione intelligente, che bilancia abilmente emotività e avvicendamenti della trama, che sa toccare tutte le corde giuste e, soprattutto, sa rivolgersi a un pubblico nostalgico di una televisione diversa, meno ambiziosa e più sincera, che puntava a coinvolgere e commuovere prima ancora che a stupire.

Paradossalmente, proprio perché così già vista e così costante nei suoi richiami al passato, la serie Netflix ha saputo trovare con questo seconda stagione una sua identità definita, che pur non portando niente di rivoluzionario con sé è stata comunque capace di lasciare un segno. E a volte, soprattutto in un panorama televisivo ipersaturo come quello contemporaneo, questo è tutto ciò che conta.

Non solo L’estate in cui imparammo a volare – Katherine Heigl torna a parlare del suo rapporto con Hollywood: «Potrei aver detto cose che non sono piaciute»