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La triste notizia della uscita di Mike Flanagan dalla piattaforma Netflix ha sconvolto e rattristito tutti i fan del noto regista statunitense, ciò però non toglie l’entusiasmo provato a seguito del prodotto televisivo che ha segnato la fine della sua era, in attesa di quella successiva con Prime Video: stiamo parlando della più che discussa La caduta della casa degli Usher, pubblicata interamente 12 ottobre 2023. Dal sapore gotico e turbolento, perde la poetica lentezza delle due stagioni di The Haunting, i prolissi dialoghi di Midnight Mass e l’inquietante sfarfallio adolescenziale di Midnight Club, si colloca piuttosto come opera matura e consapevole di sé, tanto da presentarsi in chiusura di un percorso dignitoso e che mai verrà dimenticato dal piccolo schermo. Flanagan ha rivoluzionato il genere horror, sviluppandolo in tutte le sue possibili sfaccettature e qua si pone un obiettivo ambizioso. Non solo quello di riadattare l’omonima opera dello scrittore britannico Edgar Allan Poe (da cui la miniserie prende il nome), ma anche inserendo citazioni e sotto-trame risalenti alle altre produzioni del medesimo poeta, in ciascun episodio. Ogni capitolo televisivo, difatti, prende il nome da un racconto diverso e molti personaggi hanno degli appellativi canonici nell’universo gotico di Poe; come ad esempio Lenore Usher (Kyliegh Curran), ultimogenita della stirpe e il cui nome deriva dall’omonima poesia di Edgar, struggente e ammaliante, complice della morte prematura e di conseguenza una vita spezzata ancor prima che potesse sbocciare.

La caduta della casa degli Usher (640×360)

La caduta della casa degli Usher narra di un disastroso dramma familiare, quello che vede coinvolti proprio gli Usher e la loro effettiva decaduta: da un giorno all’altro, uno per uno, i fratelli incominciano a morire in circostanze sospette, che però vengono archiviate come terribili incidenti dettati dal fato. Al vertice di ogni singolo decesso vi è un denominatore comune, un essere demoniaco e ultraterreno, la cui essenza ha fatto discutere il fandom e i critici, ed è colei che si presenta come l’artefice del male degli Usher, cioè Verna (Carla Gugino). Solo nell’ultimo episodio verrà spiegata la verità riguardante il tragico susseguirsi degli eventi, che ha avuto inizio la notte di Capodanno del 1980, quando i fratelli Roderick Usher (Bruce Greenwood) e Madeline Usher (Mary McDonnell) stringono un patto con una strana barista di un locale periferico della città, ovvero colei che si rivelerà essere Verna: gli accordi sono che i due e la loro progenie avranno un successo smisurato all’interno del settore farmaceutico, tanto da divenire multimilionari, solo che al momento del loro declino, tutti chiuderanno il sipario insieme, nessuno escluso. Per questo abbiamo un crescendo di morti grottesche, energiche e di per sé poco toccanti, vista la natura cinica dei familiari, avidi di potere e carnefici di deboli appetiti. 

L’aspetto che più di tutti ha sorpreso, al di là dell’eccellente cast e del sofisticato intreccio della narrazione, è il comparto tecnico e scenografico, soprattutto durante le sei morti dei fratelli Usher. Un dettaglio che molti hanno notato, ma in pochi si sono riusciti a spiegare, è stata la scelta di differenti colori per la sequenza finale di ciascun personaggio.

Un colore che di per sé può sembrar essere solo estetico e decorativo, ma che in realtà va a svelare dei significati intrinsechi e legati personalmente ai personaggi.

La caduta della casa degli Usher
La caduta della casa degli Usher (640×360)

Il primo dei fratelli che incontra letteralmente la Morte è il più giovane di loro, Prospero Usher (Sauriyan Sapkota). Ci viene introdotto come ingordo e lussurioso, avido non solo di soldi, ma anche di effimeri piaceri carnali. Essendo il più piccolo, per età, è anche colui che più di tutti si dimostra immaturo e decisamente non pronto per la responsabilità del dominio che gli Usher portano sulle spalle. La sua morte si svolge alla fine del secondo episodio (“La maschera della morte rossa”) e apre le danze a quello che sarà il terrificante susseguirsi delle macabre vicende. L’aspetto interessante è che tutti i membri ricevono, prima dell’effettiva esecuzione, la possibilità di una morte più lieve e disinteressata, solo al rifiuto di questa dolce occasione vengono sopraffatti dalle casualità più cruenti e inaspettate. Prospero muore sciolto dagli acidi della pioggia dorata che lui stesso aveva fatto programmare, unendosi carnalmente insieme agli invitati con i quali voleva instaurare un’orgia, tra cui la moglie del fratellastro maggiore, Morelle Usher (Crystal Balint). La luce sotto la quale accade la barbara uccisione è rossa, così come il mantello e la maschera di Verna, che è una conseguenza dei fatti. Il colore preso in considerazione è possibile interpretarlo sì come l’energia, l’entusiasmo, l’audacia e il coraggio del personaggio, ma sempre sotto quella infima sfera di lussuria, tentazione e depravazione, a cui Prospero si è sempre sottoposto per tutta la durata di quella che è stata la sua breve vita.

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La morte successiva è quella di Camille l’Espanaye (Kate Siegel), che ha sorpreso e rammaricato il pubblico, in quanto nessuno si sarebbe aspettato una dipartita così prematura non solo per il personaggio più divertente e politicamente scorretto, ma anche per l’attrice forse più emblematica e talentosa dell’intero entourage di Flanagan, nonché sua moglie e musa ispiratrice. Camille è un personaggio spigoloso ed eccentrico, che vediamo alle prese di ricerche e continue affermazioni da parte dei suoi due assistenti, Toby (Igby Rigney) e Tina (Aya Furukawa). Durante la fine del terzo episodio (“I delitti della Rue Morgue”) si dirige verso il laboratorio di una delle sue due sorellastre per avere la certezza di quelle che sono le sue ipotesi, tuttavia, prima di poter entrare, avrà un dialogo con Verna, la quale le sconsiglia di entrare e la invita nel tornare a casa; ciò non accadrà, per forza di cose. Camille entra nel laboratorio dove sua sorella esegue diversi esperimenti scientifici su degli scimpanzé, evidentemente stremati e sedati di morfina, al fine di far sembrare le varie operazioni riuscite. Ottiene la verità che tanto cercava, ma che sarà subito seguita dalla sua morte, quando uno degli animali sedati le scorticherà la faccia e dilanierà le membra.
Il colore che simboleggia la morte di Camille è il bianco, presente anche nel suo vestiario o nei capelli stessi. A differenza di quello che si potrebbe pensare, questo non ha niente a che vedere con l’innocenza, il candore e la purezza, bensì è da essere interpretato come la conferma della freddezza del personaggio: Camille, difatti, per tutto il percorso svolto non fa che confermare la sua aurea cinica e distaccata dagli affetti sentimentali, quanto piuttosto maggiormente interessata alla carne e ai suoi più alti piaceri. È talmente disillusa ed estraniata dalle vere sensazioni che reagisce a stento al destino presentatogli di fronte e chiude la sua vita con lo scatto di una singola foto, un ultimo flash bianco.

La caduta della casa degli Usher
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Il terzo a lasciarci è Napoleon Usher (Rahul Kohli), uno sviluppatore di videogame che ha preferito distaccarsi dall’impresa farmaceutica della famiglia, nonostante ne tragga i benefici e la ricchezza economica. Tra tutti quanti i suoi fratellastri è quello che più di tutti risentirà delle morti improvvise dei due famigliari, soprattutto quella di Camille. Dipendente dalle sostanze stupefacenti di ogni tipo, in un trip allucinogeno si ritrova a uccidere il gatto del proprio ragazzo, Julius (Daniel Jun), e a doverlo rimpiazzare con un altro. Al negozio di animali incontrerà una delle tante sfaccettature di Verna, che gli proporrà un esemplare per lui apparentemente perfetto, ma impossibile da adottare: solo grazie ad un dialogo di contrattazione glielo concederà. Napoleon non può sapere che quello stesso gatto sarà l’inizio del suo delirio psicofisico. Dopo diversi giorni si renderà conto della sua natura maligna e, al fine di eliminarlo, comincerà un inseguimento mortale, che si concluderà con la caduta dal balcone dell’erede Usher e, quindi, della sua inevitabile morte. La fine del quarto episodio (“Il gatto nero”) è caratterizzata dalla presenza di un’intensa luce gialla, ovviamente non naturale come può essere quella dei raggi solari, ma tipicamente artefatta; è un colore che rimanda niente di meno che a quello presente negli occhi del gatto adottato per volere di Verna. Possiamo interpretarlo, vista la maniera in cui ci viene rappresentato il personaggio, non tanto secondo delle accezioni positive (quali possono essere la felicità o la speranza), bensì negative, come la codardia, tipica del comportamento di Napoleon nei confronti delle azioni fraudolenti della famiglia.

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Il quinto episodio (“Il cuore rivelatore”) ci regala il miglior plot twist della miniserie e una delle migliori interpretazioni dell’universo di Flanagan, ovvero quella di Victorine LaFourcade (T’Nia Miller). Ella è una cardiologa e ci viene presentata come in continua ricerca per lo sviluppo e il perfezionamento dei suoi sofisticati dispositivi medici; ad affiancarla in questo impegnativo lavoro vi è la sua compagna, l’abile Alessandra Ruiz (Paola Núñez). Victorine è anche la stessa che Camille cercava di smascherare con le sue indagini segrete, che poi l’hanno portata all’incontro con Verna e la morte. Il meccanismo di distruzione che quest’ultima porta in atto nei confronti di Victorine è più psicologico che fisico, difatti l’ereditiera arriverà al suicidio condotto dalla follia. Il colore che circonda la donna è l’arancione, sia in vita (i camici da lavoro, i dispositivi elettronici e il vestiario di tutti i giorni) che in morte (la luce del suo studio nella sequenza finale del personaggio). La storia di Victorine è mossa dalla negazione, che si sgretola nell’atto finale di lucida consapevolezza ed è intrinseca di paura e perenne insoddisfazione, soprattutto nell’accettare di essere stata lei ad aver portato alla morte l’amore della sua vita, la dottoressa Ruiz. L’ultimo gesto svolto dalla donna è inespugnabile e logico, forse il più razionale che ci viene presentato in La Caduta della casa degli Usher, paradossalmente.

La caduta della casa degli Usher (640×360)

Procedendo al sesto episodio (“Lo scarabeo d’oro“) troviamo la morte tecnicamente meglio eseguita e più soddisfacente alla vista, quanto amara e riflessiva a livello psicologico. La penultima dei fratelli a sfiorire è Tamerlane Usher (Samantha Sloyan), l’unica legittima figlia femmina di Roderick e Annabel Lee (Katie Parker) e il personaggio più intrigante che ci viene presentato, anche per via del complicato rapporto che ha con il proprio compagno, William Wilson (Matt Biedel); un istruttore di fitness e collega riguardo al loro progetto di riqualificazione dell’immagine degli Usher, dato che hanno l’intento di far conoscere il proprio nome attraverso l’apertura di un programma benessere d’elites. Tamerlane vuole farsi vedere non come l’ereditiera Usher, ma come una donna normale, senz’altro di alto rango, che però si impegna per trattare al meglio l’equilibrio estetico e psicologico dei potenziali clienti. Il suo piano è quello di essere diversa, semplicemente migliore rispetto al padre, al fratello e i fratellastri. Tuttavia, il sangue che le scorre nelle vene sembra esser imprescindibile e la vera natura della donna riecheggia in ogni comportamento fasullo e onesta reazione di collera, maggiormente nella sua ultima sequenza. Dopo aver mandato in fallimento la serata di presentazione e lancio della sua nuova azienda, Tamerlane torna a casa propria e si cimenta in uno scontro con Verna, il quale segna la sua sconfitta predefinita in partenza. L’essere demoniaco, in ogni caso, le concede di rilassarsi e di lasciarla procedere pacificamente, promettendole riposo nei suoi ultimi momenti. Nel suo ultimo gesto, Tamerlane sfoggia la vena degli Usher, distruggendo lo specchio che si trova sopra la propria testa e cadendo nel letterale letto di morte.

Lo stupendo appartamento di Tamerlane viene inondato da una spettrale luce verde, un chiaro riferimento alla cinematografia risalente ai tempi d’oro del regista italiano Dario Argento, padre ad esempio del lungometraggio Suspiria, e che sembra cercar di attualizzare in chiave moderna la gelosia, l’invidia costante e, di per sé, la morte. Quella stessa morte che coglie la donna in caduta, consapevole e stanca, avvolta dai raggi smeraldo e il luccichio finale degli aguzzi frantumi vitrei.

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L’ultimo dei fratelli Usher a morire è Frederick Usher (Henry Thomas), il primogenito di Roderick e Annabel, nonché fratello maggiore di Tamerlane. La sua uccisione sicuramente è stata colta a braccia aperte da tutti quanti gli spettatori, che hanno gioito nel veder il seguente personaggio pagare amaramente le conseguenze per tutte le malfatte svolte in vita. A partire dal comportamento avuto nei confronti della moglie, Morelle, sopravvissuta all’incidente della pioggia d’acido e in perenne convalescenza, allettata nella propria casa: dopo aver scoperto la sua presenza alla festa orgiastica organizzata dal fratellastro, visto il ritrovamento della fede nuziale che aveva tolto per l’occasione, decide di rimuoverle barbaricamente i denti, dopo averla sedata più e più volte al fine di non farla parlare. Impossibile non citare anche l’atteggiamento nei riguardi dell’unica figlia, Lenore, che viene trattata ingiustamente come un animale, addirittura quasi come un oggetto. Pure Verna, che è il male in persona, rimane colpita dalla malvagità di Frederick, che è l’unico a cui non viene data l’opportunità di avere una dolce morte, difatti sarà diviso a metà dalle lastre della fabbrica che tanto voleva demolire.

La luce sotto il quale muore è blu e qui è possibile interpretarlo secondo la concezione più banale della mascolinità tossica, rappresentata dai media secondo il seguente colore, ma a livello psicologico anche come la sconnessione dalla realtà effettiva e che porta a un’insensibilità dolente, ovvero quella dimostrata alle persone potenzialmente a lui più care, a maggior ragione sua figlia: quest’ultima è l’unica della famiglia che morirà in modo pacifico e senza alcun colore a caratterizzarla, vista la bontà e neutralità dimostrata.

La caduta della casa degli Usher (640×360)

Insieme poi alle morti finali di Roderick e Madeline, abbiamo la definitiva caduta della casa degli Usher, che sprofondano non solo insieme alla loro casa, ma anche al terribile ricordo di quello che sono stati e nella speranza che ciò mai più possa ripetersi, visto che l’eredità finisce in sagge mani: quelle di Morelle e di Juno Usher (Ruth Codd), la giovane compagna tossicodipendente di Roderick, che proprio in occasione del cambiamento decide di interrompere l’assunzione del fittizio Licodone e, quindi, di disintossicarsi.

Mike Flanagan sia lodato per averci donato quest’ulteriore orrifico capolavoro da aggiungere alla già ben corposa lista di successi e che possa essergli di buon auspicio per le prossime grandiose fasi della sua carriera.