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Kitz l’abbiamo già visto mille volte: non basta la confusione per essere imprevedibili 

Torniamo a parlare di uno dei flop collezionati da Netflix che – ahimè – sempre più spesso punta sulle trame sbagliate, oltre che su un livello qualitativo discreto e poco innovativo. Il caso in questione è Kitz, una produzione tedesca composta da sei episodi. Non che avessimo enormi aspettative, ma deluderle così è stato un colpo duro. Già dalla trama qualche perplessità di troppo era giunta, ma la curiosità ha la meglio ed è così che inizia la visione. Lisi (Sophie Eifertinger) è una giovane ragazza di umile famiglia che lavora come cameriera nei a Kitzbühel, una località frequentata da suoi coetanei snob e viziati dalle loro ricche famiglie. Lontana completamente da questo mondo e allo stesso tempo invischiata come non mai, la protagonista della storia fa i conti con una dolorosa perdita e mancanza, quella di suo fratello, morto in un incidente stradale durante un momento di mancata lucidità.

La causa di questo drammatico evento è, secondo Lisi, da attribuire alla insensibilità e frivolezza di Vanessa, la ragazza amata da suo fratello. L’occasione per organizzare un piano di vendetta ideale si presenta quando la modella si recherà nella località del Tirolo con il suo fidanzato Dominik e i suoi amici Kosh e Pippa per la notte di Capodanno, per festeggiare lì l’inizio di un nuovo anno tra fiumi di alcol e divertimento sfrenato. Con l’aiuto del suo fidato amico Hans, Lisi escogita un piano di vendetta per ferire e rovinare la vita di Vanessa che mai si è interessata alla morte del suo “fidanzato segreto” e ha completamente ignorato l’accaduto continuando a vivere la sua vita nel più totale disinteresse.

Sin dai primi momenti in cui veniamo introdotti alla storia, ci rendiamo conto di quanto confusionaria sia la vicenda, ma soprattutto di quanto i moventi di simili accuse e conseguenti decisioni siano deboli e a noi sconosciuti. Il motivo per cui Lisi sceglie di architettare il suo piano di vendetta e smascherare la cattiveria di questa ragazza è raccontato in maniera estremamente superficiale, al punto che ci chiediamo se effettivamente sussista il motivo di una simile rabbia. Quanto Vanessa può aver inciso effettivamente con le sue azioni sulla morte di questo ragazzo? Un po’ come molte altre serie simili ci hanno insegnato, la stessa protagonista non può affatto considerarsi completamente innocente, anzi, finisce sempre col nascondere qualcosa. Lisi non è da meno. Quest’aria da finta timida, impacciata e ingenua in realtà le è utile a nascondere i suoi veri intenti, anche se con una recitazione che lascia a desiderare. Insomma, come si fa non accorgersi che questo visino angelico con occhiate fugaci e sguardi indagatori nasconda qualcosa?

Kitz è una serie confusionaria che ha la presunzione di gettare in un calderone tutto ciò che le è capitato a tiro e spera di ricavarci qualcosa di buono, ma il risultato è un prodotto di bassa resa, con scelte discutibilissime (a parte gli splendidi paesaggi di montagna) e un’aria di finzione perenne che non permette neanche per un attimo di empatizzare con i sentimenti dei protagonisti. Gli attori scelti, tra l’altro, danno l’impressione di essere stati messi lì per caso senza la minima intenzione – o sforzo- di trasmettere realmente il punto di vista del proprio personaggio. Quello che giunge agli spettatori è una recitazione forzata, neanche per un attimo coinvolgente e sempre estremamente fredda e distaccata.

Possiamo confermare che la storia, seppur trita e ritrita, poteva dare l’impressione di essere avvincente. Poi gli stratagemmi, la suspense e i piani di vendetta, se raccontati adeguatamente, sono fra i racconti più attraenti del piccolo e grande schermo. L’enorme problema riscontrato in Kitz è dettato dall’impressione di un mancato tentativo di qualcosa di apprezzabile non ci sia neanche stato. Ripetere cliché già visti, scopiazzare qualche bel viso e fisico un po’ per tutta la durata della serie, ricorrere a una sceneggiatura prevedibile e per niente in grado di approfondire i suoi protagonisti e le “colpe” da elencare potrebbero essere moltissime altre.

Kitz

Una tra le più grandi e non trascurabili è sicuramente quella di aver scelto di mantenersi in superficie in ogni episodio. Nella maggior parte delle storie, assistiamo a un momento di approfondimento, che sia nei confronti di un evento oppure nei confronti del passato di un personaggio. In Kitz tutto sembra accadere senza un’effettiva motivazione. Non c’è un filo conduttore che ci permetta poi di motivare e dare una nostra interpretazione ai fatti che vediamo. Il tentativo di ricalcare altri successi del genere teen-thriller è andato incontro a un palese fallimento. Se anche in altre serie “sorelle” abbiamo potuto avanzare critiche ed evidenziare i suoi punti di forza, in questo caso l’operazione risulta impossibile.

L’unico spiraglio di riflessione che potrebbe riscattare la pessima gestione di questa produzione è quello che fa riferimento alle differenze di “classe” – spesso dolorose soprattutto per i più giovani – dettate dal divario sociale e dalla ricchezza, da cui derivano possibilità e tenori di vita completamente differenti. Affiancare la vita di un giovane contadino come Hans, dedito all’azienda familiare e capace in ciò di cui si occupa affiancata alle giornate vuote e prive di scopo di Kosh ne sono un esemplare esempio. Da un lato un campagnolo dal cuore buono, dall’altro un ragazzo che ha tutto ciò che desidera ma vive la solitudine e sceglie gli eccessi pur di riempire questo vuoto.

Oltre a questo timidissimo tentativo di dare profondità alla generale frivolezza della serie, possiamo confermare che Kitz è un prodotto che si lascia dimenticare, e anche presto. Non lascia niente di che ai suoi spettatori, tantomeno sa trascinarli adeguatamente verso una deriva trash. È un prodotto sospeso, a mezz’aria. Forse però qualcosa rimane dopo averla vista: la voglia di avere uno chalet in montagna dove sorseggiare champagne e fare saune tra una sciata e l’altra!

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