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Behind the Series – I Soprano: Tony Soprano, il dio dalle due facce

Behind The Series è la rubrica di Hall of Series in cui vi raccontiamo tutto quel che c’è dietro le nostre serie tv preferite. Sul piano tecnico, registico, intimistico, talvolta filosofico.

Un uomo dall’aspetto comune e le gambe di una statua femminile nuda. Così inizia una delle serie tv più importanti della storia. I Soprano è qualcosa in più di una semplice serie, piuttosto un tuffo nella psiche umana e trattato di psicologia da manuale, quello di cui parla veramente è il viaggio negli abissi della mente di un personaggio che non è più né vivo né morto, ma leggenda. Di quel Tony Soprano che nei suoi pregi e difetti è diventato caposaldo di un’intera generazione. È impossibile parlare de I Soprano senza parlare di Tony, così come è impossibile parlare della figura dell’antieroe nella serialità moderna senza affondare a piene mani nella psicologia di questo personaggio.

Come la realtà fisica, anche quella psichica non è necessariamente ciò che appare

Così diceva Sigmund Freud, padre della psicoanalisi moderna, che nella sua Psicopatologia della vita quotidiana riconosceva la necessità di analizzare il contenuto latente e inconscio per indagare l’attività cosciente dell’essere umano. Contenuto che si presenta sotto-forma di nevrosi, comportamenti anomali (lapsus e atti mancati) e soprattutto sogni, i quali svelano il significato recondito e segreto della psiche. E allora che inizi la seduta a svelare i segreti di una delle serie più importanti mai realizzate.

Sala di attesa: l’inizio della fine

Tony

 Dicevamo: I Soprano inizia con un’inquadratura del nostro protagonista assoluto, Tony, attraverso le gambe di una statua femminile. Già dal primo frame c’è tutta la simbologia di cui questa monumentale opera si serve per veicolare i suoi messaggi. Potrebbe simboleggiare una rinascita, quella di Tony Soprano, che riaffiora a nuova vita attraverso le gambe di una donna. Eppure, come tutta la sua vita è stata una lotta continua, così la sua rinascita non avviene facilmente e la sua parte cosciente lotta contro il suo stesso subconscio. Fin dalle prima battute con la Dottoressa Melfi, Tony scarica ogni responsabilità su dei fantomatici “loro”, altre persone che avrebbero deciso quella che per lui è una perdita di tempo. Tony attua così una prima forma di deresponsabilizzazione, un elemento capitale nella strutturazione della sua psicologia. Dopo qualche resistenza, però, il suo subconscio comincia a far emergere i primi segnali di qualcosa di profondo.

Il primo tra questi è la fuga delle anatre dalla piscina di casa. Questo evento simbolico è alla base sia del suo attacco di panico che della sua successiva depressione, due condizioni che si alimenteranno a vicenda. Tema comune di entrambi è la perdita, che ne I Soprano non ci verrà comunque mai esplicitata con chiarezza: Tony ha paura della perdita della famiglia o del suo ruolo come boss? La volontà di non spiegarla non è casuale, ma anzi ricorrerà spesso in molti dei suoi deliri onirici nonché in altri casi di perdita di coscienza. Un esempio su tutti è proprio il secondo caso di svenimento, che accade quando Tony manda sua madre Livia all’ospizio: lasciando la sua casa vuota, causa fisicamente la perdita della sua condizione familiare d’origine e simbolicamente la perdita delle sue radici. Lo studio del caso “Soprano” da parte di psicoterapeuti ha sottolineato come, molto spesso, la psicoterapia tenda a curare i sintomi (ansia e depressione) dei pazienti, invece di trattarne la personalità. La Dottoressa Melfi, come da manuale, deciderà invece di intervenire sulla scomoda personalità di Tony Soprano.

Tony Soprano e il mito di Giano Bifronte

I Soprano

Nessun uomo può, per un tempo considerevole, portare una faccia per sé e un’altra per la moltitudine, senza infine confonderle e non sapere più quale delle due sia la vera.

Nathaniel Hawthorne, La lettera scarlatta

Con una citazione assolutamente dichiarativa presente anche ne I Soprano, ecco che si presenta Tony in tutta la sua natura ambivalente. Si è discusso spesso pre e post fine della serie se Tony potesse rientrare a tutti gli effetti in un caso di disturbo antisociale della personalità (una volta chiamato sociopatia) e la verità è che una risposta univoca non esiste. Lo scrittore e psicoterapeuta Glen Gabbard, autore de The Psychology of The Sopranos, è giunto a una conclusione sfacciatamente negativa. L’esistenza di una seppur ambivalente lealtà nei confronti di moglie e figli, nonché di empatia e compassione nei confronti di alcuni personaggi secondari disgraziati (prima tra tutti Tracee, la ragazza brutalmente uccisa da Ralph Cifaretto) farebbero propendere per un no. Eppure Tony ha dei tratti particolari, che lo stesso Gabbard, citando Freud, descrive come dissociazione della personalità,che non è da confondere con la ben più famosa sindrome dissociativa dell’identità.

Se quest’ultima, infatti, è stata generosamente sfruttata in lungo e in largo nel cinema e nella serialità, fino all’ultimo famosissimo caso di Split, la prima è molto più subdola e accomuna mafiosi, soldati e scienziati tedeschi di stanza ad Auschwitz. Viene descritta come una “divisione verticale” della personalità, quando due o più tratti sono in palese contrasto tra di loro per ragioni comportamentali o morali. Per evitare il conflitto, l’ansia e il sorgere di dilemmi di carattere morale, il subconscio suddivide le varie personalità in compartimenti stagni. Poiché le varie porti sono completamente coscienti della divisione, la divisione verticale non si collega a una vera e propria “scissione della personalità multipla”.

Tony isola inconsciamente il suo lato violento, arrivando a negare coscientemente la sua esistenza al fine di preservare l’integrità della sua persona. Questo è uno dei motivi per i quali i mafiosi riescono a essere, al contempo, dei brutali assassini e padri di famiglia

Tony Soprano e la dottoressa Melfi

Secondo alcuni psicoanalisti, il diniego che Tony mette in atto è il motivo per cui si arrabbia quando i suoi figli puntualizzano alcuni aspetti della sua “altra vita”, come il far parte di Cosa Nostra o l’arresto di Junior per atti mafiosi. Lo stesso Gandolfini, in un’intervista, descrisse il punto di vista del regista David Chase in questo modo:

Una volta ho sentito Chase dire che si tratta di persone che mentono continuamente a se stesse, come facciamo tutti. Mentendo quotidianamente a noi stessi e poi combattendo il caos che creiamo.

Come ben puntualizzato, si tratta di una forma di autodifesa, quella che Freud chiama: una forma adattiva di sopravvivenza psicologica. Secondo il regista, questo è il motivo per cui Tony riesce a passare da estreme forme di violenza a una sorta di dolcezza in pochi minuti, ma anche perché la Dottoressa Melfi continua a insistere con la terapia nonostante tutto: il contraltare positivo di Tony è ciò che continua alimentare l’innata volontà a “salvare” l’altro, cercando di tirare fuori i tratti positivi e eliminando quelli cattivi. Questi elementi vengono efficacemente manipolati dallo stesso Tony, consciamente o meno, sia con la dottoressa sia con noi spettatori. Sulla falsariga della famosa auto-giustificazione di un altro grande della serialità, il Walter White di Breaking Bad, a fine terza stagione Tony dirà:

Perché tutto dev’essere così difficile? Non sto dicendo che sono perfetto. Ma faccio la cosa giusta per la mia famiglia. Questo non conta nulla?

In un’altra intervista, Gandolfini stesso in qualche modo umanizza la figura di Tony Soprano, ricordandone soprattutto i lati quasi patetici.

Tony piace comunque perché è umano. Gli spettatori lo guardano prender merda dalla madre, poi dalla moglie, persino dalla sua ragazza. Quindi abbiamo questa potente figura… che praticamente viene abusata tutto il tempo.

Tony quindi funziona in virtù del fatto che la sua umanità continua a fare da contraltare al criminale e la sua ambivalenza fa eco alla nostra, quando la realtà si fa talmente brutta da giustificare ai nostri occhi anche la sua violenza.

Un esempio su tutti è lo stupro ai danni della dottoressa Melfi, un caso magistrale di tecnica narrativa, psicologia e utilizzo della suspense. Attraverso questo terribile atto, infatti, il rapporto tra i due personaggi si rovescia e il confine netto tra male e bene viene sfumato. Come la Melfi siamo assetati di vendetta e speriamo che lei finalmente si confessi a Tony per soddisfarla, giustificando in questo mondo la violenza del suo mondo e, esattamente come Tony, operando una momentanea divisione verticale tra la nostra parte innocente e quella violenta. Veniamo assaliti dalla vergogna, quando lei si dimostra migliore di noi nel riusire a ristabilire i limiti mentre noi restiamo a chiederci se, forse, non siamo poi così lontani da Tony come ci piace credere.

Il muro crolla: la dimensione onirica

I Soprano-sogni

La suddetta “divisione verticale”, quindi la separazione a compartimenti stagni che Tony opera per evitare i conflitti interni, comincia a crollare quando tutti gli aspetti della vita di Tony crollano. Da una parte la messa in discussione del suo ruolo di boss, dall’altra la paura della perdita della famiglia e la crescita conflittuale dei figli, mettono in crisi entrambe le realtà che Tony Soprano a faticosamente costruito e tentato di tenere psicologicamente separate. Come abbiamo già detto, parlando di Freud, questi elementi di tensione si concretizzano sotto-forma di sogni.

Uno dei primi sogni che Tony racconta alla Melfi riguarda la sua virilità: Tony sogna di svitare il suo ombelico come una vite di far cadere il suo pene. Mentre lo tiene in mano per cercare qualcuno che possa avvitarlo, un uccello arriva a rubarglielo. Questo sogno, che Chase afferma essergli stato condiviso da un membro della troupe, rivela secondo lui la paura della castrazione. Una castrazione sia fisica che psicologica, in quanto Tony è minacciato di morte dalla sua stessa madre, nella sua virilità che non funziona bene da quando ha iniziato la terapia farmacologica, dalla Melfi che lo rifiuta in quanto uomo.

Che tipo di uomo posso essere se la mia stessa madre mi vuole morto? La mia autostima non esiste adesso, Quando vedi i ragazzi, sento solo umiliazione

I Soprano

Tony stesso lo esterna a Carmela, rivelando ancora una volta un profondo problema irrisolto con la madre. Madre che appare in un sogno successivo, quando Tony si vede dal punto di vista di un bambino atto a succhiare il latte dal seno materno. La Melfi sottolineerà un desiderio, atavico e profondo di Tony di essere nutrito e amato. E qui nasce la radice della violenza con la quale Tony reagisce ai rifiuti delle donne, anche quelli da lui stessi causati (come quando Carmela gli confessa di Furio), e il transfer che attua sulla dottoressa Melfi.

In una lettera che Freud inviò a Jung, si parla del fatto che il transfer amoroso del paziente non è di per sé una brutta cosa, ma che anzi “si potrebbe dire che la cura è resa più efficace dall’amore”. Tony trasferisce sulla dottoressa tutto il suo desiderio inappagato di amore e di sessualità frustrata. Frustrazione che diventa anche nostra, quando il desiderio recondito di Tony non verrà mai esaudito. In un altro sogno, Tony vede se stesso andare nell’ufficio della Melfi in mutande e con un’erezione, che finalmente riuscirà a soddisfare; un evento che né noi né Tony riusciremo a vedere, simbolo di come non solo questa relazione non sia il punto focale de I Soprano, ma anche che vi sono altre questione irrisolte a cui dedicarsi. Più di un terapista, infatti, ha sottolineato come il transfer possa essere visto come la sublimazione di un incesto psicologico, dal momento in cui la terapista (soprattutto se donna) viene assimilata alla figura materna. Ancora una volta, quindi, vi è la ricreazione simbolica del complesso Edipico.

La Madre: la figura di Medea

Livia Soprano

L’abbiamo detto all’inizio: I Soprano inizia con una statua femminile nuda e un uomo che ci viene mostrato dalla prospettiva simbolica di una nascita. È chiaro che tutto inizia da una madre e ritorna alla madre. Livia è un personaggio che nasce come fortemente caricaturale, ma si trasforma con rapidità in una vera e propria Medea. Una figura della mitologia greca che, in una qualsiasi delle mille versioni che la vedono protagonista, pratica infanticidio. Quest’ultimo è considerato uno dei più grandi tabù del genere umano insieme al cannibalismo e all’incesto, perché contrario alla preservazione stessa della specie. Proprio per questo motivo recondito, Tony come noi inganna se stesso, al punto da sublimare l’amore che non ha mai ricevuto da sua madre in una serie di infedeltà e relazioni senza via di uscita.

Eppure l’odio di sua madre è tutto lì: nel tentativo di accecarlo con una forchetta. E questo non è un esempio casuale, perché c’è un altro importante mito nel quale il protagonista acceca se stesso: è Edipo che, dopo aver scoperto di aver ucciso suo padre e sposato sua madre, si acceca. Freud assimila l’accecamento con la castrazione, elemento che ricorrerà dappertutto ne I Soprano. A differenza del mito di Edipo, la castrazione simbolica non arriva dalla figura paterna ma da Livia, che tuttavia continuerà a paragonare Tony al padre, castrandone la mascolinità. Il personaggio di Livia, interessante da scoprire, è costruito sulla madre stessa di Chase e indicata come una “vera sociopatica”, in quanto non possiede alcun tratto di empatia. Livia usa classiche manovre manipolatorie per instillare in Tony la colpa di non essere un bravo figlio; a sua volta, lui si comporta come un classico esempio di bambino abusato dalla madre.

“Perché avrei dovuto essere un bravo figlio con quel vecchio pipistrello demente? Quell’egoista, ha rovinato la vita di mio padre!”

“Ma lui non era suo figlio… cosa ti ha fatto?”

Tony Soprano e Dr.essa Melfi

Come sottolinea la dottoressa, Tony opera un transfer su suo padre, attribuendo a lui tutto il dolore che sua madre gli ha causato. La situazione di Tony mette in scena un possibile caso di complesso edipico negativo, ossia la condizione nella quale il figlio odia la madre perché lo allontana dalla figura paterna, generalmente assente.

Il padre: il trauma primario

johnny boy-Soprano

Johnny Boy ci viene mostrato solo tramite flashback come una figura in realtà poco paterna, ma mascolina e violenta. Il flashback più importante è quello che vede Tony e il padre da Satriale’s: poiché quest’ultimo non può pagare il debito, il padre di Tony gli taglia le dita. Subito dopo quest’evento, Johnny parlerà a Tony è gli instillerà un preciso codice di condotta che è alla radice del carattere giustificatorio della violenza di Tony.  

Johnny Boy è il primo a instillare in Tony il bisogno e la possibilità di razionalizzare la violenza, attuando in potenza quella “divisione verticale” con cui Tony gestirà la sua intera esistenza.

Subito dopo, Tony ricorda suo padre che mostra a sua madre la carne che ha prelevato da Satriale’s. Tony sottolineerà che questa è l’unica volta in cui abbia visto sua madre veramente felice ed è qui Tony avrà il suo primo svenimento. Nella teoria psicoanalitica, esiste il cosiddetto trauma primario, che si origina o dalla creazione di una fantasia sulla sessualità genitoriale o dall’essere testimoni del rapporto sessuale tra genitori in età molto precoce. La scena della carne è importantissima perché mette in scena un grande numero di elementi che sono alla base dell’intera psicologia del personaggio: essa attua la sessualizzazione dei genitori di Tony, che ballano in modo seducente in cucina; la violenza data sia della carne cruda sulla tavola sia dell’atto di “castrazione simbolica” avvenuta da Satriale’s; tutto collegato al cibo che da lì a poco si sarebbe consumato.

La commistione di violenza, carne e sesso è ciò che fa svenire Tony e sarà il filo conduttore di una serie di cose che si agiteranno nel suo subconscio e nella sua vita come uomo, padre e boss.

Il passeggino

Il sentimento verso suo padre si rivela un sentimento negativo latente, dal momento in cui più o meno coscientemente lo incolpa di essere quello che è e da cui ha ereditato non solo la violenza e il ruolo, ma anche gli attacchi di panico. Tony cercherà per sempre di assomigliare e al contempo allontanarsi dal padre, cercando di non trasmettere la stessa maledizione al figlio. Questa sorta di rabbia latente si abbatterà spesso su Anthony Junior ma soprattutto su Christopher, che a sua volta vive di daddy issues nei confronti del suo padre putativo.

Tony cercherà di dirottare la sua ricerca di una figura paterna sullo zio Junior, che non solo si rivelerà inadatto al ruolo ma alimenterà ulteriormente la sensazione di abbandono e indesideratezza che Tony già provava da tutta la vita, tentando di ucciderlo e quindi facendogli rivivere ancora una volta l’odio di sua madre. Alla fine, Tony riuscirà a scaricare la sua rabbia proprio su quel figlio putativo, deludente come lui lo era per Livia, che verrà ucciso sul sedile dell’auto. Interessante in questo caso la scelta registica di indicare il sediolino della figlia di Christopher, come a sottolineare che è un parricidio a tutti gli effetti quello che Tony sta compiendo.

Tony mette in atto, alla fine, la fantasia di uccidere suo padre e, con lui, di uccidere anche la brutalità e la morte che dissemina da sempre la sua vita, riuscendo a spezzare la catena generazionale di violenza.

Tante parole e non abbiamo fatto altro che grattare la superficie di quell’immenso capolavoro che è I Soprano e di quella figura emblematica, complessa, umana che è Tony Soprano. Un mito nel senso freudiano del termine e, proprio per questo, immortale.

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