2) Jon Snow

Il ricordo che ci resta dell’ultima stagione di Jon Snow è quello di un personaggio che per la maggior parte del tempo ha sonnecchiato, per il resto si è diviso tra uno She’s my Queen e un Il Trono non lo voglio, dallo a un altro. Peccato, perché tutte quelle storie sull’Azor Ahai, sull’erede di Rhaegar Targaryen, sull’ultimo uomo d’onore dei Sette Regni, ci avevano fatto sperare in qualcosa di diverso per il Bastardo di Grande Inverno.
Jon ha rappresentato una delle anime più vive di Game of Thrones. Coraggioso, leale, umile, carismatico, è stato protagonista di una storia che ci ha tenuti col fiato sospeso fino all’ultimo.
C’erano due destini ad attendere Jon Snow al varco dell’ultima stagione: il Trono o la morte. E noi ci siamo aggrappati a questo bivio senza sapere esattamente quale strada scegliere.
Ma gli showrunner hanno riservato a Jon un finale ancora diverso. Arrestato, tenuto prigioniero per mesi – che in realtà sono sembrati meno di venti secondi – giudicato colpevole dal suo stesso fratello minore e condannato a una sorta di esilio forzato al Nord, il luogo che più di tutti gli appartiene, ma che avremmo preferito che scegliesse in totale libertà.
Jon Snow, il cui alto senso del dovere è stata una delle sue peculiari caratteristiche sin da subito, nell’ottava stagione è stato schiavo dell’amore e delle sue implicazioni. Poco decisivo persino nella battaglia finale con gli Estranei, relegato a un ruolo di secondo piano per tutto il tempo, Jon ha sparato le sue ultime cartucce alla fine, sacrificando l’amore per una giusta causa. Il legittimo erede al Trono di Spade finito ai margini del Continente Occidentale, condannato e dimenticato.
Non è tanto il finale in sé, ma il come ci si è arrivati che lascia ancora tanto amaro in bocca.







