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La Classifica dei 10 Migliori Film italiani da vedere per forza almeno una volta nella vita secondo Hall of Series – Comunità di Recupero

Una scena tratta da Nuovo Cinema Paradiso, uno dei migliori film italiani

Ci siamo: settembre è arrivato e Hall of Series – Comunità di Recupero è pronta a inaugurare la nuova stagione autunnale, ma non prima di aver assolto il suo consueto compito settimanale. Soltanto sette giorni fa la community si dedicava alla Classifica delle 10 Migliori Attrici italiane, oggi invece rilancia la sfida – se possibile – alzando ulteriormente l’asticella con un tema che non vi lascerà indifferenti e che di certo non mancherà di suscitare dibattito. Il tema della classifica di questa settimana riguarda infatti i migliori film italiani da guardare per forza almeno una volta nella vita e – come accade in ogni classifica limitata a soli 10 posti – non mancheranno né esclusioni importanti né pellicole che qualcuno potrebbe considerare poco adatte a una lista tanto ambiziosa.

Molti dei titoli presenti in classifica saranno infatti l’emblema dell’italianità – come nel caso di Fantozzi – ma non sempre avranno il potere di mettervi tutti d’accordo. L’assenza del cinema di Fellini, di Antonioni o Scola non passerà infatti inosservata, ma le decisioni di Hall of Series – Comunità di Recupero sono state nette e decise. E sono quelle che vedrete. Siete pronti? Partiamo allora!

Da Roma Città Aperta a tanto altro ancora: ecco la Classifica dei 10 Migliori Film italiani da vedere per forza almeno una volta nella vita secondo Hall of Series – Comunità di Recupero, che oggi conta oltre 54.000 iscritti!

10) Roma Città Aperta

Una scena di Roma Città Aperta, uno dei migliori film italiani
Credits: Minerva Film

Siamo nel 1945, l’anno in cui Roberto Rossellini segna una svolta decisiva nella storia del cinema con Roma città Aperta. Con questo film, candidato agli Oscar e riconosciuto come pietra miliare del Neorealismo italiano, il regista consegna al mondo un’opera diventata un punto di riferimento imprescindibile, capace di camminare oltre confini nazionali. Il titolo rimanda direttamente al contesto storico: ci troviamo infatti a Roma durante la Seconda Guerra Mondiale. La capitale viene dichiarata “aperta”, non più difesa militarmente ma ancora occupata dall’esercito tedesco. All’interno di questa cornice, Rossellini intreccia i destini di Don Pietro, di Pina – una donna incinta legata a un giovane partigiano – e di un ingegnere in fuga dai nazisti. Roma Città Aperta non si limita a essere testimonianza: diventa memoria viva, capace di trasmettere il significato profondo del combattere per la libertà, proprio quando tutto sembra irrimediabilmente perduto.

E lo percepiamo. Lo percepiamo da subito, fin da quando la pellicola ci catapulta nel cuore del racconto, dando vita a una narrazione radicata nelle persone comuni travolte da privazioni, paure e dalla resistenza quotidiana di chi sceglie di non arrendersi. È qui che il film trova la sua forza: nessun abbellimento, nessuna retorica, solo la verità nuda dei luoghi reali, di attori in gran parte non professionisti, e di una macchina da presa che non costruisce, ma documenta la vita com’è: aspra, essenziale, senza compromessi. A distanza di decenni, l’impatto lasciato da questa pellicola continua a farsi sentire, non solo nel mondo del cinema ma anche nella coscienza collettiva. Ogni scena, ancora oggi, ci interpella, ci commuove e ci ricorda di ricordare.

9) Fantozzi

Fantozzi, uno dei migliori film italiani
Credits: Cineriz

Nono posto per Fantozzi e per la celebre nuvola che lo perseguita ovunque vada. In questo caso torniamo indietro fino al 1975, anno di uscita del primo capitolo di quella che diventerà una lunga e amatissima saga cinematografica. Se dovessimo spiegare ai marziani cos’è l’italianità, probabilmente ci basterebbe mostrare loro questo film: un racconto totalmente centrato sulle disavventure di un uomo sfortunato, goffo, spesso vittima ma talvolta anche complice del sistema in cui vive. Impiegato in una grande azienda che gli chiede più di quanto possa dare, Fantozzi affronta la vita un quarto di disastro alla volta.

Sul lavoro le cose non vanno bene: costantemente ignorato, sottovalutato o umiliato da colleghi e superiori. Ma nemmeno a casa trova conforto: i rapporti altalenanti con la figlia e la moglie lo fanno sentire fuori luogo anche tra le proprie mura domestiche. Per raccontare la frustrazione di una giornata qualunque, non servono gesti eclatanti: bastano i mezzi pubblici sovraffollati, le ferie rovinate, i risparmi buttati in vacanze deludenti. Sacrifici che, alla fine, non ripagano mai. Ecco perché Fantozzi, ancora oggi, rappresenta una profonda e amara riflessione sulla mediocrità dell’esistenza: quella del lavoratore frustrato, completamente schiacciato dal peso della propria professione e dalla consapevolezza, sempre presente, di non essere mai abbastanza né per gli altri, né per se stesso.

Diventato ormai un simbolo indelebile del cinema italiano, Fantozzi è ancora oggi una pellicola capace di rispecchiare non solo lo spirito degli anni ’70, ma anche la visione moderna di una vita che raramente raggiunge gli standard – sociali, economici, esistenziali – che ci siamo imposti. O che ci sono stati imposti.

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