Romanzo Popolare (1974)
- Regia di Mario Monicelli
- Disponibile su CineAutore, Channel di Prime Video.
Sbarchiamo negli anni Settanta. E lo facciamo con un film piuttosto famoso, ma non certo tra i più conosciuti di Mario Monicelli. L’abbiamo selezionato con un intento chiaro: la carriera del celebre regista si è caratterizzata dall’inizio alla fine per un notevole impulso alla sperimentazione. Un furore creativo vivido che non è appassito col tempo, e che trova qui una delle sue manifestazioni più fulgide. Non tanto sul piano tematico o nell’impalcatura del racconto, bensì su quello espressivo. Romanzo Popolare è un melodramma popolaresco dall’impronta prevalentemente comica: abbraccia una trama piuttosto ordinaria e tematiche ricorrenti nella commedia all’italiana. Dai conflitti tra il Nord e il Sud a quelli tra un uomo di mezza età e una giovanissima ragazza, passando per le dinamiche socio-politiche dei rumorosi anni Settanta italiani, Romanzo Popolare sembra volere raccontare una storia già vista.
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Il punto, però, è che la racconta meglio di chiunque altro.
L’impulso verista restituisce uno spaccato della Lombardia popolare fin troppo credibile. Soprattutto sul piano della regia, del montaggio e del linguaggio adottato, valorizzato da dialoghi brillanti e da un utilizzo dei dialetti con rari eguali, c’è tanto di nuovo in questo film. L’esperienza immersiva che se ne trae è completa, anche a posteriori. Non è un caso, d’altronde, che due geni visionari del calibro di Enzo Jannacci e Beppe Viola abbiano collaborato alla realizzazione del film con ruoli diversi. E non è un caso che la struttura si ponga il fine di arrivare a un punto d’arrivo, al contrario, piuttosto avveniristico e futuristico per il tempo. Insomma, c’è una certezza incrollabile: quando si parla di un autore come Mario Monicelli, c’è qualcosa di straordinario anche all’interno di film meno conosciuti rispetto ai più celebri. Abbastanza da esser passati comunque alla storia.
Film italiani da vedere – Ricomincio da tre (1981)
- Regia di Massimo Troisi
- Disponibile su Netflix
In questo caso, l’indicazione temporale non è solo un riferimento necessario per muoversi all’interno del nostro breve viaggio storico all’interno del cinema italiano: Ricomincio da tre è, infatti, una delle migliori espressioni del cambiamento vissuto negli anni Ottanta. Troisi, qui per la prima volta impegnato alla regia, ha dato vita a un film nel quale si rimette in discussione la figura dell’uomo italiano, spogliandolo d’ogni convenzione per restituirci la solida figura di un 27enne imperfetto. Un 27enne che sfugge ai machismi e alle aspettative sociali per mostrare al mondo i tic, le nevrosi e le fisiologiche ansie di un ragazzo come tanti altri.
Ricomincio da tre, pur essendo ricordatissimo ed aver avuto al tempo un successo fragoroso che consacrò definitivamente Troisi, ha sempre “subito” le conseguenze di uno dei suoi migliori pregi: è un film divertentissimo, al punto da aver messo in secondo piano tutto il resto.
Un peccato, mortale. La poetica di Troisi ha saputo abbinare con apparente semplicità l’essenzialità del racconto comico con la complessità di uno sfumato dramma contemporaneo dalle molteplici influenze, aprendo una strada che pochi altri hanno saputo attraversare nel tempo. La maschera comica, allora, assume un senso completamente diverso: se contestualizzata e restituita alla sua natura originaria, è fonte di riflessioni e di analisi della società del tempo, letta con grande lucidità da un artista che ha saputo lasciarci tantissimo in un tempo (purtroppo) ridotto. Ricomincio da tre non è solo risate. Non è solo sketch. Non si abbandona alla frivolezza della spensieratezza: è un racconto solido e organico, ideato e messo in scena da un artista straordinario che avremmo voluto tra noi per molto più tempo.