3) Il biopic The Foxcatcher esplora il lato oscuro del sogno americano

Tra i film biografici sportivi più inquietanti e originali degli ultimi anni, Foxcatcher – Una storia americana, disponibile su Prime Video, si distingue per il suo tono cupo e per la capacità di andare ben oltre la cronaca sportiva. Diretto da Bennett Miller, già autore di Truman Capote e Moneyball, il film racconta una vicenda realmente accaduta che intreccia sport, potere e ossessioni personali, portando alla luce il lato più disturbante dell’élite americana. La trama segue la relazione tra i fratelli Mark e David Schultz, campioni olimpici di lotta libera, e l’eccentrico miliardario John du Pont, discendente di una delle famiglie più ricche e influenti degli Stati Uniti. Du Pont, interpretato da un sorprendente Steve Carell (ecco le sue migliori interpretazioni) in un ruolo drammatico che lo trasforma fisicamente e psicologicamente, invita Mark nella sua tenuta, con l’obiettivo di creare una squadra di lottatori olimpici sotto il suo patrocinio.
Quella che sembra un’opportunità dorata per rilanciare la carriera dell’atleta si trasforma progressivamente in una spirale di manipolazioni, tensioni psicologiche e rapporti di potere malati. Fino al tragico epilogo. Ciò che rende Foxcatcher un biopic diverso dal solito è la sua scelta di concentrarsi non tanto sulle vittorie sportive, quanto sulle dinamiche emotive e sociali che circondano i protagonisti. Du Pont appare come un uomo ossessionato dal desiderio di legittimazione, incapace di trovare un’identità al di fuori della sua ricchezza. La sua figura è al tempo stesso patetica e terrificante. Si tratta, pertanto, di un mecenate che compra atleti per sentirsi amato e rispettato, certo. Ma che rivela anche un vuoto interiore profondo e una progressiva instabilità mentale. Al contrario, i fratelli Schultz incarnano il lato umano dello sport, fatto di sacrifici, solidarietà e un bisogno sincero di appartenenza.
Le interpretazioni sono la vera forza del biopic
Carell, quasi irriconoscibile, dà vita a un personaggio disturbante senza mai scivolare nella caricatura. Channing Tatum offre una performance intensa e vulnerabile, lontana dai ruoli a cui era abituato. Mark Ruffalo, nei panni di David, porta sullo schermo una figura calorosa e positiva, che diventa il contrappeso morale alla freddezza di du Pont. Visivamente, Foxcatcher si distingue per uno stile austero e glaciale. Tipici sono la fotografia fredda, le inquadrature silenziose e i ritmi lenti che accentuano il senso di inquietudine.
È un biopic che usa il linguaggio del thriller psicologico per raccontare una storia vera. E ci mostra come dietro lo sport e i suoi ideali si possano nascondere dinamiche di controllo, fragilità e violenza. In definitiva, Foxcatcher diventa una riflessione sul lato oscuro del sogno americano. Ma anche su come il potere economico possa corrompere relazioni genuine e su come il bisogno di riconoscimento possa trasformarsi in ossessione autodistruttiva. Guardarlo oggi significa non solo rivivere una vicenda tragica, ma anche interrogarsi su cosa si nasconda dietro le facciate dorate del successo e della ricchezza.






