Vai al contenuto
Serie TV - Hall of Series » Dracula » La Critica Distruttiva – Cosa è andato storto in Dracula?

La Critica Distruttiva – Cosa è andato storto in Dracula?

Attenzione: questo articolo contiene spoiler (e invettive) su Dracula!

Entrate, fatevi pure avanti. Siete pregati di lasciare all’ingresso le scarpe, il cattivo gusto e l’amore per il cringe.
Ottimo, ora direi che possiamo cominciare.
Benvenuti a tutti, sono Alessia Agazzi e questa è #LaCriticaDistruttiva, il piccolo angolo di mondo in cui dimenticherò correttezza e buon costume per farmi odiare da ogni altro appassionato di serie tv. Per quale motivo ho deciso di aprirvi il mio cuore e lanciarmi in questa impresa di cui nessuno sentiva l’effettivo bisogno? Secondo la versione ufficiale, l’ho fatto per darmi un tono e iniziare il nuovo anno con un pizzico di originalità. La verità è che non ho assolutamente nulla da fare. E adoro lamentarmi. Vorrei dedicare questo primo appuntamento a Dracula, una serie in cui avevo riposto grandi speranze sin dal primo momento, e che in seguito ho capito essere la più grande delusione della mia vita dopo Babbo Natale.

Sono una fan di Bram Stoker, e insopportabilmente conservatrice quando si tratta dei classici della letteratura, ma avevo fiducia in Moffat e Gatiss. Credevo che, come nel caso di Sherlock, avrebbero preso una delle più belle storie di tutti i tempi e le avrebbero restituito la vita, rinnovandola con una certa oculatezza. Quando il 4 gennaio mi sono apprestata alla visione dei tre episodi con tanto di tazza fumante, copertina e sorriso sornione, di certo non mi aspettavo questo. Cosa è andato storto in Dracula, secondo me? Dracula. La morte di una leggenda.

Dracula: la pretenziosità uccide più dei denti aguzzi

Dracula

Immaginate di essere ancora bambini. Ora immaginate che i vostri genitori vi abbiano promesso un grande, maestoso, imperiale gelato.
Siete già lì, sul sedile dell’auto, a fantasticare sulla montagna di palline al cioccolato, caramello e tiramisù (con tanto di cialda), quando la macchina si ferma. E vi ritrovate dal dentista. La vostra espressione depressa convince il malvagio dottore, alla fine, a offrirvi una caramella alla menta senza zucchero. Questo è Dracula. I creatori della serie hanno peccato di hỳbris, come direbbero nell’antica Grecia, e si sono convinti che stravolgere il contesto in cui si svolge la storia dia necessariamente vita a un prodotto ben riuscito. No.

Per Sherlock aveva funzionato, ma le forzature sono evidenti. Può ancora essere apprezzabile la rivisitazione del personaggio di Van Helsing in chiave femminile, ma non si esce dal seminato senza qualche rischio.

Non intendo interpretare il ruolo della purista che si aspettava un’esatta trasposizione della storia originale, non fraintendetemi. Rielaborare è bello, rielaborare male un po’ meno. Dracula doveva essere una serie coraggiosa e innovativa, ma comunque horror. Qui paura e inquietudine si dissolvono gradualmente, e tutto ciò che rimane di terrificante è un teen drama che culmina in un finale filosofeggiante e ricercato. In pratica, aria fritta. Un’elaborata interpretazione post-moderna che poteva divenire un capolavoro della cultura horror televisiva, ma che ha preferito sfociare nel nulla più assoluto. Ciò non significa che sia proprio tutto da buttare: in questa serie troviamo ottime prove attoriali, un’apprezzabile fotografia e degli spunti narrativi davvero interessanti.

Purtroppo, questi elementi positivi vengono messi in ombra con l’avanzare della trama: l’atmosfera lugubre iniziale, che ci viene offerta dai ricordi di Jonathan Harker, scema lentamente, trasformandosi in un gioco di potere tra Dracula e Suor Agatha molto simile a quello che intercorre, guarda caso, tra Sherlock e Moriarty. Non vorrei rimproverare Steven e Mark di aver preso spunto (copiato) da se stessi ma, se posso permettermi, si potrebbe anche variare un po’ nella caratterizzazione dei personaggi. Così, per provare. È nel terzo episodio, però, che tutte le storie di vampiri vengono ufficialmente prese a schiaffi.

Il declino di un personaggio secolare nell’era moderna

Il protagonista, il Conte, interpretato da un magistrale Claes Bang (facciamo finta di essere anche buoni), subisce un’involuzione progressiva: inizialmente si accosta bene al Dracula che tutti conosciamo ma, per amore dei colpi di scena, gradualmente si trasforma in un sensibile e tecnologico businessman del ventunesimo secolo. Si procaccia il “cibo” sui siti di incontri. È terrorizzato dall’idea della morte, e tutti i simboli che ha sempre creduto essere nocivi per lui non sono altro che dei potentissimi placebo.

Il predatore per antonomasia, diabolico, dotato di una conoscenza secolare assimilata dal sangue di migliaia di vittime, ha bisogno dell’aiuto di Zoe Van Helsing per capire il motivo per cui ha trascorso la sua intera vita al riparo dalla luce del sole. E così, il sanguinario Conte Dracula si trasforma istantaneamente in un ragazzino traumatizzato e confuso, che si sacrifica in nome di una donna di cui non gli è mai importato nulla.
Un cuore d’oro, insomma.

Questa tendenza a giustificare e redimere gli antagonisti inizia a starmi un po’ stretta. A voi no?

dracula

Se il terzo episodio ha registrato un calo di ascolti clamoroso (i cui drastici numeri li trovate qui) immagino di non essere l’unica ad aver provato una bruciante delusione guardando questa serie. Tre puntate, 270 minuti di speranze mal riposte e personaggi letterari ridicolizzati. Mi chiedo: in nome di cosa? Dell’originalità? Dell’eccessivo bisogno odierno di assimilare bellezza ed eccentricità? Ispirarsi a uno dei più grandi lavori di narrativa mai scritti è una grande responsabilità e, se proprio lo si vuole riarrangiare, sarebbe quantomeno doveroso proteggerne l’essenza, il nucleo.

Ringraziamo comunque i creatori che hanno intelligentemente optato per una serie autoconclusiva, ponendo presto fine alle nostre sofferenze.

Leggi anche – Dracula non è la nuova Sherlock