Storie intrise di tensione, suspense e complessi labirinti mentali, il thriller psicologico scava nella profondità della psiche umana, esplorando temi legati alla paura, all’inganno e alla fragilità della mente. “Ciò che è non sarebbe e ciò che non è sarebbe”, direbbe una certa Alice. Precipitata giù nella tana del Bianconiglio, in fondo la piccola Alice non compie un capitombolo dissimile dalla Catherine di Cate Blanchett in Disclaimer (ecco le 5 migliori interpretazioni dell’attrice). Giù sempre più giù, ha tutto il tempo per riflettere sui propri errori salvo poi versare lacrime di coccodrillo e tornare al punto di partenza.
Inconsapevole protagonista di un thriller, anche Alice si ritrova in bilico tra realtà e fantasia, messa in discussione su ciò che considera vero. D’altronde uno degli elementi chiave di questo genere è proprio l’instabilità psicologica dei protagonisti. I thriller psicologici esplorano spesso temi che spaziano dalla paranoia alla schizofrenia mettendo costantemente in discussione il punto dei vista dei personaggi nonché quello del pubblico. Tutti questi disturbi creano una cornice narrativa in cui nulla è come sembra ed entra in gioco quello che, in letteratura, viene denominato “narratore inattendibile” contribuendo a creare un senso di disorientamento nello spettatore o nel lettore.
E se in Il talento di Mr. Ripley e Gone Girl – L’amore bugiardo, il sensazionalismo nasce dalla rivelazione finale della sua inattendibilità, in film come Shutter Island o Il cigno nero, il thriller psicologico si evolve per rappresentare il tormento mentale e il collasso psichico.
Nel cinema, il padre di questo genere è senza dubbio Alfred Hitchcock, che con film come Psycho (quanto c’è del film in Bates Motel?) e Vertigo, non ha mai avuto paura di esplorare i lati più oscuri della mente umana. Laddove l’inganno e l’ignoto vanno a braccetto in una danza psicologica. Figlio quindi di una progenie molto prolifica, Disclaimer (disponibile sul catalogo Apple TV+ qui) potrebbe scadere nel “già visto e già letto” ma sorprendentemente non è così.
Il regista messicano premio Oscar Alfonso Cuaron (regista del miglior capitolo della saga di Harry Potter) scrive e dirige la miniserie Disclaimer, adattamento dell’omonimo romanzo best-seller di Renée Knight. La storia si dipana attraverso tre narrazioni, salvo poi renderci quasi immediatamente conto che altro non sono che tre punti di vista diversi della medesima vicenda. Catherine conduce la vita perfetta: casa, marito, successo e gratificazioni lavorative. La sua storia ci viene raccontata da una voce calda e seducente che ci invita a provare una fitta di gelosia per l’esistenza idilliaca della nostra protagonista.
La seconda storia è quella di Stephen che è tutto l’opposto. Il vecchio ha perso la moglie, il figlio e adesso anche il lavoro per via del suo temperamento irascibile e dei modi burberi. Ma questo a Stephen non importa. Lui ha in mente solo la vendetta come ci tiene a precisare la voce narrante che altri non è che la sua. Infine, la terza storia è ambientata in Italia e vede protagonista un ragazzo poco più che adolescente. Si chiama Jonathan e rimane da solo in Italia in vacanza, dopo che la sua fidanzata è dovuta tornare a casa in Inghilterra per via di un’emergenza in famiglia. Un ragazzo nel fiore degli anni, bello, vitale e molto intelligente che si appresta a conquistare il mondo. Poi incontra una donna stupenda e il sogno si spezza. Stavolta a raccontarci come vanno le cose ci pensa il narratore onnisciente.
Dove risiede dunque la verità in Disclaimer?
Forse in quella calda estate italiana, durante la quale Jonathan ha perso la vita, ottenebrato da una mantide religiosa senza pietà? La stessa mantide religiosa che anni dopo riceve un libro in cui è raccontata tutta la sua storia. Uno scherzo crudele del destino o il karma che viene finalmente a reclamare giustizia. Ogni episodio di Disclaimer (qui la nostra recensione dei primi due episodi) ci spinge a emettere giudizi, a decidere chi è il carnefice e chi è la vittima. Ma il nostro dito puntato cambia irrimediabilmente direzione con il passare delle puntate. La vita perfetta di Catherine si infrange in milioni di schegge a causa di un uomo vecchio e solo, il cui unico desiderio è quello di rovinarle la vita.
Povera Catherine, ci viene da dire. L’accanimento nei suoi confronti ci spinge ad averne compassione, almeno nei primi episodi. Quelle stesse schegge di vetro ci rimandano presto indietro, però, un’immagine che non è più idilliaca. Anche il rapporto problematico con il figlio e quello apatico con il marito acquisiscono nuova dimensione, quando assistiamo ai flashback degli episodi tre e quattro.
Catherine si trasforma repentinamente nel villain. In questa sirena che ha avviluppato il povero Jonathan e l’ha trascinato negli abissi dell’oceano. Adesso, in procinto di perdere ogni cosa, Catherine sembra ottenere esattamente ciò che merita. La voce narrante racconta la sua storia con implacabile freddezza, concentrandosi su colpe, risentimento e vergogna. Precipitata sempre più giù, proprio come Alice, Catherine non ha modo di venire a capo di questo Paese degli Orrori. Ma davvero è tutto qui?
Tutti gli elementi cari al thriller psicologico vengono esasperati trascinando lo spettatore nello stesso vortice senza uscita in cui precipitano tutti i personaggi di Disclaimer.
Uno dopo l’altro. Perché se Catherine e Stephen si scambiano continuamente il ruolo di vittima e carnefice, di certo le figure che orbitano loro attorno non rimangono impassibili. Ed è nella loro voce che forse potremmo trovare la chiave di volta necessaria a sbrogliare l’ingarbugliata matassa di Disclaimer.
Catherine e Stephen sono protagonisti tormentati. L’instabilità mentale o emotiva, i traumi, le insicurezze e le ossessioni personali rendono questi personaggi sfaccettati e inafferrabili, creando un legame ambiguo con noi, il pubblico. Non è nel loro passato doloroso né tantomeno negli scheletri nell’armadio che troviamo la connessione più profonda. Una connessione che, invece, riusciamo forse di più a creare con i personaggi secondari lasciati ai margini, con chi ha subito le bugie di Catherine e il rancore di Stephen.
Robert, marito di lei, e Nancy, moglie di lui, sono i veri oppressi.
Entrambi, e per motivi diversi, sottostanno alle leggi dei loro partner quasi annullandosi. Robert è davvero un marito devoto che venera sua moglie e che non ha mai sospettato minimamente di questa sua natura selvaggia. Il suo amore l’ha reso cieco di fronte all’evidenza, facendolo sentire adesso uno sciocco sentimentale. Probabilmente ci siamo passati tutti. Nancy, a sua volta, non trova pace neppure da morta diventando la scusa per il marito di perpetrare la sua personale vendetta.
E poi ci sono i figli. Jonathan e Nicholas, due facce della stessa medaglia. Due giovani dalle mille potenzialità ma irrimediabilmente spezzati. Sono le vittime sacrificali di questa tragedia, gli unici che davvero conoscono la verità delle cose. Perché Nicholas poteva anche essere un bambino ai tempi dei fatti in Italia, ma una parte di lui conserva chiaro il ricordo di qualcosa di torbido riguardante sua madre. Un ricordo che, seppur sepolto dagli anni, ha irrimediabilmente inquinato il rapporto con la genitrice. A sua volta la storia Jonathan, che non ha infatti alcuna voce narrante, rappresenta la verità oggettiva.
Ogni piccolo indizio o dettaglio sembra nascondere qualcosa di più oscuro in Disclaimer, e dove anche la mente più logica può finire per vacillare.
Anche in questo caso Cuaron riprende dai maestri aggiungendo un tocco maggiormente sensuale e carnale. Si sofferma particolarmente sul tradimento, su quella passione travolgente che spinge Jonathan tra le braccia di Catherine. Ancora una volta ci è impossibile non cogliere un parallelismo tra lui-marinaio e lei-sirena che ne causa la rovina. Jonathan si scontra sugli scogli morbidi e sinuosi di Catherine, si perde in questo sentimento, guidato solo dal desiderio irrefrenabile. A differenza di altri generi, dove il climax è solitamente un confronto fisico o una rivelazione esplosiva, nel thriller psicologico il climax è spesso di natura psicologica. E noi aspettiamo ancora il colpo di scena finale.