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L’influenza dell’acqua è forte in chi vicino all’acqua è cresciuto. Invade tutto, persino i piccoli attimi di una vita strana, innaturale, provocatoria, come quella di Dexter Morgan.
L’oceano su cui si affaccia Miami è l’unico a poter raccontare la sua storia, che poi solo sua non è. Appartiene al mondo in cui Dexter abita, a contatto con le vittime, la famiglia e tutto ciò che diversamente sembra non contare, a cui, colpevoli, diamo poca importanza. Sbagliando ovviamente, diamo invece una strana puntualità alle lancette di ogni episodio. Dopo ogni piccola perturbazione si torna a essere perfettamente in linea con la storia che abbiamo davanti. Ogni qualvolta l’equilibrio viene minato, la vera natura di colui che convive e gestisce la sua parte oscura, viene risvegliata. Tutto ciò che accade ha come risultato finale una inedita stabilità, così una nuova creazione viene affrontata. Dexter veste i panni di una divinità dai tratti mortali, come un dio pagano e mostruoso a cui Miami permette una scelta continua e variegata di vittime sacrificali.
Forse in maniera diversa, ma nessuna immagine avrebbe reso più dello schianto di un cadavere sul mare fino ad allora calmo.
Come il rumore sordo, quasi ovattato che ha Little Havana nelle ore lontane a quelle di punta. Quasi consapevole di dover essere interrotte di lì a poco, improvvisamente. Sono spezzate in medias res, nel momento in cui la causa e l’origine non sembrano neanche più importanti.
Tutto immediatamente diventa caotico, esattamente come fosse un ronzio continuo, che in progressione risulta insopportabile, ma fondamentale per tenere alta l’attenzione.
Dexter non avrebbe potuto alimentarsi, crescere e diventare l’emblema che è oggi senza il rumore e la tranquillità, che in una straordinaria e intensa guerra di opposti, creano terreno fertile per il proliferarsi del male di cui conseguenza naturale è la nascita di una giustizia sbagliata.
Miami ha l’abilità di ritrovarsi a essere culturalmente indifferenziata, permettendo la commistione necessaria e caratteristica di una serie piena dal punto di vista culturale.
Le situazioni riflettono ogni volta zone culture diverse ma complementari, dipendenti l’una dall’altra. Fuori da Miami sarebbe stato difficile mettere in scena una così grande varietà di colori avendo la possibilità di racchiuderla in un’unica coreografia.
Ogni elemento contribuisce a creare la trama e ogni nostro sbaglio porta a una nuova soluzione. È essenziale tenerci all’oscuro di molte informazioni, non ci sarebbe trama alcuna storia se solo non fosse così, ed è questo che rimane nascosto nei corpi che affondano in quello che è l’abbraccio di sepoltura delle vittime e di molti dei loro segreti.
Se solo non fosse stata Miami, con il suo caos e il suo difetto di identificazione in una sola ed esclusiva categoria, quell’abbraccio di sepoltura non sarebbe mai avvenuto. Così come il legame con l’ambientazione, a partire dall’appartamento di Dexter presentato sapientemente nei secondi finali della sigla.
Le scene di intro immediatamente fuori casa danno da subito un’idea di continuità che permette di affezionarsi anche a qualcosa di inanimato, rendendolo sentimentalmente importante.
Riusciamo a ricordare la passerella di entrata dell’appartamento associandola a Dex che si allontana sorridendo. In un ghigno che contiene la sua doppia personalità manifestandone i suoi poli, gli aspetti più estremi. La calma della camminata, cadenzata al punto giusto, rappresentata un attimo prima dell’esplosione improvvisa che irrompe producendo una temibilissima energia. Lo stesso sorriso pericoloso e sospetto di una città che ha un’identità senza averne una.
Quasi nessuna possibilità di essere descritta. Se non come lo sfondo perfetto per l’interferenza di un serial killer che funge da perturbazione a un equilibrio già di per sé dinamico. O più semplicemente, come l’abbraccio maestoso tra calma e rumore.