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7 citazioni di Black Mirror che dovremmo sempre tenere attentamente in testa

Black Mirror
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Fin dalla prima stagione, ogni episodio di Black Mirror racconta una storia autoconclusiva, totalmente diversa e scollegata da quella precedente e da quella successiva ma unita dall’appartenenza a una comune realtà distopica e spesso estrema. La serie tv racconta con crudo realismo le più insidiose e complicate strutture comportamentali ed emotive umane in rapporto all’universo digitale e non solo. La riflessione circa l’uso dello strumento tecnologico va ben oltre la sua compatibilità con l’essere umano in quanto creatura; senza tralasciare il peso della responsabilità delle conseguenze, Black Mirror riesce brillantemente a dimostrare quanto sottile sia la linea fra narrazione e realtà.

Oltre a essere una fonte inesauribile di analisi ferocissime sul nostro presente, Black Mirror è anche un calderone pieno zeppo di citazioni. Queste sono le 7 che abbiamo scelto. Voi avreste aggiunto qualcosa?

1) Bandersnatch

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Mirrors let you move through time

Bandersnatch è un film interattivo psichedelico, il cui protagonista scopre di essere controllato dallo spettatore mentre sta programmando un nuovo videogioco. Ben presto la sua visione della realtà diventa sempre più distorta mentre la possibilità di andare incontro a diversi finali è lasciata nelle nostre mani.

In realtà l’idea di controllo da parte dello spettatore è tutta un’illusione trovando così il parallelo perfetto nella storia di Stefan e, in fondo, nell’intera filosofia di Black Mirror. Ed è proprio nel monologo di Colin, mentre lui e il protagonista sono sotto effetto di acidi, che troviamo una delle citazioni più profonde e significative della serie tv. Colin riflette sull’errata convinzione dell’essere umano che esista un’unica realtà quando invece ne esistono molteplici, ognuna delle quali derivante dalle scelte che compiamo. La nostra vita si dipana in una serie di ramificazioni infinite dettate dalle nostre stesse azioni. Sono gli specchi, aggiunge Colin, a permetterci di muoverci nel tempo, a creare un ponte metaforico tra le differenti realtà. D’altronde è proprio di uno specchio che la serie tv ha deciso di avvalersi come iconografia personale, perché – nella più antiche delle tradizioni folkloristiche – lo specchio è strumento di conoscenza, verità e ricerca interiore. Al suo interno ci si può perdere come un moderno Narciso oppure scopre qualcosa di nuovo sul mondo e su noi stessi, come l’Alice di Lewis Carroll.

Lo specchio permette una visione molteplice sulla realtà circostante, proprio come accade in Bandersnatch e, più in generale, in Black Mirror.

2) Smithereens

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The sky could turn purple and you wouldn’t notice for a month.

Andrew Scott offre una delle migliori interpretazioni dell’intera serie benché l’episodio non sia tra i più forti o tra i più innovativi visti finora. Non esiste alcun riferimento agli elementi fantascientifici dello show, si tratta semplicemente di una critica realista e attuale sull’utilizzo spropositato degli smartphone e sulle loro ripercussioni nella nostra vita. Quello che manca all’episodio non è il contenuto ma il mezzo per portare il messaggio fino in fondo. Se l’interpretazione di Andrew Scott risulta da brividi, finisce purtroppo per perdersi all’interno di una puntata davvero troppo lunga.

Devastato e risentito, il personaggio di Scott si lascia andare a un monologo intenso in cui riversa tutta la sua frustrazione. Inveisce contro il malcapitato che ha rapito utilizzandolo come capro espiatorio per le scelte sbagliate che lui stesso ha compiuto nella vita. Ancora una volta, con un’abile rivelazione finale, lo show dimostra che il problema non è la tecnologia ma l’uso che ne fanno gli esseri umani.

3) Men against fire

Black Mirror

It’s a lot easier to pull the trigger when you’re aiming at the boogeyman.

Un soldato tecnologicamente potenziato viene incaricato di uccidere dei “parassiti”, ma si rende ben presto conto che le cose non sono come sembrano. La messa in scena mette in risalto gli orrori della guerra ed è scritta in modo eccezionale come uno strumento perfetto per il controllo militare dei soldati. L’episodio fa un ottimo parallelismo con altri genocidi nella storia. Volendo leggere fra le righe è possibile notare i riferimenti all’olocausto e al massiccio lavoro di convinzione che i nazisti operarono sui loro soldati, e questo è solo l’esempio più eclatante nella storia dell’uomo.

Il messaggio dell’episodio non risparmia nessuno, il concetto è semplice e il tono pesante appropriato, visto che si tratta di un mini film di guerra. Persino la visuale in prima persona funziona bene, in quanto ritrae la vista aumentata del protagonista e nasconde, per un certo periodo, la realtà di questo mondo. Quando il velo cade, lo fa anche l’illusione di agire per un bene superiore e quelli che sono apparsi come mostri terribili si rivelano persone esattamente uguali a noi.

4) Fifteen Million Merits

Black Mirror

Authenticity is in woefully short supply

Possiamo abbellire il nostro avatar come più ci piace e passare le giornate a utilizzarlo per giocare e fare altre cento cose. Tutto ciò che sembra naturale appare solo sugli schermi. “L’autenticità scarseggia”, dice un personaggio chiave dell’episodio, ma nessuno sembra preoccuparsi di questo perché nessuno desidera la realtà.

Lo schermo in questo episodio di Black Mirror è il solo mondo che importa.

Tuttavia Bing, il nostro protagonista, è stanco di questo mondo. Vuole fuggire e tornare nel mondo reale che tutti sembrano aver dimenticato. Una canzone di tempi perduti cantata da una ragazza malinconica rappresenta un barlume di autenticità ma il “sistema” non ha alcun intenzione di lasciarlo brillare. Infuriato, Bing sfoga le sue emozioni più sentite in un discorso potentissimo ma che lascia tutti indifferenti. Mentre guardiamo l’episodio, ci sembra di assistere a uno spettacolo grottesco e alieno. Poi viene da chiedersi se, in effetti, lo sia così tanto. Non siamo forse anche noi ossessionati dalle nostre foto profilo e dai nostri avatar online? Non è forse vero che anche nel nostro mondo “l’autenticità scarseggia”?

5) Shut Up and Dance

Shut up and dance

Pictures hang about on Google like a Gypsy curse. There’s no cure for the Internet, you would never go away.

Un domino di ricatti che non lascia scampo, trascinando il protagonista verso il baratro dell’autodistruzione sociale. Kenny si dona piacere da solo davanti alla webcam del proprio computer, il giorno dopo viene contattato da un hacker e ricattato. Al percorso a ostacoli di Kenny si aggiunge quasi subito un’altra “vittima”, Hector, anche lui costretto a obbedire pedissequamente. Le due marionette umane devono quindi portare a termine dei compiti, uno dopo l’altro, per aver salva la vita e la reputazione. Per conservare immacolata quella maschera che si mostra in società. Ed è proprio Hector a regalarci una frase tanto vera quasi spaventosa.

Internet non conosce zone grigie, agisce come giudice severo e imparziale mostrando la verità dei fatti così come sono. Non li edulcora in alcun modo, la distinzione tra bene e male perde ogni connotazione etica ed essi appaiono fianco a fianco alla mercé del mondo intero. Ed è in questa dimensione imparziale ma allo stesso tempo spietata che le persone possono essere elette sante un giorno e lasciate precipitare nell’abisso l’indomani.

6) The Entire History of You

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Not everything that isn’t true is a lie.

In Black Mirror i ricordi divengono un’arma a doppio taglio. Se l’intento iniziale può anche sembrare nobile e interessante (avere la possibilità di proteggere le persone che amiamo o ricordare tutti i momenti belli), come Charlie Brooker ci insegna per l’ennesima volta bisogna fare un uso parsimonioso e sapiente della tecnologia. “The Entire History of You” è una parabola discendente sull’alienazione e la gelosia. Poter rivivere ogni singolo ricordo può avere delle conseguenze disastrose come imparano Liam e Ffion Foxwell sulla loro pelle.

Il rapporto dei due protagonisti si sgretola pian piano, troppo impegnati a vivere nel passato piuttosto che nel presente. In cerca di una risposta che non ammette repliche, Liam disseziona la fine della relazione avvalendosi di una tecnologia che non è, in alcun modo, ricettacolo della verità. Perché anche se è possibile rivedere ogni singolo ricordo, rimane comunque al singolo la responsabilità di come viene interpretato. Tra verità e bugie esiste un oceano di non detti, di segreti celati a fin di bene e omissioni. Se tutti dicessimo quello che pensiamo davvero sarebbe una carneficina.

7) San Junipero

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I mean, they say you go crazy if you have too much.

San Junipero rimane, a mani bassissime, uno degli episodi più belli ed emozionanti di tutta Black Mirror.

La storia di Yorkie e Kelly parla di seconde possibilità, della libertà di essere noi stessi e di amare senza dover rendere conto a nessuno. Da un lato abbiamo Kelly che ha vissuto una vita piena e un matrimonio felice e, per questo motivo, si sente quasi in colpa per ciò che prova nuovamente per un’altra persona; Yorkie, d’altro canto, non ha mai vissuto davvero perché paralizzata dall’età di vent’anni. A San Junipero, le due donne hanno l’occasione di vivere l’una di nuovo e l’altra per la prima volta.

Si tratta di un episodio malinconico ma allo stesso tempo ricco di speranza. E oltre ai messaggi più visibili ce n’è anche uno forse più sotteso ma non per questo di minore importanza. Pensiamo spesso che la felicità risieda nell’avere di più e guardiamo gli altri non riuscendo ad accontentarci mai, come se “accontentarsi” fosse una brutta parola da cancellare con il sangue. Ma “accontentarsi del moltissimo che si ha è merce rara” per dirla con un’altra citazione. Significa riconoscere le cose belle che abbiamo e che siamo nella vita e goderne ogni giorno intensamente. Come fossimo a San Junipero.

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