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Better Call Saul riscrive il concetto di spin-off

Già fare una Serie televisiva con la S maiuscola è un’impresa di proporzioni cosmiche. Pensate fare uno Spin-off con la S maiuscola. E pensate fare uno Spin Off con la S maiuscola subito dopo aver regalato al mondo non una semplice serie televisiva con la S maiuscola, ma La serie televisiva per eccellenza. E no, non si sta vaneggiando. Si sta semplicemente mettendo a referto l’ennesimo capolavoro prodotto dalla mente (dis)umana di Vince Gilligan. Perchè Better Call Saul capolavoro promette di essere. Ma da uno che ha partorito una pietra miliare come Breaking Bad, in effetti, era da stupidi aspettarsi qualcosa in meno.

Il punto è che fare qualcosa di epico una volta può essere anche relativamente semplice – non è il caso di Breaking Bad e di Gilligan, ma lasciamo stare -, è riuscire a ripetersi che è praticamente impossibile. Quel mostro di Vince, invece, con Better Call Saul sta riuscendo dove nessuno era riuscito. Sta riuscendo a slegare il concetto di spin-off dall’inevitabile associazione al banale tentativo di fare qualche soldo in più, sfruttando l’onda emotiva e commerciale connessa al prodotto principale. Gilligan e quell’istrionico fenomeno di Saul Goodman lo stanno riscrivendo, il concetto di spin-off. Di sana pianta.

Perchè Better Call Saul non è il solito, trito e ritrito show che punta tutto sulla nostalgia dei fans nei confronti della serie principale. Non è il solito spin-off scritto senza la benchè minima pretesa, esclusa quella di trascinare stancamente gli addicted in un trip malinconico fino al naturale esaurimento emotivo, con successiva chiusura dopo una stagione e mezzo se va bene. Better Call Saul di pretese ne ha parecchie. In primis, quella di splendere di luce propria. E almeno finora – abbiamo superato la metà della prima stagione – ci sta riuscendo benissimo.

E’ costruito talmente bene da riuscire ad issarsi quasi a prodotto autoreferenziale. I riferimenti a Breaking Bad sono parecchi, l’ambientazione è la stessa, alcuni personaggi pure – Saul, Mike, Tuco – ma l’impressione (netta) è che possa funzionare ed appassionare a prescindere dal fatto che lo spettatore abbia visto o meno quel masterpiece irripetibile che è BB.

Perchè Better Call Saul ha una storia. Vera. Divertente ma tosta allo stesso tempo. Un dramedy allo stato puro, e di altissimo livello. Il concept di base sembra essere lo stesso della serie madre, salvo poi sorprendere con variazioni superlative. Ed il fatto che il concept – solo quello di base, ripetiamo – sia apparentemente lo stesso, comunque, non stona affatto. Un uomo brillantissimo non riesce a sbarcare il lunario e decide di avvicinarsi pian piano alla criminalità. Vale per Walt, vale per Saul. Ma ci sono delle differenze.

L’attività criminale per Walter White è prima mezzo per salvare la sua famiglia dal disastro economico da cui sarebbe stata investita dopo la sua presunta imminente morte. Poi è ancora mezzo, per avere una rivalsa sulla società che non lo ha valorizzato, per tirare fuori se’ stesso, tutto il suo dirompente carisma e la sua folle genialità, tramite l’accettazione e l’esplorazione sempre più pregnante del proprio lato oscuro. Ma ad un certo punto, da mezzo si trasforma in fine. Walt vuole soldi, potere, schiavo del proprio ego vuole essere ricordato come uno dei criminali più badass della storia. Ci riesce, ma i prezzi da pagare sono altissimi: non ultima una progressiva perdita del senno, che lo porta lentamente ad autodistruggersi.

Saul Goodman invece il senno non lo perde mai. Ed ha sempre chiaro l’obiettivo. Per lui l’attività criminale rimane sempre e comunque mezzo e non si trasforma mai in fine. Lo si è visto chiaramente durante tutto il corso di Breaking Bad, lo si vede ancor più chiaramente in Better Call Saul, che è un prequel mascherato da sequel (o un sequel mascherato da prequel, fate vobis). Sin dagli albori, il progetto di James McGill – vero nome di Goodman – è molto chiaro: i legami col crimine servono per arrotondare, ma anche e soprattutto per affermarsi nel mondo della legalità. Servono ad avere sempre più mezzi a disposizione per diventare l’avvocato più potente della zona. Il suo fine ultimo è e rimane sempre quello, farsi apprezzare ed ammirare nel suo mestiere. “I’m a lawyer. Not a criminal”

E’ da questa frase che parte più o meno la storia del sarà Saul Goodman, James McGill. Da qui parte la sua ripida scalata, fatta dei soliti trucchetti, della solita parlantina, ma anche di un’insospettabile introspezione. Scopriremo un uomo che sguazza nelle contraddizioni. Che si mostra cinico ma sotto sotto ha tutt’altro che un cuore di pietra. Che ride, scherza, catalizza l’attenzione e fa spettacolo. Ma quando torna a casa, solo con se’ stesso, s’immerge in un mondo interiore fatto di tristezza ed un’infinità di problemi irrisolti. Un uomo egocentrico ma tutt’altro che egoista. Saul ci trasporterà in universi che si ribaltano di continuo. Ma del resto, dal lawyer più criminal nella storia delle tv series, che ti volevi aspettare.

Vincenzo Galdieri