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L’attesa snervante per il finale di stagione di Better Call Saul è sempre più difficile da sopportare. Lo stato d’animo dello spettatore, in quest’ultima puntata, va un po’ a mescolarsi a quello dei due indiscussi protagonisti di questa serie: Kim e Saul. Due corpi e un’anima, due menti e un piano folle per tutta la serie, ma che ora si ritrovano a fare realmente i conti con se stessi, una volta per tutte. Sono due tipi di fughe, due modus operandi diametralmente opposti, quelli raccontati nella 6×12 di Better Call Saul. Kim si dilegua, scompare. Rinuncia a tutto, tranne che per la sua identità, si sottomette ad una vita di totale calma e mediocrità, pur di fuggire da un senso di colpa troppo soffocante, che l’avrebbe fatta marcire da dentro. D’altra parte c’è Saul, che baldanzoso e arrogante non si muove di un centimetro, accetta il divorzio e resta lì, disposto a fare sua la convinzione di essere invincibile, imprendibile. Una convinzione fittizia di cui si serve per fuggire da un altro tipo di realtà, quella che perseguita i suoi pensieri, quella della mediocrità che gli punta il dito contro con fare minaccioso, cosa inaccettabile per lui. Due tipi di fughe, due diversi caratteri che, in apparenza, ci avevano condotto a pensare a qualcosa di totalmente differente.

Better Call Saul

Innanzitutto dovrà perdonarci Kim.

Per aver dubitato del suo sguardo, confondendolo con quello di una glaciale e spietata arrivista desiderosa di redimersi da una vita di compromessi e scarse ambizioni. Quegli occhi azzurri così penetranti, uno sguardo pieno di sofferenza di una eterna bambina bisognosa di attenzioni mai ricevute, una creatura innocente plagiata e trasformata in una criminale dalle circostanze, solo da quelle. Era tutta una gigantesca apparenza quella che lei stessa aveva montato. Kim Wexler non si sarebbe mai spinta così tanto oltre, non avrebbe mai tradito la sua natura e non avrebbe mai accettato di convivere con un fardello così grande, come non avrebbe mai tradito il suo punto di riferimento. Tra Kim e Saul forse non è mai stato amore, quanto più una necessità di stare insieme e completarsi, darsi man forte. Kim aveva bisogno delle attenzioni di un uomo che era sì innamorato di lei, ma mai quanto di se stesso. Ad ogni modo, fuggire con il bottino e rifarsi una vita abbandonando Saul al suo destino, è una possibilità che non è mai stata contemplata. Si può dire che l’unico ad aver avuto la possibilità di accedere all’essenza della vera Kim sia stato proprio Saul, lavorando sodo per aprirsi uno spiraglio. Ma in Better Call Saul lei non è mai stata realmente pronta ad accettare una vita fatta di inganni, come il suo sguardo sembrava suggerire nel momento in cui guidando quell’auto faceva marcia indietro perché il piano per rovinare Howard si sarebbe dovuto realizzare quel giorno. 

Better Call Saul

Eppure, nonostante Better Call Saul abbia confermato a più riprese quanto sia facilmente corruttibile l’animo umano, con Kim non c’è mai stata storia, era tutta una mera apparenza. E ora la ritroviamo a vivere in un loop infinito di mediocrità, un compromesso insopportabile per non sentire più il peso del senso di colpa, accettando di vivere all’ombra di se stessa e rifiutando qualunque contatto col passato. Addirittura, l’eco della voce del suo Jimmy, a distanza di sei anni da quella sbrigativa e triste separazione, basta per riattivare l’allarme e convincerla a precipitarsi ad Albuquerque, questa volta per vuotare il sacco. Non servirà a niente probabilmente, di questo ne è consapevole e forse se così non fosse stato non si sarebbe costituita, ma comunque decide di sistemare le cose, almeno dentro di lei. Si tratta pur sempre di una forma di egoismo, ma vedere Kim in lacrime, dopo tutto quel tempo, ci ha fatto capire che tutto ciò che credevamo potesse essere in grado di fare non era altro che apparenza, il riflesso dell’unico vero colpevole di tutto questo decadimento morale: Jimmy.

Better Call Saul

Saul è chiamato a fare pace con se stesso, non con noi.

Odiare Saul e amare Jimmy è stato semplice. Da una parte l’eccentrico e arrivista avvocato di Breaking Bad, dall’altra un uomo apparentemente spinto a delinquere da un passato difficile, protagonista di una trasformazione talmente naturale da convincerci della sua buona fede. Ma si finisce per dimenticare che Better Call Saul è un prequel e dunque non bisogna dimenticarsi che tra Jimmy e Gene c’è pur sempre stato Saul Goodman. Ma Saul deve fare pace con se stesso, prima di ogni altra cosa, dopo una vita troppo veloce fatta di inganni quotidiani, di scappatoie e di piani geniali volti a raggirare il prossimo per tornaconto personale. Jimmy si è abituato a se stesso, si è adagiato sugli allori di una vita in cui per sua stessa scelta non ha mai avuto un secondo per respirare, per fermarsi e pensare a quei maledetti demoni e a quell’ineluttabile senso di colpa. Mentre Kim fugge, lui lo sopprime. Ma con la fine di Saul Goodman finisce inevitabilmente per nascondersi dietro un dito, obbligato dalle circostanze a una vita analoga a quella della sua compagna, insostenibile ed insopportabile per uno come lui.

Ed è lì che riemerge Saul, come ben sappiamo. Ma sono tutte apparenze, anche in questo caso. Ebbene sì, perché Jimmy ha bisogno di apparire a se stesso come l’uomo perfetto, in grado di cavarsela in qualunque situazione scomoda finisca, deve dimostrare di non essere inferiore al fratello, ma per farlo sceglie la via diametralmente opposta a quella di Chuck, uomo corretto e rigido, decisamente troppo per lui. Ora però Gene si è spinto oltre, eccessivamente. Il tutto facilmente riassumibile nella scena in cui decide di trattenersi in casa dell’ultima vittima per sorseggiare del whisky e fumare un cubano, come per danzare sull’ennesimo cadavere. Ma alla fine è costretto alla fuga, perché il castello cade, smontato dalle fragili mani di Marion che (e sfido chiunque a non aver sospettato per una frazione di secondo che potesse trattarsi di una qualche spia infiltrata), nel modo più banale e umiliante possibile, strappa via il sipario dell’apparenza e mette Gene, anzi Jimmy, di fronte alla dura realtà: Saul Goodman non è infallibile. E così l’ennesima fuga è in procinto di essere consumata, chissà per dove, con un Jimmy già consapevole di aver perso sia la partita che se stesso, definitivamente.

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