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Dopo la tempesta giunge sempre la quiete. Dopo ogni guerra arriva sempre quel momento in cui le parti in causa fanno il conto delle vittime e si organizzano per rimediare ai danni subiti. Better Call Saul ci ha insegnato a non abbassare mai la guardia nei confronti del pericolo, perché può succedere che nel momento meno opportuno, nel momento in cui tutto sembra filare liscio, accada l’imprevedibile e si scateni il caos. Eppure la quiete torna sempre, prima o poi, seppur lasciando dei segni indelebili in coloro che vi hanno preso parte. L’animo dei personaggi di Better Call Saul è profondamente corrotto, apparentemente intaccabile, fatto appositamente per auto preservarsi di fronte ad ogni ostilità. Ma per ogni Gus Fring che gode nel vedere i propri nemici in difficoltà, nell’assistere alla propria ascesa inarrestabile, c’è anche un Jimmy e c’è anche una Kim che sprofondano in un oblio oscuro e senza via di scampo, un mare di insopportabile senso di colpa, generando un enorme contrasto reazionario al caos. In un mondo in cui non esiste più linea di confine alcuna tra bene e male, in cui ormai l’unica cosa che conta è sopravvivere, fare di tutto pur di non essere la prossima vittima, preferendo annegare nello sconforto piuttosto che arrendersi alla paura.

La quiete

Better Call Saul

Gustavo come non l’avevamo mai visto, in Better Call Saul. Ora che il cane rabbioso è stato abbattuto, ora che il nemico di una vita, l’incubo per eccellenza è stato annientato, nel metodico e minuziosamente mondo di Gus Fring è tornato il sole, è tornato l’ordinario, la gestione. Perché Gustavo è il gestore intrepido di un piano silenzioso che per essere portato a termine ha bisogno, proprio come lui, di estrema tranquillità e di silenzio. Il rumore generato da Lalo Salamanca non è mai stato contemplabile, era troppo minaccioso per durare ancora. Gustavo, all’alba dopo la battaglia, accenna un sorriso di gloria e poi immediatamente si prepara a recitare la parte di chi è totalmente estraneo ai fatti. Al conclave con i Salamanca, Bolsa e Don Eladio, Gustavo si presenta con il solito fare piatto, calmo e a prova di sospetti. Mette su la sua poker face preferita e finge che non sia successo assolutamente niente. La sera prima non ha mai sparato al suo peggior nemico e, in generale, non nutre alcun risentimento nei confronti della famiglia Salamanca e del cartello, è solo un soldato, un ottimo soldato, che dà la sua versione dei fatti sulla scomparsa di Lalo, ma che già pensa al futuro. Don Eladio sa probabilmente, in cuor suo, che Gustavo nasconde qualcosa di imprevedibile, ma è anche vero che nell’economia del cartello la sua copertura è quella più sicura e il suo ruolo è inevitabilmente centrale.

Better Call Saul

L’ascesa al potere di Gus in Better Call Saul è intatta, nonostante Hector si dimeni per tentare di comunicare ciò che sa ma a cui nessuno crede. E dopo il dovere, per la prima volta in Better Call Saul, vediamo Gus concedersi un po’ di sano e genuino piacere. Una bottiglia di ottimo vino in un locale di alto borgo. Una scena di una delicatezza unica, indescrivibile, in cui emerge tutta la classe di Gustavo Fring, a dialogo con il cameriere in un botta e risposta enologico in cui non riesce a nascondere la voglia che avrebbe di concedersi al suo interlocutore, di trascinare quella dolce conversazione tanto a lungo da sfociare in qualcosa di più intimo e passionale. Si legge tanta repressione sul volto di Gustavo, tanti istinti dominati in favore del mantenimento dello status quo al quale si è auto costretto, dedicandosi per l’intera esistenza. In quest’ultimo episodio di Better Call Saul, c’è un velo di tristezza, dunque, nel vedere Gustavo concedersi quel piccolo e innocente momento di svago e intimità, c’è la tristezza di un uomo sempre sull’attenti, che per mantenere un equilibrio apparente reprime qualsiasi frivolezza e fonte di felicità.

La tempesta

Per un Gustavo rilassato, ci sono due sposi, Jimmy e Kim, che affrontano la dura realtà venendo investiti dalla dirompente violenza di quest’ultima. Pensavano di essere invincibili, oltre che nel giusto. Invincibili e intoccabili come pensa di essere un bambino quando da piccolo compie le sue prime marachelle. Ma la realtà dei fatti, sotto forma di Lalo Salamanca, li ha investiti con una forza inaudita, riportandoli coi piedi per terra. E’ sconvolgente e allo stesso tempo straziante vedere come, all’ordine di Mike di fare finta di niente per tutto il day after, i due rispondano in modo impeccabile, senza trascinarsi e senza destare sospetto alcuno, con la missione di reprimere ogni forma di paura e preoccupazione nel lavoro e nella quotidianità. Ma non c’è più tempo per costruire un futuro in Better Call Saul, non c’è più spazio per piani e progetti, Kim e Jimmy sono arrivati al capolinea sul nascere, e si dicono addio nel modo più triste e sbrigativo possibile. Addirittura, la forza della disperazione (e l’obbligo morale) li porta ad affrontare la vedova Hamlin con estrema lucidità, recitando la parte delle vittime invece che dei carnefici. Perché sì, Howard è stato fisicamente ucciso da uno spietato criminale, ma chi lo ha annientato psicologicamente, soprattutto perché ai posteri verrà ricordato come un suicidio, sono proprio loro, Bonnie e Clyde, Kim e Jimmy.

Non c’è speranza né perdono in questa terra per un atto tale, e il tutto è alimentato dall’ineluttabile trauma di aver assistito all’esecuzione di una persona estranea ai fatti, totalmente ignara e colpevole soltanto di essere un uomo profondamente triste e schiavo di sé stesso e delle sue manie. Ma se non c’è tempo per il perdono, non ce n’è nemmeno per soffermarsi e rimuginare sulle proprie azioni. La vita di per sé è già veloce, ma quella di Saul Goodman è vertiginosa, borderline, frenetica. Better Call Saul ci ha insegnato che se spinto al limite, l’animo dei suoi protagonisti reprime il senso di colpa e formula un nuovo concetto di giustizia molto personale, ed è proprio quello che accade a Jimmy, che spegne il fuoco della vergogna ripiegando in Saul e nelle sue manie di grandezza. Non c’è più Jimmy, non ci sarà mai più, e non c’è nemmeno Kim, per ora. La palla adesso passa in mano a Saul Goodman, l’avvocato del diavolo che non affronta i suoi demoni, preferendo nasconderli e fingere che non siano mai esistiti.

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