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Bentornata per l’ultima volta, Better Call Saul

Questo articolo contiene spoiler sulle prime nove puntate della sesta stagione di Better Call Saul.

Bentornata, cara serie tv; i giorni di attesa dalla tua ultima puntata sono stati come settimane e le settimane sono sembrate mesi. Ma ora sei tornata e possiamo riaverti al nostro fianco ancora un’ultima volta, ancora per qualche tempo. Ecco, se Better Call Saul avesse un’anima e potesse sentire le parole di noi fan, questo è quello che le diremmo dopo il suo nono episodio di quest’ultima stagione. Questo articolo non vuole essere una recensione, quanto più un modo per portarci avanti con spiegazioni e sentimenti per iscritto. Si dice che le persone vengano ritenute migliori una volta passate a miglior vita: anche per i prodotti televisivi è così.

Quando una serie tv si conclude, indipendentemente dalla qualità del finale, per una fetta di pubblico diventa istantaneamente migliore di quanto fosse prima. È dovuto alla sensazione di mancanza dopo aver assistito alla conclusione di qualcosa che sentivamo vicino a noi e speravamo di sentirci così per sempre. E anche quando non è così, la fine di una serie tv non ci lascia mai indifferenti: riesce a smuovere qualcosa nella nostra quotidianità e ci spinge a pensare, tanto. Ci troviamo a riflettere su quegli ultimi momenti, su quelle scene conclusive e su come ci abbiano fatto sentire, se tutte le storie aperte hanno avuto una degna conclusione e se non ci si è dimenticati di qualche personaggio per strada. Le risposte a volte le troviamo, a volte no, ma le domande continuano imperterrite e non si fermeranno mai.

Perché è finito il tempo

È la stessa sensazione di rivivere nella propria testa un momento del nostro passato e pensare a come avremmo potuto agire o rispondere diversamente: per quanti scenari possiamo immaginare, nessuno di quelli ci soddisferà mai a pieno, nessuno soddisferà la nostra sete. Ci manca il tempo, o meglio, ci manca l’essere nel momento in cui avremmo veramente potuto dire o fare qualcosa. Con Better Call Saul questo momento non è ancora scivolato tra le nostre dita, nonostante la sabbia del tempo scorra inesorabile. Siamo ancora in grado di guardare e vivere, reagire ed essere a disagio. In poco più di cinque stagioni e mezza, l’ultimo prodotto di Vince Gilligan ci ha fatto provare ogni tipo di emozione.

Se qualche mese fa ci sentivamo oppressi dal peso della consapevolezza che l’universo narrativo di Albuquerque si stia concludendo, qualche settimana fa siamo rimasti pietrificati di fronte al finale della prima parte, un po’ come il cadavere di Howard. Quarantanove minuti di episodio dopo siamo di nuovo senza parole, ma per un motivo totalmente diverso. Il nostro cervello sta processando il ritorno di un grande amore, di un grande nemico e un interessantissimo sconosciuto: perché alla fine Better Call Saul è un po’ tutti questi messi assieme.

Stiamo processando vita, morte e miracoli

La salvezza di Kim e Saul, probabilmente traumatizzati a vita per la morte di Howard e i successivi momenti con Lalo, seduti su un letto con Mike che dà loro indicazioni come bambini al primo giorno di asilo senza la mamma. La morte di Lalo, fredda e calda allo stesso tempo, buia e fatta risplendere da una piccola luce atta a mostrare il suo viso sanguinoso e ancora sorridente anche nella sua fine. Una morte d’impatto, inaspettata, realistica e sadica: avevamo imparato ad amare sotto certi aspetti il personaggio di Lalo Salamanca e il suo addio alla serie è la conclusione dell’ennesimo personaggio originale di Better Call Saul.

In attesa di un eventuale ritorno di Kim dopo il suo addio a Saul nell’ultima puntata, il punto di domanda resta solo su Gene Takovic. Oltre a lui ci rimane da assistere ai miracoli e per quelli ce n’è in quantità industriale. A partire dal colpo di genio di Gus Fring che torna in testa alla catena alimentare dopo aver boccheggiato quanto vicino a lui respirava il buon Salamanca. Nell’ottavo episodio è tornato l’uomo del pollo più freddo e calcolatore che avevamo conosciuto in Breaking Bad e nelle passate stagioni di questa serie tv. La sua dichiarazione a Don Eladio è poi il secondo miracolo targato Gus Fring, una mossa in grado di posizionare tutti i pezzi in modo perfetta sulla tastiera. In attesa di assistere a quella promessa registrata da Lalo riguardo l’uccidere tutti i Salamanca: tanto vera quanto falsa per la doppia morte sua e di Hector nell’esplosione della serie madre.

Quarantanove minuti che sembravano tanti e pochissimi

Better Call Saul

La tensione dell’ottavo episodio è stata indescrivibile: vedere ogni singola scena così frenetica, ma al tempo stesso lenta e realisticamente eseguita. Sembrava un continuo alternarsi di fretta e calma misurate col contagocce da farci sentire affaticati come dopo una corsa dove continui a scattare e fermarti. Non ci è stato permesso di sviluppare una contromisura a questa tensione, di abituarci al ritmo e far battere il nostro cuore a tempo con esso. Siamo stati scaraventati a terra e messi davanti a questa visione angosciante. Abbiamo effettivamente dato il bentornato a Better Call Saul, ma da come ci sentiamo ora la cosa è reciproca.

Però questo stesso articolo è frutto di quel che dicevamo prima: di un pensiero o, meglio, una serie di pensieri nella quale siamo ancora in grado di vivere. Sarà bellissimo fra anni guardare indietro e ricordare i tempi che furono con Better Call Saul, ma in questo momento possiamo guardarci attorno e viverli. Essere legati a un prodotto tanto carismatico quanto violento, impossibilitati dal reagire per timore e per ammirazione. Se questa conclusione di Better Call Saul deve arrivare – e lo farà in altri quattro episodi – non vogliamo smettere di viverne un solo secondo. Perderci un attimo del presente è inammissibile e di sicuro ce ne pentiremmo in futuro. Oggi siamo qua solo per elogiare il presente e la gioia del poter assistere a Better Call Saul giorno dopo giorno, settimana dopo settimana.

Per tirare le somme c’è tempo

Better Call Saul

Soprattutto quando parliamo del futuro di Kim Wexler, tra teorie su un suo ritorno per rimettersi con Saul o vederla ancora più cinica rispetto alla serie, oppure se Jimmy nel futuro avrà un lieto fine o vivrà l’amara conclusione che ha dovuto provare ogni persona gli sia stata intorno. Un po’ come una singola mosca incompresa che in un gigantesco laboratorio non riusciva a trovare quei cadaveri dall’odore quasi impercettibile. Ma questa è un’altra storia, o un altro pensiero che ci frulla nella testa dopo questi episodi. Per ora possiamo dire che anche se non ci può sentire, le nostre parole di elogio a Better Call Saul vogliamo spenderle e ripeterle dove necessario. Vince Gilligan, Bob Odenkirk e tutti gli altri ci hanno regalato un’esperienza e sono riusciti a farci sentire a casa, anche se non esattamente la casa più sicura di tutte.

Il nostro bentornato è sincero, per averci fatto provare così tante emozioni e sensazioni, con un po’ di nostalgia a quello che dovremo affrontare dopo il nove agosto e l’ultimo episodio. Di una cosa siamo certi però: questa non sarà l’ultima volta che parleremo di Better Call Saul o che penseremo a questa serie tv. Il suo ritorno è riuscito a ravvivare per l’eternità il fuoco che era nato da questo prodotto e sappiamo che non si spegnerà mai. Ma alla fine chi lo sa? Forse Better Call Saul un’anima ce l’ha davvero e di fronte a episodi come questi non è così improbabile come idea.

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