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Argomento scottante! Questo è l’aggettivo che descrive meglio la colonna vertebrale che caratterizza Atypical. Ed è provvidenziale l’avvento di tale Serie Tv in un momento storico cui questo termine, usato da sempre con parsimonia (e, se vogliamo, con un po’ di timore), sia ora al centro di un’attenzione sempre maggiore. Parliamo dell’autismo.

Atypical

Se pronunciamo questa parola davanti ai nostri genitori (o, peggio, davanti ai nostri nonni) noteremo una sensazione di paura e ripulsione. Questo perché dell’argomento si sa poco e niente. E tale ignoranza, come da classica propensione umana, sfocia nel ripudio e nella paura che qualcosa del genere possa realmente accadere. Oggi, per fortuna, passi da gigante nel settore hanno permesso alla nostra generazione di conoscere meglio il fenomeno e di accettarlo in ogni sua sfaccettatura, permettendoci alcune volte di apprendere che forse il nostro migliore amico, con la mania di contare tutto, non è un pazzoide o un maniaco, ma semplicemente autistico.

Con tale termine non si vuole creare discriminazione o incentivare la classificazione umana ma semplicemente descrivere e dare un nome ad una certa diversità… spesso ininfluente. Spesso determinante.

Netflix si fa carico di un fardello pesantissimo provando a trattare il tema dell’autismo innalzandolo per la prima volta a protagonista incontrastato. Atypical è un esperimento meraviglioso che vuole far luce su uno dei misteri più assurdi della mente umana.

Atypical

Le manie, gli scetticismi, la disarmante propensione alla verità di Sam sono il fulcro di tutta la vicenda. Lo spettatore guarda il mondo, ascolta, vive e ragiona attraverso gli occhi di una persona diversa fino a capire che la stranezza che imputiamo a Sam è semplicemente la paura che abbiamo di sposare un’etica ineccepibile. Sam vive nella sua realtà dove ogni cosa deve essere gestita attraverso regole, principi morali e libertà di espressione. Questo meraviglioso ragazzo, interpretato magistralmente dal londinese Keir Gilchrist (United States of Tara), è consapevole della sua diversità ma non riesce a capire perché debba essere così. O meglio: se è vero che non c’è niente che non va in me, perché gli altri ridono? Perché devo essere diverso? Perché non posso semplicemente vivere come voglio senza il timore di risultare “strano”?

Queste sono le domande più frequenti che assillano un soggetto autistico, la sua turba principale. Lungo la storia infatti vediamo come la diversità di Sam spicchi e sfoci malamente solo nei momenti in cui qualcuno vuole necessariamente “aggiustare” quello che non va nei suoi atteggiamenti. Tali situazioni generano siparietti comici che fanno sorridere lo spettatore che si immedesima però in Sam. Alla fine di ciascun episodio ci si pone le stesse domande che il protagonista ripete nel silenzio della sua mente; man mano, scopriamo che forse l’unico vero modo di essere veri è quello di accettare le piccole diversità che nascondiamo al mondo. Un ragazzo affetto da autismo è semplicemente una persona che non ha paura di farlo, anche a rischio di sembrare inopportuno e impacciato.

Sam è il più coraggioso degli eroi e Atypical è quanto di più coraggioso una Serie Tv possa fare.

Atypical

Perché non sdrammatizza l’argomento e non lo tratta coi guanti di gomma. Al contrario lo analizza a 360 gradi senza paura di pronunciare quella parola che i nostri genitori ripudiavano come la peste: un figlio autistico.

Questo è il motivo principale per cui tutti dovremmo iniziare Atypical, per capire che la definizione di “problema della mente” per indicare l’autismo è molto più lontana di quanto possiamo credere, e che la paura dell’ignoto è dettata da un’imperdonabile ignoranza.

Autismo coincide spesso con genialità e quasi mai con malvagità. Possiamo dire lo stesso della “normalità”?

Fatevi un favore. Guardatevi ‘stà serie! E apriamo gli occhi!

Atypical

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