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Me: Joe Goldberg ha crisi di identità e inizia a stalkerarsi da solo

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Giorno 11. Mi trovo ancora in questo residence. “Hai bisogno di una vacanza“, mi dicevano, “è stato un anno pesante, hai perso tua moglie e dovuto dar via tua figlio“. Ammetto di essermi meritato un po’ di riposo, e questa volta resisterò ai miei istinti. Voglio cambiare, devo cambiare. Nessuna ossessione, ci siamo solo io e un bel libro di Fitzgerald. Nulla mi vieta di essere felice.

Giorno 15. Questo posto è molto strano, non capisco dove sia la piscina, eppure ho visto molte persone avvolte da uno spesso accappatoio bianco forse troppo aderente… sarà riservato solo ai clienti premium? Le giornate scorrono lente ma tranquille, niente sembra poter andar storto quando all’improvviso ti vedo. Oh no, non di nuovo, mi ero ripromesso di non ossessionarmi più a nessuno. Calmati Joe, distogli lo sguardo da quell’uomo così maledettamente affascinante, con quell’aria oscura di chi nasconde un segreto… cosa mi stai nascondendo mio carissimo vicino di stanza?

Giorno 17. Conosco ancora poco di te, quindi ti chiamerò Gatsby, come il libro che stai leggendo. Ti piace leggere, hai una tessera della biblioteca nel portafogli e, a giudicare dall’aspetto dei tuoi capelli, non c’è nessuno a casa ad aspettarti per una cena romantica. Come mai sei solo, mio caro Gatsby? Non indossi mai le infradito, quale menomazione nascondono i piedi di un tranquillo bibliotecario? Scoprirò chi sei.

Giorno 23. Oggi hanno deciso di cambiarmi di stanza pur non avendo esposto reclami alla reception e questo è un bene perché sono più vicino a te, Gatsby. Detesti la musica alta, le feste, i vicini impiccioni, le pieghette sulle pagine dei libri e la ceretta. Inizio a pensare che non siamo poi così diversi, io e te. Non sorridi mai se non in rare occasioni, la tua dentatura sporgente è un chiaro segno di abbandono infantile in un orfanotrofio con bambini bulli e assistente sociale che prendeva più botte di tua madre. Sei fortunato perché io ti capisco, io ti vedo. Ti vedo nei riflessi delle vetrate della grande mensa al piano di sotto. Ti vedo sempre al bagno degli uomini, di fronte al lavandino, pronto a fissarmi e a ricambiare il mio sguardo. Mi stai studiando, vero? Ma io sono impenetrabile bello mio, sfoggio la mia unica e sola espressione e col cavolo ti faccio intuire qualcosa su di me.

You

Giorno 27. Ma chi me la paga sta vacanza che manco lavoro? Torniamo a noi, Gatsby. Ho sbirciato nella tua stanza e ho trovato il manuale dell’Ikea sulla costruzione delle gabbie. Eppure non mi sembravi dedito alla caccia, un tipo come te non farebbe male a una mosca ne sono sicuro. Hai il segno bianco lasciato da un anello in contrasto con l’abbronzatura delle mani, quindi anche tu eri sposato. Ti proporrei uno scambio di coppia ma non credo sia troppo incline al tuo stile. Anche io preferisco rivolgere tutte le mie attenzioni a una donna per volta. Arrivano a portarmi il cibo in camera come ogni giorno, spero che il servizio in camera sia compreso nel prezzo. Se mi arriva un altro brodino comincio a sentire davvero nostalgia della mia Love e dei suoi dolci. Oggi ti ho visto anche alla finestra mentre ero affacciato, sembravi quasi fluttuare nell’aria.

Giorno 30. Devo farmi coraggio e rivolgerti la parola. Che voce hai, mio caro Gatsby? Parli poco, preferisci narrare gli eventi nella tua testa e agli spettatori di Netflix, ti avvicini furtivo alla finestra quando mi vedi arrivare, indossi il tuo cappello nero credendo che in questo modo non mi accorga di te, ma io ti vedo sempre. Mi faccio coraggio, corro lungo il corridoio bianco, raggiungo il bagno sapendo di trovarti lì come ogni mattina, alla stessa ora. Alla mia stessa ora.

Apro la bocca per emettere un suono ma con mia enorme sorpresa mi batti sul tempo e, sorridendomi, mi dici “hey, You“. Non credevo fossi in lingua originale. Proprio in quel momento, gli addetti della struttura mi raggiungono di corsa pronti a infilarmi l’accappatoio bianco. Forse sono diventato anche io cliente premium e mi faranno visitare la piscina.
Mi sa che mi cambiano anche di stanza di nuovo. Ma non temere, ti tengo sempre d’occhio.

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