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The Old Man: perché anche la solitudine può farti compagnia

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The Old Man è il thriller/spy story che non ti aspetti. Le cifre rosse della sveglia digitale segnano il sonno interrotto a intervalli quasi regolari di un paio di ore dell’uomo anziano che potrebbe essere chiunque. Nell’ultimo risveglio notturno il lavandino è invaso dall’acqua che trasborda sul pavimento. Una donna anziana accovacciata in terra sussurra “I see you” (ti vedo). L’uomo anziano resta senza identità fino a quando si sveglia di soprassalto e vediamo il suo viso per intero: Jeff Bridges (Dan Chase).

Inizia così The Old Man thriller/spy story FX disponibile su Disney Plus. Non “chi ha fatto cosa”, ma chi è quest’uomo solo, chi la donna nel bagno che abbiamo capito essere una visione, in quale storia ci potrà portare quest’uomo che ingaggia quasi una lotta per mettersi i calzini?

The Old Man (678×381)

La solitudine e i suoi cani

I due cani Rottweiler, Dave e Carol, sono la presenza vivente che accompagna la solitudine di Dan Chase, ex agente della CIA che viene cercato dal suo passato. Questo non solo in senso metaforico, ma realmente braccato dagli uomini di Faraz Hamzad, il leader afghano che ha aiutato durante l’invasione sovietica del paese e con il quale ha un conto “familiare” in sospeso. L’altra presenza testimone della sua solitudine sono i ricordi della moglie morta (interpretata da Hiam Abbass, Marcia Roy di Succession) che soffriva di una degenerazione cognitiva con tutto quello che ne consegue (la sua stessa paura di poter finire così).

Jeff Bridges si impossessa del personaggio e tratteggia magistralmente i suoi chiaroscuri. Accudire i cani, telefonare alla figlia Emily, tenere a bada le reminiscenze della moglie. La solitudine diventa la compagna, più fedele dei cani, alla quale Dan Chase non può rinunciare. Egli si è costruito questa bolla che lo ha difeso dalla perdita della moglie che non è stata quella fisica, ma la privazione generata dalla malattia che gliel’ha sottratta ben prima della sua morte, rendendola irriconoscibile dalla donna amata. Ci sono solitudini che si preferiscono ad altre perché creano meno sofferenza, disagio, senso di vuoto e sono quelle che nascono spontaneamente, quando non c’è più la persona che aveva generato (in questo caso non per propria volontà) “l’altra” solitudine che è più simile ad una prigionia. Dan Chase ha i suoi cani a guardia della sua bolla, la sua comfort zone che viene messa a soqquadro dalle radici del suo passato che emergono dalla terra dell’oblio e si ramificano nel suo solitario presente.

The Old Man (1600×900)

The Old Man e gli altri

Interrotta a forza la sua solitudine fisica, Dan Chase si trova a dover interagire con gli altri. Nella fuga dagli uomini di Faraz incontra Zoe (Amy Brenneman), la donna che gli ha affittato casa. Piccola interruzione della volontà di solitudine cedendo alla scintilla di romanticismo. Zoe è una donna problematica che si trova costretta inizialmente a seguirlo dopo che la violenza è entrata di peso nella sua casa. In linea con la sindrome di Stoccolma, Zoe resterà con lui anche quando avrebbe potuto tornare indietro perché, al contrario di Dan Chase, la sua solitudine non le faceva compagnia e preferisce anche rischiare la propria vita ma restarne ancora lontana.

Il vero legame di Dan Chase è il suo amico/nemico Harold Harper dell’FBI (John Lithgow) che conosce le sue radici ma ignora il motivo di questo accanimento tardivo di Faraz e che lo legherà ancora di più al fuggitivo. Chi è il buono e chi è il cattivo tra i due? Da amorevole padrone di cani ad uccidere con freddezza l’uno, da mentore e padre in lutto per la perdita del figlio a mandante di un killer per eliminare proprio Dan Chase. Sono le due facce della stessa medaglia in questa storia. I grigi sono la costante. Un bianco non esclude un nero e viceversa.

Sono ancora molte sfumature da raccontare che hanno suggerito a FX di produrre una seconda serie che vedremo a suo tempo su Disney+ in Italia. Molte sfumature e molte solitudini che si intrecceranno, ancora tra loro, ognuna con la propria cifra stilistica come recita José Saramago “La solitudine non è vivere da soli, la solitudine è il non essere capaci di fare compagnia a qualcuno o a qualcosa che sta dentro di noi. La solitudine non è un albero in mezzo a una pianura dove ci sia solo lui, è la distanza tra la linfa profonda e la corteccia, tra la foglia e la radice.”