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The Midnight Club, o anche il Decamerone dell’orrore

The Midnight Club è la nuova serie tv Netflix di Mike Flanagan, già visto con la storia di fantasmi The Haunting of Hill House e Midnight Mass. Il regista è ormai noto come colui che riesce a fondere le tinte più classiche del genere horror molto cupe e dark con quelle della purezza religiosa (vedi appunto Midnight Mass), o con profondi drammi psicologici, storie inquietanti di fantasmi dal passato tormentato. Le sue storie non sono mai fini a se stesse ma raccontano sempre “altro”, qualcosa di più profondo e intrinsecamente umano.

Con The Midnight Club il livello qualitativo, a mio parere, sale. Non aspettatevi storie di fantasmi qualunque o mostri che sbucano dalle pareti, perché il male che si insinua nella clinica di Brightcliffe è molto più profondo. La paura della morte: questo è il tema centrale affrontato nella prima stagione di The Midnight Club, come esorcizzare questa paura, come prendere a schiaffi la morte, nonostante sia per loro sempre così vicina.

The Midnight Club, dove la soggettività è tutto

The Midnight Club
Il Midnight Club (640×360)

Nonostante la serie abbia raggiunto il maggior numero di Jumpscare nella sola prima puntata, con ben 21 momenti, la trovo una serie molto personale, intima. I ragazzi che vivono malauguratamente nella clinica per malati terminali di Brightcliffe hanno sogni, desideri che forse non potranno mai far avverare. Ilonka, per esempio, una delle protagoniste, è una promettente studentessa alla quale è stato diagnosticato un tumore.

Ecco che le storie di questi ragazzi convergono in questo immenso maniero, austero quanto affascinante per aspettare letteralmente la morte, accompagnandola nel suo naturale decorso. Per sfuggire alla paura, i ragazzi decidono di continuare la lunga tradizione del Club di Mezzanotte, una vera e propria parabola del Decameron di Boccaccio in cui viene scelto ogni sera un re o una regina. A lui o lei il compito di raccontare una personale storia dell’orrore.

Come i ragazzi del Decameron decidono di rifugiarsi in una casa di campagna per sfuggire alla peste, ossia la morte in un certo senso, in maniera analoga accade qui. Tutte le storie raccontate sono intime e soggettive. Se per uno possono sembrare sciocche o senza senso, sicuramente per qualcun altro saranno profonde e personali. The Midnight Club riguarda tutti noi, di come possiamo esorcizzare quel mostro invisibile che si chiama morte. Le storie in fondo hanno come protagonisti proprio gli stessi narratori, il loro passato, i loro sogni infranti e le loro incertezze.

La vera bellezza sono i protagonisti

The Midnight Club
Il Midnight Club (640×360)

Diciamocelo, le vere star sono i protagonisti di The Midnight Club. Kevin è il ragazzo attraente del liceo, un atleta dolce e premuroso; Spencer è un giovane malato di aids; Sandra è la cattolica del gruppo; Cheri la dolce ragazza figlia di una star di hollywood, ma sempre esclusa dai genitori perché troppo impegnati alla loro vita frenetica; Natsuki sempre timorosa con una cotta per Amesh; ultima, ma non ultima per importanza, c’è Anya (Ruth Codd), ed è lei la vera protagonista insieme a Ilonka. Spavalda e cinica, nasconde un animo buono e una tremenda paura della morte, una paura che la incattivisce e la divora fino al midollo.

Inutile dire quindi che la vera anima della serie sono i protagonisti stessi con loro le storie che man mano, sera dopo sera, si raccontano a vicenda. Sono storie introspettive e soggettive, alcune fanno paura, altre sono invece molto più psicologiche, come quelle raccontate da Natsuki e da Anya.

E non è tutto, perché in Midnight Club c’è anche l’elemento fantasy/thriller della setta di ispirazione mitologica che, secondo Ilonka, dovrebbe aiutare lei e gli altri ragazzi a sfuggire alla loro morte tramite un rito molto antico, e grazie all’aiuto di qualcuno che in passato è riuscito a sfuggire al loro stesso destino. Importante qui è la figura di un altro personaggio, Sasha, che si aggira nei boschi e produce cure alternative e medicinali grazie l’utilizzo delle piante.

Non ci resta che aspettare e vedere se Netflix deciderà di produrre anche la seconda stagione, visto e considerato il finale aperto che non lascia spazio a molte interpretazioni e che suggerisce l’arrivo di altri episodi.