4) Six Feet Under, uno dei migliori finali delle Serie Tv secondo Hall of Series – Comunità di Recupero

La Serie Tv che siede su questo quarto posto ha scritto l’epilogo più sincero che si potesse scrivere. Ha scritto della vita e della morte. E di tutto quel che scorre nel frattempo. Che botta, Six Feet Under. Non è importante in che momento della tua vita lo guardi, non importa se tu abbia mai avuto o meno a che fare con la morte: ti fa male allo stesso modo. Perché parla di cose mastodontiche ma semplici. Perché lo sappiamo fin da quando siamo venuti al mondo: come siamo venuti, ce ne andremo. E così anche tutti quelli che ci sono intorno. Ma prima di tutto questo c’è tutto il resto. E devi fare qualcosa nel frattempo. Ed è questo ciò che racconta il finale di Six Feet Under.
Nessuno dei personaggi di Six Feet Under va via senza essere accerchiato da tutte le persone a cui ha voluto bene. Sono tutti intorno. O, se non ci sono, lo vengono a prendere se sono andate via prima di lui. É un via vai di chi resta e di chi deve proprio andare. Ed è di loro che Six Feet Under parla in questo finale. Di chi saluta e, anche se è assurdo, continua a campare con ‘sto peso sulle spalle di sapere che il mondo è lo stesso di sempre anche se qualcuno non c’è più. Non si ferma niente. E quasi ci si sente in colpa. Un groppo sulle spalle, questo, che appare umanamente intollerabile, ma che Six Feet Under riesce a far sembrare più delicato. Più dignitoso. Gentile. Naturale.
3) Lost

Bene o male, purché se ne parli. Mai frase fu più giusta. Perché, checché se ne dica, Lost c’è sempre (da qualche tempo anche su Netflix). Viene giudicata costantemente per il suo finale, viene criticata per le sue ambiguità senza alcuna risoluzione, ma non manca mai all’appello quando si tratta di citare le migliori esperienze televisive di sempre. E ritorna anche in questo caso, con il suo finale così divisivo. O almeno, divisivo lo è adesso. Anni fa non c’erano dubbi secondo la maggior parte del pubblico internazionale: Lost aveva sbagliato il finale.
E invece, adesso che le ossa ce le siamo fatti e le incognite non sono più delle nemiche, tutto è (parzialmente) cambiato. Lost ha osato. Lo ha fatto con il finale più giusto. Ha scelto di andare oltre quel che è tangibile, razionale e decifrabile per abbracciare una realtà sospesa che ha permesso alla Serie Tv di dar vita a una conclusione spirituale. In quel limbo tutti i personaggi si sono ritrovati a prescindere dal momento in cui sono morti. A prescindere dal modo con cui lo hanno fatto. Si sono ritrovati per andare oltre e lasciarsi andare. In quel finale, si consuma il passaggio dei protagonisti.
Qualsiasi cosa sia davvero successa in quell’isola, hanno costruito un rapporto eterno che è destinato a continuare anche altrove. Che dura più di una vita fino all’eternità. Fino a quando nessuno di loro sarà più sulla terra, o su quell’isola che li ha resi imprescindibili l’uno per l’altro. D’altronde Lost è questo. É sacrificio. É redenzione. Fede. É tutto quel che vediamo e non vediamo, ma che ci sta comunque intorno. E che poi, quando il sipario sarà calato, si svelerà a noi con tutta la pace del mondo. Come avvenuto nel caso dei protagonisti che, dopo quell’inferno, si sono rincontrati pronti per andare avanti.